Un caffè con...

Un Caffè con Fabrizio Ferrante

Le interviste del direttore di traniweb

Riviviamo a ritroso il suo percorso politico. Agli inizi fu Forza Italia, poi il ritorno nell'area socialista, quindi il Pd.
Forza Italia fu una scelta figlia di un particolare momento storico, caratterizzato da Tangentopoli, vicenda alquanto dolorosa per la componente socialista. Un pò tutti avevano visto nel partito di Berlusconi l'approdo più vicino. Non si poteva restare al fianco di chi aveva determinato la scomparsa dei socialisti. Non ho problemi nell'affermare che l'ondata giustizialista di quegli anni fu armata da qualche forza politica della sinistra e mi riferisco al partito Comunista. Scegliere Berlusconi venne quasi naturale. Ancora oggi ci sono anime socialiste tra i Parlamentari ed i Ministri in quota a Forza Italia, da Cicchitto a Tremonti. Nel corso degli ultimi anni, sono subentrate altre ragioni. I socialisti devono stare a sinistra e fare politica nel centrosinistra. E' questa casa nostra. Ecco perché, nel 2003, c'è stata la mia adesione allo Sdi, partito del quale sono stato segretario in ambito locale. Va dato merito al segretario nazionale, Boselli, di aver mantenuto accesa, in quel frangente, la fiammella dei socialisti italiani. Oggi, invece, c'è un partito riformista, laico e cattolico che si chiama Partito Democratico, attraverso cui proseguire il percorso della nostra storia.

Il progetto socialista sembrava interessante. Alle ultime amministrative raggiungeste quasi l'8%, miglior partito del centrosinistra. Non era il caso di andare avanti su questa strada?
I socialisti hanno tanti pregi ma anche grandi difetti fra cui l'essere bravissimi a dividersi ed a fare lite su tutto. Il risultato elettorale della lista socialista alle ultime amministrative non è stato una casualità, soprattutto per noi. Sapevamo di essere più forti degli altri. Come al solito, però, hanno avuto la meglio i personalismi, una critica che rivolgo anche a me stesso. Questi personalismi hanno provocato l'arresto di un processo politico importante. Ora, però, è inutile piangere sul latte versato. Dobbiamo guardare avanti, al futuro. In quest'ottica credo che il Pd possa rappresentare un'occasione di svolta, un'alternativa politica importante alla destra, non solo in ambito nazionale ma anche locale. Certo, parlare oggi del Partito Democratico come un'alternativa credibile, sembrerebbe azzardato. Eppure son convinto che il progetto politico tracciato da Veltroni andrà avanti e saprà dare risposte concrete a tutto il Paese.

Lei ha parlato del Pd come alternativa al Pdl. Molti italiani sostengono, invece, che tra i due partiti non vi è alcuna differenza.
Non vedo cosa ci sia di strano nel fatto che, i due principali soggetti politici nazionali, possano dialogare tra loro. Solo in Italia ascoltiamo questo tipo di critiche. In America, Obama ha inserito, nella sua squadra, esponenti del partito repubblicano e nessuno si è scandalizzato. La gestione amministrativa di un territorio, piccolo o grande che sia, non deve risentire delle contrapposizioni politiche. Sono utili elementi di valutazione in campagna elettorale ma poi, quando si è chiamati a governare nell'interesse dei cittadini, devono essere messe da parte. Le differenza tra Pdl e Pd ci sono: sulla giustizia, su tante riforme, sugli aspetti sociali, sulla scuola.

Gli elettori del Pd non gradiscono questa linea. Il dato delle elezioni in Sardegna è inequivocabile. Veltroni ha deciso di lasciare, Franceschini è stato eletto segretario. Come cambia la strategia?
Dobbiamo sforzarci di far percepire agli elettori le differenze tra i due schieramenti. Il Partito Democratico ha vissuto in queste settimane una fase drammatica. Le dimissioni di Veltroni, dopo l'insuccesso in Sardegna, credo siano una dimostrazione di democrazia. Dall'altra parte, invece, Berlusconi è ancora lì, nonostante abbia riportato, negli anni scorsi, due sonore sconfitte con Romano Prodi. Questo è un notevole elemento di differenza tra centrosinistra e centrodestra.

Nel nostro Consiglio Comunale, abbiamo visto delle prove tecniche di dialogo, per esempio sull'elezione del Presidente del Consiglio e sulle nomine del nuovo Collegio dei Revisori. In entrambi i casi, le scelte delle maggioranza sono state supportate anche dai voti di una parte dell'opposizione, non senza critiche di alcuni.
Inizierei col distinguere tra ruoli di natura politico-amministrativa e ruoli di garanzia. Quelli di cui ha parlato Lei sono ruoli di garanzia. In questi casi, il dialogo e la condivisione sono dimostrazioni di maturità politica. Dirsi contrari a tutto, in maniera aprioristica, non fa parte della cultura del Pd. Atteso che non avevamo i numeri per eleggere espressioni della minoranza, si è aperto un dialogo con la maggioranza che ha fatto gridare qualcuno allo scandalo. I cittadini, in passato, hanno dimostrato di punire gli eccessi di litigiosità. A maggior ragione, non avrebbero compreso i contrasti su nomine di garanzia istituzionale. Quanto alla contrapposizione politica, è sotto gli occhi di tutti il ruolo di forte opposizione che stiamo svolgendo nei confonti dell'amministrazione, la quale, a mio avviso, farebbe bene ad andare a casa.

Critiche, al modo di fare opposizione ed al Pd, sono giunte anche da chi ne fa parte. Mi riferisco a Briguglio.
Non so se il consigliere che Lei ha citato faccia parte o meno dell'opposizione. Non ne ho traccia da molto tempo, soprattutto in Consiglio Comunale. L'opposizione in questi anni ha dato dimostrazione di poter dire la sua. Le cito alcuni esempi. Sulla vicenda del termovalorizzatore, alla fine, hanno vinto le nostre ragioni: una sentenza del Tar impone il passaggio obbligato dal referendum in caso di volontà amministrativa di realizzazione. E ancora: l'opposizione ha denunciato in tempi non sospetti lo scandalo finanziario del Comune di Trani, ha sollevato delle obiezioni sul Pug poi certificate dalla Regione, ha denunciato la fallimentare politica di gestione delle aziende. Se mi consente una divagazione calcistica, l'opposizione tranese ha delle ottime individualità che difettano nel passarsi la palla. Quando si capirà che la palla va passata e si cominceranno a fare i primi gol, allora saremo pronti a vincere la partita elettorale. In Consiglio comunale, numericamente, possiamo fare ben poco: di fronte sono pronte ad alzarsi, anche al buio, 28 mani, alcune di queste di politici eletti con il centrosinistra.

Il problema di non saper fare gioco di squadra lo stiamo vedendo anche in ambito provinciale. Il Pd è in forte ritardo sugli altri, ha bruciato due ottimi candidati presidente: Boccia e Zaccaro. Adesso è spuntato il nome di Pina Marmo. Riuscirete a sopire i focolai di campanilismo che soffiano soprattutto da Barletta?
La questione del tempo non mi preoccupa. Se la proposta politica dovesse essere convincente, gli elettori la premierebbero ugualmente anche se si parte per ultimi. Il discorso è un altro: nel Pdl, in Puglia, c'è un capo che si chiama Raffaele Fitto che ha imposto il suo candidato e nessuno ha battuto ciglio. Il centrodestra è stato più astuto di noi, avendo individuato un candidato canosino. Noi, invece, ci stiamo lacerando con il campanilismo che si è instaurato tra Andria e Barletta. Prima Le parlavo delle regole democratiche applicate alla politica: nel Pd non c'è nessuno che impone decisioni, tutti sono chiamati a dare un contributo per condividere un percorso. Siamo comunque in dirittura d'arrivo. Sono convinto che si possa tranquillamente recuperare il tempo perso e cominciare a parlare di programmi, grandi assenti di questo inizio di campagna elettorale. Il candidato del centrodestra, ad esempio, parla come fosse un marziano sceso sulla Provincia per la prima volta, dimostrando scarsa cognizione dei problemi del territorio.

Teme che Salerno possa attingere a piene mani dal serbatoio di voti diessino del Pd?
E' un rischio che si può verificare in una provincia piccola, le cui sorti saranno condizionate essenzialmente dai voti dei cittadini dei due Comuni più grandi: Andria e Barletta. La presenza di un candidato barlettano può avere un appeal maggiore sui barlettani. Non a caso Salerno ha chiamato la sua lista "Buona Politica", uno specchietto per le allodole che nasconde altro. Le iniziali delle due parole, la B e la P, sono l'acronimo di "Barletta Provincia", un particolare che non può sfuggire a chi legge le carte e, soprattutto, gli eventi politici. Ragion per cui, l'elemento campanilistico sarà preponderante anche per Salerno, uno dei migliori esponenti del Pd, sia per la sua forza elettorale e sia per le indubbie capacità politiche dimostrate dal punto di vista amministrativo. E' un peccato che le strade si siano divise.

L'Italia dei Valori non vi ha aspettato, Sebastiano De Feudis è partito per la sua campagna elettorale da candidato presidente. Si sta ripetendo quanto accaduto in ambito locale alle ultime amministrative?
Devo purtroppo condividere la Sua tesi. Si sta ripetendo la stessa cosa e, guarda caso, proprio con gli stessi attori. L'unità del centrosinistra è un valore verso cui tendere in maniera principale, in subordine andrebbero fatti altri tipi di discorsi. Anche stavolta si è verificato il percorso inverso, di natura personale, probabilmente per assicurarsi un ingresso certo nel prossimo Consiglio provinciale e sabotando, di fatto, l'unità del centrosinistra. Non so se, nei prossimi giorni, ci saranno degli sviluppi. Il mio auspicio è che possa esserci un gesto di maturità politica da parte dei soggetti interessati. Se ciò dovesse accadere, sarei il primo a riconoscere il nobile sforzo politico compiuto per il ricompattamento del centrosinistra. Ed anche gli elettori ne sarebbero grati.

Lei si candiderà?
E' una scelta che deve fare il partito. I "desiderata" non portano da nessuna parte.

Nelle ultime due settimane, le questioni legate alla sanità pugliese hanno catalizzato l'attenzione del mondo della politica locale. Che giudizio dà all'amministrazione regionale?
Il tema della salute è stato l'ago della bilancia dell'ultima campagna elettorale. Nichi Vendola nel 2005 vinse le elezioni sulla base di una forza propulsiva nuova, di una volontà di cambiamento che, in questi quattro anni, abbiamo in parte registrato. Ora mi aspetto lo sprint finale da parte del governo regionale, soprattutto per ciò che riguarda il riassetto della sanità pugliese. In questi giorni è stato approvato il piano attuativo locale, apprezzato anche dal sindaco. Solo il futuro ci dirà se le promesse troveranno rispondenza nei fatti. Nutro enorme fiducia ed aspettativa nel lavoro che si andrà a svolgere in quest'ultimo anno. Ho esternato sentimenti non soltanto miei, ma condivisi da tutti i cittadini pugliesi, della Bat e della città di Trani, defraudata in maniera evidente dal piano di riordino ospedaliero voluto da Raffaele Fitto. Oggi c'è la possibilità di riottenere delle parti importanti del nostro Ospedale, a partire dall'ostetricia e dalla ginecologia. Sarebbe un risultato di cui andar fieri, a prescindere dai meriti della politica che, in questo caso, avrebbe fatto solo il proprio dovere. Parlo da campanilista e di un orgoglio tutto tranese: quello di poter festeggiare il ritorno della nascite a Trani.

Sì, ma dopo quattro anni non le sembra poca cosa continuare a restare aggrappati a dei verbi coniugati al futuro?
Fare un piano regionale della salute non è cosa semplice perché vanno contemperate tante esigenze, forse troppe, che giustificano dei tempi d'attesa così lunghi. In questi anni, però, abbiamo sentito tante promesse. Lo dico con grande franchezza, anche se la parte politica oggetto di critica coincide con la mia. Ci sono state più delibere a cui il governo regionale di centrosinistra non ha dato seguito e proprio per la riapertura di ginecologia ed ostetricia a Trani. Adesso è arrivata l'ora della verità, l'ora di apporre, con sollievo, la parola fine a questa storia.

Ma quanto contiamo a livello regionale? Qualcuno ha detto: "Molto poco".
Non contiamo nulla, è diverso. Il nostro consigliere regionale in questi anni è stato completamente latitante. Solo ora, in previsione della prossima campagna elettorale, ha deciso di improvvisarsi giornalista e di produrre un comunicato stampa al giorno, rinnegando completamente quello che aveva detto nei precedenti anni circa la sanità, condividendo, oggi, scelte, ipotesi e progetti di un'amministrazione regionale che non ha inizialmente sostenuto ma che adesso è, forse, costretto a sostenere. La sua responsabilità è ancora più grave se si considera che, in Regione, fa parte della Commissione sanità. Se avesse esercitato un ruolo più pregnante già dall'inizio, i risultati per Trani sarebbero stati evidenti già da tempo. Adesso fa finta di interessarsi delle questioni dell'ospedale, è un pò tardi, la gente se ne accorge. E' una critica politica, non personale. Trani non aveva mai avuto un consigliere regionale. Chi è stato eletto non si è dimostrato all'altezza delle aspettative. Saper fare le campagne elettorali non significa avere capacità amministrative. E lo dico con rammarico.

Ad oggi l'Ospedale non ha ancora beneficiato di nulla. Eppure è già partita l'attribuzione di meriti e lo scambio di ringraziamenti. Nessuno però ha speso una parola sul lavoro svolto dalle forze politiche locali e dal Comitato in difesa dell'ospedale. E' stato davvero accessorio, inutile?
Le sconfitte sono orfane, le vittorie hanno tanti padri. Qualcuno ha voluto esprimere il proprio apprezzamento legittimamente, altri, come riferivo nella precedente risposta, un po' meno. Il Comitato in difesa dell'Ospedale fu istituito subito dopo le elezioni del 2007 perché si ravvisò, con grande maturità politica, la necessità di sintetizzare in un gruppo di lavoro tutte le forze attive della città, non solo politiche. Questo Comitato però si è riunito poche volte. L'ultima, dopo tantissimo tempo, per una presa d'atto del PAL. Fossi stato nei panni del sindaco, avrei convocato un Consiglio comunale monotematico sul PAL, così come è accaduto a Barletta. Il sindaco avrebbe beneficiato di una condivisione maggiore da parte dell'intero Consiglio. E' stata un'altra occasione persa.

In tema di Consigli Comunali monotematici, l'opposizione ne ha chiesto uno sulle ex municipalizzate. Lei, a più riprese, è intervenuto sulle sorti dell'Amet. Ha detto: "Ad Amet si assiste alla solita lottizzazione di tutto e di tutti". Ci spieghi.
Molti intendono queste aziende come fossero ancora delle municipalizzate, sotto la mano ferma del Comune. Non è così. Oggi sono delle SpA, devono essere sul mercato, devono saper camminare con le proprie gambe e tornare a produrre, realmente, utili. Nel momento in cui si crea un management di chiaro riferimento politico, si commette un errore gravissimo. Se gestite al meglio, le aziende possono davvero diventare il salvagente dell'Ente locale sempre più penalizzato nell'ottica di un severo federalismo fiscale. Invece ecco che troviamo nei Consigli d'amministrazione e nei collegi sindacali, parenti e amici. Aspettiamo con ansia la convocazione del Consiglio comunale. Per la cronaca, sono già scaduti i 20 giorni previsti dal regolamento. Abbiamo sollecitato la Presidenza del Consiglio che, a sua volta, si è attivata chiedendo le relazioni alle aziende. Ad oggi non è pervenuto nulla. Non vogliamo fare gli inquisitori, vogliamo solo comprendere perché succedono certe cose. Sar nostro diritto conoscere le strategie delle ex municipalizzate, ad esempio i risvolti della trattativa fra Amet ed ElgaSud? Sarà nostro diritto sapere cosa cede Amet? Ed a che prezzo cede? E con quale ritorno economico? Non solo: vorremmo sapere il perché di alcune consulenze elargite, immotivate ed onerose. Nel momento in cui dovessimo ricevere delle risposte esaurienti, saremmo i primi a lodare l'operato dei vari management. Non siamo sulla strada giusta, però, se si continua a scappare da un confronto istituzionale.

L'assessore regionale all'urbanistica, Angela Barbanente, in una recente riunione del Pd, ha definito il pug di Trani "Un buon piano". Lei lo voterà?
Il fatto che l'opposizione possa votare il Pug è un'invenzione dell'estroso assessore all'urbanistica di Trani, un'ipotesi tutta sua. L'assessore proviene dalla scuola della Prima Repubblica e, allora, si faceva così. Abbiamo focalizzato i nostri interventi, ravvisando uno scarsissimo livello di partecipazione fin dalla fase di adozione. Nel 2006, per saperne di più, fummo costretti, noi del centrosinistra, ad organizzare una riunione con gli imprenditori e le parti politiche e sociali della città. Da allora non c'è stato più nessun tentativo di coinvolgimento da parte dell'amministrazione. Sono saltate fuori cinque, sei, sette versioni del Piano. Ogni settimana cambiava qualcosa. Poi c'è stato il passaggio in Consiglio Comunale, a luglio del 2006, in cui il sindaco fu costretto ad alzare la sua mano ed a votare come sedicesimo per far passare il provvedimento. Il Pug partorito dall'amministrazione non era assolutamente condiviso, aveva tantissime pecche ed è andato a Bari rischiando di essere cestinato, perché prevedeva solo un agglomerato di case e delle volumetrie indiscriminate. Il Piano è tornato indietro completamente cambiato, diverso. Oserei dire che non è più il Pug dell'amministrazione Tarantini ma quello dell'assessore regionale Barbanente. La Regione, muovendosi nell'ambito delle sue competenze, ha fissato dei paletti, soprattutto di carattere paesaggistico, modificandolo enormemente: ha ridotto l'indice da 3 a 2, non una cosa di poco conto. Un vero stravolgimento, direi. Nella Conferenza dei servizi, il Comune di Trani ha dovuto accettare tutte le modifiche pur di non tornarsene a casa a mani vuote. In definitiva, noi lamentiamo la totale mancanza di una progettazione condivisa. E' troppo semplice chiedere il sostegno politico dell'opposizione solo all'ultimo chilometro. Non è così che si arriva a quell'unanimità di voti sugli strumenti urbanistici tanto cara all'assessore. Il nostro voto in Consiglio comunale sarà senz'altro oggetto di accurata riflessione. Il sottoscritto recepirà l'input del partito e voterà di conseguenza fin dal passaggio in commissione.

Capitolo finanziario. Qualche mese fa, Lei scriveva: "Il Comune non riesce ad incassare i tributi di sua competenza: le spese lievitano e sono certe, al contrario le entrate da certe diventano aleatorie". Da allora è cambiato qualcosa? Oltre alla perdita dell'assessore, s'intende.
E' assurdo che un Comune sull'orlo di una crisi finanziaria, con un disavanzo accertato di circa 5 milioni di euro, non rimpiazzi un assessore che si è dimesso subito dopo Natale. Nonostante lo spettro del dissesto, si preferisce andare avanti solo con il sindaco ed un dirigente di ripartizione. Come se questo bastasse a fronteggiare l'emergenza. In realtà ci sarebbe bisogno di un assessore alle finanze, così come di un assessore per la polizia municipale e per il personale. Il sindaco, evidentemente, ritiene che l'amministrazione si debba basare su due o tre personaggi presenti in giunta, il resto degli assessori sono inutili come la paglia finta in un cesto di Natale. Forse avrà anche ragione lui, ma credo che, una città come Trani, ormai co-capoluogo, abbia necessità di un assetto amministrativo ben delineato. L'amministrazione ha cercato di fronteggiare la crisi finanziaria con la messa in vendita di alcuni immobili comunali. Ad oggi, non solo non è stato venduto nulla, ma, al contrario, si sono aperti dei contenziosi proprio su alcune aree poste in vendita, che potrebbero portare alla contrazione di nuovi e cospicui debiti fuori bilancio. Tutta la gestione dei tributi locali è assolutamente deficitaria. Non si è provveduto a gratificare il personale e ad organizzare una struttura interna perché si vuole fare sempre ricorso alle società esterne, che gestiscono le risorse comunali con personale molto meno qualificato dei dipendenti comunali, gente presa all'ultimo momento dalle agenzie interinali. I dipendenti comunali, anche se bistrattati e gettati in pasto alla cronaca in maniera sistematica e ingiusta, sono assolutamente all'altezza di gestire questi servizi. Il primo modo per risalire la china è quello di dotare il Comune di un modello amministrativo completamente diverso da quello attuale, con assessori forti di riferimento.

Serve un direttore generale allora.
Sono stato enormemente critico nei confronti del precedente direttore generale perché ritenevo non avesse le competenze per farlo. I fatti mi hanno dato ragione: è durato sei mesi e poi si è dimesso. Non ha fatto praticamente niente: non ha riorganizzato la macchina comunale, non ha riorganizzato il personale, non ha riorganizzato i servizi. Non ha fatto nulla. Il ruolo del direttore generale, da un punto di vista concettuale, in un Comune come quello di Trani, non credo serva più di tanto se c'è un sindaco forte che decide e s'interessa di tutto. Il nostro sindaco, al Caffè Con, ha dichiarato che un direttore generale sarebbe utile per alleggerirlo di responsabilità. Evidentemente dimentica di aver ricevuto una delega popolare: è lui che ha la responsabilità di governare, non può scaricarla ad altri.

Il futuro della città: Pug e Contratto di Quartiere. Basta così?
Il Pug ed il Contratto di Quartiere, al momento, sono solo delle belle enunciazioni di principio. E' passato un bel po' di tempo dall'approvazione in Consiglio Comunale del Contratto di Quartiere ma non si hanno più notizie, si procede con estrema lentezza. Avevo lamentato possibili problemi con gli espropri e so, per certo, che si stanno verificando. Più in generale, non si può avere per la città solo una filosofia palazzinara. L'amministrazione deve pensare ad altro: ad attrarre capitali di investimento sul territorio, a sviluppare una vocazione turistica mai sfruttata, a migliorare la qualità dei servizi, a ripristinare le strade e non con rattoppamenti estesi. In politica spesso facciamo ricorso al concetto di qualità della vita: nella pratica quotidiana si attua attraverso l'attenzione alle piccole cose: penso ai trasporti efficienti, ad un'energia elettrica garantita e senza interruzioni, ma soprattutto alla possibilità di offrire ai nsotri giovani un'opportunità di lavoro sul territorio. Faccio parte di una generazione che per l'80% è stata costretta a trasferirsi fuori Trani per lavorare. Chi è rimasto, nonostante i sacrifici sui libri, è a casa, disoccupato e ben oltre la soglia dei 30 anni. La politica deve saper contrastare questa piaga sociale, una buona amministrazione deve saper sfruttare i finanziamenti, le occasioni che il territorio offre. Di recente abbiamo deciso di farci guidare da Bisceglie nell'attuazione del piano sociale di zona e di sbilanciare sempre verso il Bisceglie il gruppo di azione locale. Sono errori tipici di un'amministrazione disattenta. Quando questa maggioranza andrà a casa sarà troppo tardi rimettersi in carreggiata e del tutto inutile rincorrere le responsabilità.
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Fabrizio Ferrante, capogruppo del Partito Democratico, è l'ospite di questa settimana della rubrica "Un caffé con...", firmata dal direttore Biagio Fanelli. Ferrante e Fanelli si sono incontrati negli studi di Radio Canale 93 stereo.
  • Fabrizio Ferrante
  • Contratto di quartiere II
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