Pop Corn
Mine vaganti
Non provate a chiamarlo film per gay
martedì 16 marzo 2010
Non provate a chiamarlo film per gay, perché, anche se il tema portante è l'omosessualità, è soprattutto un film sulla famiglia, sulle convenzioni, sulle restrizioni sociali e su quella mentalità bigotta che spesso condiziona le nostre scelte che vorremmo fossero più liberali e non libertine come qualcuno ama, con ignoranza, definirle. Sebbene il titolo possa portarci a pensare a una possibile e imminente detonazione, le "mine vaganti" di Ozpetek portano disordine e scompiglio, servono a cambiare i piani, producono un'esplosione legittima, valida, ma che spesso non a tutti è concessa. Forse a causa delle convenzioni, della mentalità o semplicemente per paura che il mittente non sia in grado di accusare il colpo.
"A me piace così, che se sbaglio è lo stesso, perché questo dolore è amore per me!". E' forse il passaggio più significativo della bellissima canzone di Nina Zilli, presente nell'ultimo lavoro di Ferzan, perché racchiude – secondo me – il senso stesso del film.
La pellicola racconta il ritorno a casa, in Puglia, di Tommaso (Riccardo Scamarcio) che, dopo essersi costruito una nuova vita a Roma, torna a Lecce perché il padre (uno strepitoso Ennio Fantastichini) ha deciso di dividere le quote aziendali tra i suoi due figli maschi. A Tommaso però, tutto questo, non interessa, lui ama la letteratura e sogna di diventare, un giorno, uno scrittore e di condividere la sua passione e la sua vita con Marco, il suo compagno. Intenzionato a vuotare il sacco, decide di farlo durante un convito con il socio del padre, sperando di provocare una reazione nei suoi genitori che, una volta scoperta la verità, lo avrebbero cacciato via da casa e tenuto fuori dagli affari aziendali. Il suo piano, però, fallisce perché ad anticiparlo in questa scioccante confessione, è suo fratello Antonio (Alessandro Preziosi) che dichiara a tavola di essere omosessuale costringendo Tommaso a rivedere, a causa di un improvviso malore del padre, i suoi piani. Convinto che un'ulteriore confessione sulla sua tendenza affettiva potesse dargli il colpo di grazia, Tommaso, a malincuore, decide di rinviare la sua partenza e di occuparsi del pastificio di famiglia.
Possiamo davvero condannare una scelta affettiva, solo perché è diversa dalla nostra? Ancora una volta il regista italo-turco ci parla di omosessualità e della sua accettazione sociale. Il contesto, questa volta, è quello di una ricca e allargata famiglia leccese che, con le sue dinamiche, spesso appare comica e grottesca, ma mai finta. Il film si apre sullo sfondo di un turbato triangolo amoroso che vede protagonista la nonna di Tommaso; questa fata (non ignorante) ci fa subito partecipi del segreto che per anni ha portato dentro di sé: essere innamorata di un uomo che non è quello che ha sposato e con cui ha condiviso parte della sua vita. Dunque l'impossibilita di gridare al mondo la sua verità, forse anche a causa delle consuetudini, l'ha costretta a essere una mina vagante mai esplosa. Questo personaggio, magistralmente interpretato da Ilaria Occhini, è la figura chiave, una sorta di raccordo tra i vari protagonisti, è la nonna saggia che spera che i suoi errori passati non diventino i rimorsi presenti dei suoi nipoti.
"Non lasciare che nessuno ti dica cosa fare, chi amare o odiare; guarda avanti e va per la tua strada… le persone che ci amano davvero, sapranno capirci." La terra non può volere male all'albero.
Smettiamola di nasconderci e di fingere, perché una vita vissuta secondo quanto gli altri ci chiedono o ci impongono, non è vita. Dobbiamo avere in coraggio di tirar fuori tutto, anche se questo potrà fare male a qualcuno. Se portare dentro di sé un segreto e non avere il coraggio di confessarlo, se decidere di vivere seguendo le convenzioni piuttosto che seguire il cuore vuol dire essere una mina vagante, allora il mondo – forse – ne è pieno. Il nuovo lavoro di Ferzan Ozpetek è un film corale dove i molteplici personaggi s'intersecano con naturalezza, si piange e si ride, si passa dal dramma alla commedia sottolineando quella che è, e sarà, l'eterna diatriba tra padre e figlio, tra quello che vogliono gli altri e quello che desideriamo noi, tra l'essere e l'apparire, tra la menzogna e verità. Curioso il finale, dove passato e presente s'incontrano, dove la realtà e la fantasia si mescolano, dove l'impossibile diventa possibile, in quella festa dove tutti sono felici; persino la macchina da presa segue il loro danzare senza bruschi scatti o passaggi attraverso un incantevole "piano sequenza" che sembra sottolineare un nuovo inizio senza dubbio migliore, ma sicuramente "diverso". Un plauso a questo straordinario regista che ha saputo ancora una volta centrare il bersaglio: ci ha colpito al cuore.
Bravo Ozpetek e un grazie personale al tuo meraviglioso cinema. Buona visione.
"A me piace così, che se sbaglio è lo stesso, perché questo dolore è amore per me!". E' forse il passaggio più significativo della bellissima canzone di Nina Zilli, presente nell'ultimo lavoro di Ferzan, perché racchiude – secondo me – il senso stesso del film.
La pellicola racconta il ritorno a casa, in Puglia, di Tommaso (Riccardo Scamarcio) che, dopo essersi costruito una nuova vita a Roma, torna a Lecce perché il padre (uno strepitoso Ennio Fantastichini) ha deciso di dividere le quote aziendali tra i suoi due figli maschi. A Tommaso però, tutto questo, non interessa, lui ama la letteratura e sogna di diventare, un giorno, uno scrittore e di condividere la sua passione e la sua vita con Marco, il suo compagno. Intenzionato a vuotare il sacco, decide di farlo durante un convito con il socio del padre, sperando di provocare una reazione nei suoi genitori che, una volta scoperta la verità, lo avrebbero cacciato via da casa e tenuto fuori dagli affari aziendali. Il suo piano, però, fallisce perché ad anticiparlo in questa scioccante confessione, è suo fratello Antonio (Alessandro Preziosi) che dichiara a tavola di essere omosessuale costringendo Tommaso a rivedere, a causa di un improvviso malore del padre, i suoi piani. Convinto che un'ulteriore confessione sulla sua tendenza affettiva potesse dargli il colpo di grazia, Tommaso, a malincuore, decide di rinviare la sua partenza e di occuparsi del pastificio di famiglia.
Possiamo davvero condannare una scelta affettiva, solo perché è diversa dalla nostra? Ancora una volta il regista italo-turco ci parla di omosessualità e della sua accettazione sociale. Il contesto, questa volta, è quello di una ricca e allargata famiglia leccese che, con le sue dinamiche, spesso appare comica e grottesca, ma mai finta. Il film si apre sullo sfondo di un turbato triangolo amoroso che vede protagonista la nonna di Tommaso; questa fata (non ignorante) ci fa subito partecipi del segreto che per anni ha portato dentro di sé: essere innamorata di un uomo che non è quello che ha sposato e con cui ha condiviso parte della sua vita. Dunque l'impossibilita di gridare al mondo la sua verità, forse anche a causa delle consuetudini, l'ha costretta a essere una mina vagante mai esplosa. Questo personaggio, magistralmente interpretato da Ilaria Occhini, è la figura chiave, una sorta di raccordo tra i vari protagonisti, è la nonna saggia che spera che i suoi errori passati non diventino i rimorsi presenti dei suoi nipoti.
"Non lasciare che nessuno ti dica cosa fare, chi amare o odiare; guarda avanti e va per la tua strada… le persone che ci amano davvero, sapranno capirci." La terra non può volere male all'albero.
Smettiamola di nasconderci e di fingere, perché una vita vissuta secondo quanto gli altri ci chiedono o ci impongono, non è vita. Dobbiamo avere in coraggio di tirar fuori tutto, anche se questo potrà fare male a qualcuno. Se portare dentro di sé un segreto e non avere il coraggio di confessarlo, se decidere di vivere seguendo le convenzioni piuttosto che seguire il cuore vuol dire essere una mina vagante, allora il mondo – forse – ne è pieno. Il nuovo lavoro di Ferzan Ozpetek è un film corale dove i molteplici personaggi s'intersecano con naturalezza, si piange e si ride, si passa dal dramma alla commedia sottolineando quella che è, e sarà, l'eterna diatriba tra padre e figlio, tra quello che vogliono gli altri e quello che desideriamo noi, tra l'essere e l'apparire, tra la menzogna e verità. Curioso il finale, dove passato e presente s'incontrano, dove la realtà e la fantasia si mescolano, dove l'impossibile diventa possibile, in quella festa dove tutti sono felici; persino la macchina da presa segue il loro danzare senza bruschi scatti o passaggi attraverso un incantevole "piano sequenza" che sembra sottolineare un nuovo inizio senza dubbio migliore, ma sicuramente "diverso". Un plauso a questo straordinario regista che ha saputo ancora una volta centrare il bersaglio: ci ha colpito al cuore.
Bravo Ozpetek e un grazie personale al tuo meraviglioso cinema. Buona visione.