Toni², Tony al quadrato
Le cose che servono
C’erano una volta tre fratellini porcellini
sabato 30 aprile 2011
C'erano una volta tre fratellini porcellini che dovevano fabbricarsi una casetta: era stato avvistato di recente un lupo, ed era giunto il tempo di costruirsi un bel riparo. Timmy cominciò a farsela di paglia: aveva la passione per il violino e per la danza e non voleva dissipare tempo senza suonare e poi ballare: «Il lupo vedrà comunque una casetta e si scoraggerà», pensò.
Tommy, che aveva un grande amore per il canto all'aria aperta, si fabbricò una piccola magione con il legno: «Cavolo, io devo cantare – pensò - e non posso perder tempo. E' pur sempre legno e il lupo, quand'anche volesse farmi visita, non riuscirà certo a entrare».
Una volta costruite le casette, entrambi, violino fra le mani, danzando e cantando a squarciagola, s'appressarono al cantiere di Jimmy, il terzo fratello porcellino. Calcestruzzo, tegole e mattoni, così stava costruendo il suo piccolo castello!
«Sbrigati – dissero i due al terzo – che andiamo al bosco per ballare e divertirci!». «Bravi voi altri – rispose il fratellino giudizioso mentre continuava arrampicato a costruire il tetto – che vi siete fatti una casetta così debole che basterebbe un soffio di maestrale a tirarla giù! Cantar non serve!».
Timmy e Tommy lo derisero un pochino e se ne andaron zompettando al ritmo d'un'allegra sarabanda. Da assai lontano seguì tutta quella scena lupo Ezechiele: si leccò i baffi quando vide i due fratellini allegri e spensierati prendere la via della campagna. Si mise alla rincorsa loro, seguendo il suo fiuto, il suo istinto, la sua malizia: ma un istante prima di piombarvi sopra, egli s'accorse che cantavano.
E come quando ai Tropici la luce si scioglie assai improvvisamente in pioggia, così la fame sua si fece ancor più rapidamente estasi: il canto, non lo sapeva, gli rapiva l'anima. Timmy s'accorse di quella minaccia, ma i due non fecero in tempo a fuggire che il lupo era sopra loro a spiegare quanto amasse quel cantare e che non aveva alcuna voglia di mangiarseli.
Cantaron tutti insieme per il resto della notte. «Anche il vostro fratellino canta così bene?», chiese il lupo. «Non lo so, non canta mai», rispose Tommy. «Facciamogli una sorpresa, andiamolo a trovar cantando».
I due fratelli si fidarono, era così buono quel gran lupo! Nel cuore della notte Jimmy fu svegliato dalle voci dei fratelli che cantavano. Aprì: s'accorse che il lupo era con loro ma non fece in tempo a richiudere la porta che Ezechiele entrò. Erano soli in casa, Timmy e Tommy erano rimasti fuori. «Canta che sennò ti mangio» disse il lupo. Il porcellino cantò. Ezechiele serrò le palpebre e si turò le orecchie con le mani. Jimmy non smetteva di cantare. «Cantar non serve!», urlò soffrendo il lupo. E dopo aver riaperto gli occhi, se lo divorò.
Tommy, che aveva un grande amore per il canto all'aria aperta, si fabbricò una piccola magione con il legno: «Cavolo, io devo cantare – pensò - e non posso perder tempo. E' pur sempre legno e il lupo, quand'anche volesse farmi visita, non riuscirà certo a entrare».
Una volta costruite le casette, entrambi, violino fra le mani, danzando e cantando a squarciagola, s'appressarono al cantiere di Jimmy, il terzo fratello porcellino. Calcestruzzo, tegole e mattoni, così stava costruendo il suo piccolo castello!
«Sbrigati – dissero i due al terzo – che andiamo al bosco per ballare e divertirci!». «Bravi voi altri – rispose il fratellino giudizioso mentre continuava arrampicato a costruire il tetto – che vi siete fatti una casetta così debole che basterebbe un soffio di maestrale a tirarla giù! Cantar non serve!».
Timmy e Tommy lo derisero un pochino e se ne andaron zompettando al ritmo d'un'allegra sarabanda. Da assai lontano seguì tutta quella scena lupo Ezechiele: si leccò i baffi quando vide i due fratellini allegri e spensierati prendere la via della campagna. Si mise alla rincorsa loro, seguendo il suo fiuto, il suo istinto, la sua malizia: ma un istante prima di piombarvi sopra, egli s'accorse che cantavano.
E come quando ai Tropici la luce si scioglie assai improvvisamente in pioggia, così la fame sua si fece ancor più rapidamente estasi: il canto, non lo sapeva, gli rapiva l'anima. Timmy s'accorse di quella minaccia, ma i due non fecero in tempo a fuggire che il lupo era sopra loro a spiegare quanto amasse quel cantare e che non aveva alcuna voglia di mangiarseli.
Cantaron tutti insieme per il resto della notte. «Anche il vostro fratellino canta così bene?», chiese il lupo. «Non lo so, non canta mai», rispose Tommy. «Facciamogli una sorpresa, andiamolo a trovar cantando».
I due fratelli si fidarono, era così buono quel gran lupo! Nel cuore della notte Jimmy fu svegliato dalle voci dei fratelli che cantavano. Aprì: s'accorse che il lupo era con loro ma non fece in tempo a richiudere la porta che Ezechiele entrò. Erano soli in casa, Timmy e Tommy erano rimasti fuori. «Canta che sennò ti mangio» disse il lupo. Il porcellino cantò. Ezechiele serrò le palpebre e si turò le orecchie con le mani. Jimmy non smetteva di cantare. «Cantar non serve!», urlò soffrendo il lupo. E dopo aver riaperto gli occhi, se lo divorò.