Talking

Il re è nudo

Di Eleonora Russo

«Morrà? Impazzirà?».
«Mah!».
«Morire, pare di no... ».
«Ma che dice? che dice?».
«Sempre la stessa cosa. Farnetica...».


Il treno ha fischiato. Una delle novelle più geniali di Pirandello che, come si sa, di pazzia se ne intendeva alquanto avendo sposato una donna che in seguito scoprirà soffrire di crisi isteriche. Belluca, protagonista del racconto, un bel giorno, al fischio di un treno, decide di ribellarsi ai soprusi subiti da anni. E' finalmente felice, ma a tutti pare un delirio: «E' pazzo».

Cos'è la malattia mentale? Un'alterazione dello stato fisiologico e psicologico. Fin qui risuona familiare: alcool, droghe, ma anche una sindrome premestruale o una peperonata di pollo a mezzanotte può delineare un quadro sintomatologico degno di nota. Ma allora cosa distingue il pazzo dal cosiddetto normale? Il folle è colui che non riesce ad adattarsi all'ambiente. Qui arriva il bello: il concetto di ambiente è soggettivo. Ogni epoca, ogni cultura ha il suo pazzo. Nel mondo classico il folle era l'unico in contatto con il divino, quindi rispettato, mentre in epoca rinascimentale veniva lasciato libero per la sua filosofia di vita diversa (es. Elogio alla follia di Erasmo da Rotterdam). Le signore che leggono le carte in tv e dicono di essere sensitive nel medioevo sarebbero state bruciate vive. Il folle manca di esame della realtà, cioè ha una visione alterata di ciò che lo circonda. La legge punisce gli atti osceni in luogo pubblico, mentre il voyeurismo è considerato socialmente riprovevole. La tv coltiva ed esalta tali culti in determinati programmini. Dov'è l'esame della realtà?

Quando ci s'innamora si vive una vera e propria fase, di circa sei mesi, schizofrenica: «Senza di te non posso vivere», «Ti darei la mia vita», «Se mi lasci mi ammazzo», delirio puro in piena regola. Tutti abbiamo quotidiani momenti di follia: ad esempio rituali di pulizia o scaramanzie e fissazioni varie, ci mantiene sani la capacità di adattamento, per cui nonostante le nostre piccole follie riusciamo a lavorare, divertirci e stare in famiglia. Ma è più autentico il pazzoide che vaga per le strade in ciabatte ed esprime la sua rabbia verso il sistema urlando al palo o io rinchiusa in una camicetta bianca che, di ciò che sono realmente, esprime solo che ho impiegato un'ora per stirarla (male)? Non pagate forse 40 euro al mese di palestra per poi parcheggiare sotto lo spogliatoio? Quanti di voi parlano da soli in macchina? Eppure l'altro automobilista non vi sente e nemmeno i Santi che imprecate. E' anormalità o momento di autenticità?

«Mantenetevi folli e comportatevi come persone normali» afferma Paulo Coelho in "Veronika decide di morire". Il pazzo ha semplicemente dato fuoco alla maschera che la cultura di quel periodo storico impone. Ogni villaggio ha il suo scemo, come se si fossero messi d'accordo e si fossero distribuiti equamente per città e provincia. Sono lì, a ricordarci che noi stiamo meglio. Secondo noi. E intanto amiamo prenderli in giro, probabilmente per esorcizzare il nostro malessere.

«Lo scemo del villaggio, un giorno, incominciò a balbettare qualche frase fra lo stupore dei paesani. Erano frammenti, pezzi di quei discorsi che da anni andava raccontandosi davanti al caminetto guardando la fiamma e la sua luce, mentre gli altri, la sera, non gli davano corda. Iniziò un brano, poi un altro ancora, finché si formò accanto a lui come una folla di persone attonite, attente e silenziose. Tutti ascoltarono la voce dello scemo del villaggio.Tra mille e mille volti quello di una ragazza cominciò a ruotare tra gli altri e a voltarsi verso lo scemo. Sul finire del discorso lo carezzò, lo prese con sé e mai smisero di vivere insieme». (M.Bettetini- Lo Scemo del Villaggio, Sinestesia dell'esistenza)
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