Toni², Tony al quadrato
Cicale, anime e formiche
C’era una volta un cicala. E c’era pure una formica
sabato 16 aprile 2011
C'era una volta un cicala. E c'era pure, una volta, una formica. La cicala passava il tempo suo cantando. La formica, sgobbando per non rimanere, durante l'inverno, priva di legno e di viveri. Arrivò l'inverno. La cicala chiese asilo alla formica, e questa le disse ch'era troppo tardi, che invece di passare il tempo in cose inutili avrebbe potuto pensarci prima, e che lei non aveva alcuna voglia di aver fatto una simile fatica per spartirne senza tornaconto i benefici. La cicala se ne andò infreddolita. Continuava a cantare perché era l'unica cosa che sapeva fare. Ma cantava sempre peggio.
Un giorno incontrò un formichiere che le disse: «Perché canti così male, o mia bella cicaletta che sei sempre la mia compagna preferita quando me ne vado a deambular per le campagne?». La cicala gli raccontò la storia sua. Il formichiere la prese fra le mani e le chiese dove abitasse la formica. Lei ce lo portò. Fuori la porta del suo formicaio, dallo spioncino la formica s'avvide di quel formichiere. «Cosa vuoi?», gli chiese assai terrorizzata. «Vorrei che tu cantassi». «Cooosaaa?», sbigottita gli rispose la formica. «Cantassi, ho detto cantassi». «E perché?». «Ci ho fra le mani una cicala che canta sempre peggio perché infreddolita, e a me fa molto bene passeggiar sentendo un'anima che canta. Perciò vorrei sentir cantare prima te, e poi lei un'ultima volta. Chi canterà peggio morirà».
La cicala s'impaurì, sapeva che ormai quasi non cantava più. La formica cantò bene, sorprendentemente. E la cicala male assai. Ma la cicala cantò con la sua anima; la formica, l'anima non ce l'aveva. Il formichiere sfondò la porta, mangiò la formica, pose la cicala fra i giacigli di quel formicaio pien di legno e viveri, e le disse: «Sbrigati a riprenderti, che un'anima canta all'aria aperta».
Un giorno incontrò un formichiere che le disse: «Perché canti così male, o mia bella cicaletta che sei sempre la mia compagna preferita quando me ne vado a deambular per le campagne?». La cicala gli raccontò la storia sua. Il formichiere la prese fra le mani e le chiese dove abitasse la formica. Lei ce lo portò. Fuori la porta del suo formicaio, dallo spioncino la formica s'avvide di quel formichiere. «Cosa vuoi?», gli chiese assai terrorizzata. «Vorrei che tu cantassi». «Cooosaaa?», sbigottita gli rispose la formica. «Cantassi, ho detto cantassi». «E perché?». «Ci ho fra le mani una cicala che canta sempre peggio perché infreddolita, e a me fa molto bene passeggiar sentendo un'anima che canta. Perciò vorrei sentir cantare prima te, e poi lei un'ultima volta. Chi canterà peggio morirà».
La cicala s'impaurì, sapeva che ormai quasi non cantava più. La formica cantò bene, sorprendentemente. E la cicala male assai. Ma la cicala cantò con la sua anima; la formica, l'anima non ce l'aveva. Il formichiere sfondò la porta, mangiò la formica, pose la cicala fra i giacigli di quel formicaio pien di legno e viveri, e le disse: «Sbrigati a riprenderti, che un'anima canta all'aria aperta».