Talking

Gli uomini vengono da Marte

E le donne rassettano Venere

Indelebile è il ricordo da bambina delle afose domeniche di agosto. Appena mia madre diceva: «E' domenica, mettiamo la gonnellina e andiamo a trovare la nonna», iniziavo a sudare. Poi dall'ava avveniva il trauma infantile: sedersi sulla sedia del salotto il cui cuscino era imballato.

«Quando andavamo dalla nonna non ti muovevi affatto». Grazie: ero incollata. Quella santa donna, pace all'anima sua, è morta nell'84, ma la plastica sulle sedie, oggi, campa ancora. Oltre ai miei migliori complimenti alle fabbriche che, durante la prima guerra mondiale, si occupavano degli imballaggi, rifletto oggi sul fatto che lei non abbia mai sentito il contatto epidermico di quelle sedie così amate e venerate, tanto meno ne abbia apprezzato il reale colore. Ma da dove nasce l'ossessione per la casa tipica delle desperate housewives? Basta entrare in un asilo nido. Tra urla, pianti e muchi saltano subito agli occhi i vari giochi: peluche, libri, macchinine e poi c'è lei, nella sua immensità: la casa.

Pentolini, piattini, scopettini, straccetti impegnerebbero quelle piccole manine per ore. Occhioni sia femminili che maschili drogati da mille colori e faccende, perché, ebbene sì, fino ai 3 anni circa non c'è distinzione di genere sessuale per i giochi. Poi accade l'irreparabile. Il dado è tratto, il destino è segnato, la condanna è giunta: i maschi non possono entrare, è solo per le bambine. Bambine imbecilli, perché a distanza di 20/30 anni piangeranno lacrime amare per questa dipartita. Quegli uomini non pigeranno mai più il pulsante di un elettrodomestico. L'unico luogo che saranno in grado di pulire sarà la loro auto, perché quello sarà l'eremo di cui si sentiranno padroni e in cui troveranno pace (motivo per il quale gli uomini si scaccolano in macchina). Provate a spostare qualcosa nell'auto di un uomo, avrete la stessa reazione isterica di una casalinga cui spiumate lo swiffer.

Nei corsi prematrimoniali dovrebbe essere prevista una prova di resistenza in una cucina ridotta ai minimi termini (potrei offrire la mia con piacere ad uso gratuito) e vedere cosa accade alla malcapitata coppia. Il punto è che se una moglie ossessiva si sposa con un uomo che proviene da una famiglia di pari diagnosi, il problema non si pone, anzi, la casa e le pulizie diventano un trofeo di apprezzamento, ma se i ruoli e il modus vivendi non sono complementari compaiono i guai. E le scrivanie dei consultori familiari ne sanno qualcosa.

Liti infinite. «Usciamo?». «No, devo pulire prima». «Lo fai dopo». E se viene qualcuno?». Non viene mai nessuno. Guardiamo in faccia la realtà: mai nessuno giunse in quelle lucenti e asettiche gabbie dorate dopo aver proferito quelle parole e soprattutto dopo aver pulito da cima a fondo anche il rigolino nero tra una mattonella e l'altra. Piuttosto gli amici, se non peggio le famigerate suocere e cognate, fanno visite a sorpresa quando sembra che in casa sia esplosa una bomba o il letto è temporaneamente diventato una bancarella del mercato. Per questo hanno inventato il videocitofono: per non rispondere. Per questo esistono i bar: per dire «ma andiamoci a prendere un caffè, ho voglia di prendere aria».

Ore ed ore a pulire per ricevere gente una volta ogni 2 mesi, perché poi casa si sporca. E qui nasce, appunto, il circolo vizioso: si strigliano anche i muri «ancora viene qualcuno», poi si è così stanchi che non si invita nessuno «ancora si sporca casa». David Grossman ne «Il libro della grammatica interiore» descrive le faccende domestiche di madre e nonna come la festa delle pulizie: «... E davvero, una luce le si accendeva negli occhi quando si cominciava a preparare i secchi, gli spazzoloni e gli stracci».

Ma quando la mensola giusta, l'ordine impeccabile, la pulizia a prova di Nas attirano più interesse di una passeggiata con i propri cari, emergono i problemi, perché si diventa schiavi dell'idea del giudizio, dell'immagine del genitore interno (più potente di quello reale secondo la psicoterapeuta Lorna Smith Benjamin) che arriva e ci dice «Brava». Solo un'immagine appunto. Una chimera che ci intrappola in una bella casa pulita, mentre il mondo reale, sporco e divertente è tutto fuori da quella finestra (pulitissima).

«Compri mobili. Dici a te stesso, questo è il divano della mia vita. compri il divano, poi per un paio d'anni sei soddisfatto al pensiero che, dovesse andare tutto storto, almeno hai risolto il problema del divano. Poi il giusto servizio di piatti. Poi il letto perfetto. Le tende. Il tappeto. Poi sei intrappolato nel tuo bel nido e le cose che una volta possedevi, ora possiedono te». (Chuck Palahniuk, Fight Club)
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