Chiaro e Tondo

Arancia meccanica

Chiaro e Tondo 42

Sono pronto a riconoscere che il mercato ha le sue leggi, la sua spietatezza (vedi momento difficile a livello planetario) e che gli affari sono affari. In quest'ottica potrebbe essere anche plausibile la cooptazione di Elga nei confronti di un ramo dell'Amet. Ma senza sforare nell'alveo della retorica (devo stare attento a non essere troppo elegante nello stile, poiché sono solo uno scrivano di notizie… ma cribbio: io le commento, non le scrivo …) possiamo dire che i tranesi veri non vorrebbero mai vedere l'Amet sfociare nel gorgo degli affari, delle compartecipazioni esterne, onde trasformarsi in una specie di azienda comune, una come tutte le altre.

Sarà una visione retorica, ma se dire una verità sentita significa essere tali, allora chiamatemi anche "retorico". Qualche anno fa, era la metà degli anni '90, fui invitato a ricostruire, tramite inserti a puntate, la storia dell'Amet. L'editore che mi propose quel lavoro mi accompagnò personalmente presso l'Amet e per la prima volta conobbi alcuni dirigenti coi quali mi confrontai e discussi delle vicende presenti e passate dell'azienda. Ricordo la passione, la professionalità di quelle persone, ricordo la devozione nei confronti di quella realtà; un nome su tutti, l'indimenticato ragionier Armentano (lo chiamavano tutti così, col titolo incorporato, quasi mai per nome).

Intervistai anche dei politici che avevano gestito l'Amet negli anni d'oro. Studiando le fonti, i documenti, parlando con alcuni depositari delle curiosità e degli aneddoti di questo ente, mi resi conto che era cresciuto, decennio dopo decennio, con la cura e l'amore per il lavoro di tranesi genuini e onesti; l'Amet era diventata una delle testimonianze, insieme al settore lapideo, del fatto che Trani potesse essere una città in grado di autodeterminarsi a livello di risorse, lavoro, economia e quindi anche culturalmente e socialmente.

Quei dirigenti che conobbi già allora, a metà degli anni 90, cominciavano ad essere "mortificati", da quello che mi raccontavano, dal pressapochismo, dalla superficialità, dall'arroganza affarista di matrice politica, che con gli anni si sarebbe trasformata, per questa città, governo dopo governo, amministrazione dopo amministrazione, in una specie di "Arancia meccanica" permanente in grado di distruggere moralmente e fisicamente, violentare (o indebitare) pezzi di storia di Trani, del suo passato, di alcuni suoi luoghi.

L'Amet non può vivere se non come un elemento del DNA tranese. Lo so che potrebbe sembrare una visione passatista, da vecchietti seduti in Piazza della Repubblica, bravi a rivangare i bei tempi e pronti a bestemmiare su questo mondo infame, ma sull'Amet, su quei principi non si passa.

PS: Ho letto con grande dispiacere la nota del locale circolo di AN (in PDL) a me indirizzata. Un "sms" (nel senso di segnale) degno della politica dei nostri tempi. Una triste pagina del rapporto tra istituzioni e mezzi di comunicazione, in quanto, da un'analisi politica, seppur avversa, anzi, proprio in quanto avversa, ma compiuta sulla base di argomentazioni obiettive e non offensive, riversa discredito e disprezzo sul sottoscritto. Nell'articolo non si faceva un discorso di numeri, di voti, presi da quello o da quest'altro, ma ad una questione di principio. Lungi dallo scendere al livello delle offese ricevute (e ci mancherebbe pure quello), mi limito ad osservare che persone che ambiscono a lavorare nelle istituzioni e a rappresentare i cittadini, dovrebbero avere un maggior rispetto del lavoro, dell'identità dei singoli, del diritto di opinione e della libertà di pensiero. Di più non serve dire. Anzi sì: ringrazio i numerosi cittadini che mi hanno espresso solidarietà in questo tedioso, ma, diciamolo, significativo passaggio della mia attività.
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