Un caffè con...

Un Caffè con Domenico Triminì

Le interviste del direttore di traniweb

Cosa si prova a fare opposizione al centrodestra, lei che è di centrodestra?
Si può essere di centrodestra senza essere di questo centrodestra, decisione figlia di note vicende che hanno interessato la politica locale dal 2006 in poi. Prima di allora c'era una compagine abbastanza affiatata che riuscì a portare al successo, nel 2003, il candidato migliore possibile dopo la clamorosa disfatta di Carlo Avantario. Ci sono stati tre anni in cui quell'amministrazione è andata col vento in poppa, poi è successo qualcosa che ha fatto naufragare il progetto. Nella pubblica amministrazione non c'è mai un'attribuzione di responsabilità ben precisa. Il tempo, però, sa essere galantuomo. Mi preme sottolineare che, a livello nazionale, siamo presenti nel governo Berlusconi con il nostro segretario nazionale, l'Onorevole Pizza, sottosegretario alla Pubblica istruzione con delega alla ricerca. Di recente siamo stati presenti ad un tavolo regionale fra gli aderenti all'area del Pdl che consideriamo la nostra casa, nonostante questa anomala parentesi locale. Nel Pdl ci siamo a pieno titolo e ci saremo, con i nostri pregi ed i nostri difetti. E se qualcuno, a noi molto vicino, si sforzasse di ascoltarci senza pregiudizi, forse ne trarrebbe vantaggio nell'immediato.

Torniamo al "C'era una volta" di casa nostra. Dopo tre anni di grande idillio, qualcosa si è rotto. Tarantini si dimise e dal palco gridò: "Non cedo ai ricatti". Si tornò alle urne e dalle liste della coalizione di centrodestra sparirono alcuni nomi di consiglieri di quella maggioranza, fra cui lei.
Giusta considerazione, che mi consente, oggi, senza timore alcuno, di poter affrontare alcune questioni. Il ricatto è un reato, ragion per cui, quando uno viene ricattato, ha il dovere di denunciarlo all'autorità competente. Uno dei pochi rimproveri che ho ricevuto dal sindaco Tarantini è quello di essere stato, fra i pochi consiglieri comunali, a non starmene, col cappello in mano, dietro la sua porta a fare l'accattone. Ho mantenuto sempre una determinata linea di condotta, ossia quella di impegnarmi in politica sapendo di avere delle idee che possono essere messe a disposizione di tutti ma che non necessariamente devono essere accolte. Invito ancora oggi il sindaco Tarantini a dire apertamente quali sarebbero stati i ricatti che avrebbe subito. Io sono disponibilissimo a qualsiasi confronto, il resto sono favole. Resto dall'avviso che i motivi delle dimissioni furono altri.

Ossia?
Dopo il 26 luglio del 2006 e l'adozione del Pug con solo 16 voti, saltò un unico assessore, in quota ai Repubblicani. Se la motivazione era quella di punire chi aveva remato contro il Pug, sapevano benissimo quale altro assessore colpire. L'ora ics è scattata invece a settembre, in occasione dell'approvazione degli equilibri di bilancio, quando in contabilità c'erano le certificazioni delle singole ripartizioni che attestavano l'assenza di debiti fuori bilancio ed invece ne saltarono fuori oltre 2 milioni, cifra destinata a crescere in maniera esponenziale. Se non ricordo male, la stessa amministrazione, nel bilancio di previsione, a pagina 13, portava 9 milioni e 600 mila euro di debiti fuori bilancio. Fu lì che si decise che era meglio andarsene a casa e gridare alla cospirazione.

E fu fatta questa sorta di lista di proscrizione.
Fu una scelta di comodo. Come ho detto più volte, dopo l'adozione del Pug qualcuno aveva deciso di farla finita, ravvisando la necessità di rimescolare le carte in consiglio comunale, pensando così di poter cancellare una parte pesante di memoria storica di quegli eventi. Non è un caso che Tarantini si sia dimesso a settembre e ad ottobre fosse già, di nuovo, in campagna elettorale. Quello che mi chiedo, a distanza di tempo, è come mai questo editto sia stato applicato in maniera rigorosa solo per alcuni, mentre altri, sbattuti fuori dalla finestra allo stesso modo, siano stati fatti riaccomodare, nel Tarantini bis, dal portone principale di aziende collegate all'Ente locale.

Fuori dall'Udc, avete rispolverato una vecchia bandiera come quella della Democrazia Cristiana.
Abbiamo conseguito il 3.85% con una lista che abbiamo cominciato a pensare solo quattro giorni prima della scadenza dei termini di presentazione delle liste. La scelta della Democrazia Cristiana è una scelta di cuore. Ognuno di noi è legato a delle bandiere, a dei simboli. Per anni è andata avanti una vertenza sulla proprietà del simbolo dello scudo crociato, una recente sentenza ha dato ragione alla Democrazia Cristiana sulla base del principio che non si è mai sciolta in quanto il procedimento di scioglimento era di competenza dell'assemblea degli iscritti e non della direzione nazionale. A breve attendiamo la sentenza di secondo grado che dovrebbe attribuirci definitivamente la paternità del simbolo. Anche questo sarebbe un grande risultato peer cominciare a fare chiarezza nel quadro politico di un centro troppo frammentato.

Quali scenari ipotizza per dirimere l'ingorgo centrista?
Paghiamo la frammentazione scatenata da Tangentopoli agli inizi degli anni '90. Al momento ci sono almeno quattro partiti che si identificano in quell'area. Quando si definirà la querelle del simbolo è evidente che le altre sigle dovranno adeguarsi per non scomparire. A livello nazionale, il nostro intento è di riconfermare il sostegno al centrodestra, nell'attesa di studiare le evoluzioni della legge elettorale, le cui modifiche sono al vaglio delle commissioni parlamentari competenti. Se vengono confermate le indiscrezioni trapelate per le elezioni al Parlamento europeo, con uno sbarramento fissato tra il 4% e il 5%, difficilmente riusciremo ad essere protagonisti con una lista collegata. Diverso è il discorso per le amministrative. Anche qui è in atto una ipotesi di riforma che prevede la possibilità, per una lista, di essere collegata, al massimo, con altre due. Se dovessimo vincere la battaglia del simbolo la nostra ambizione è di prendere il posto che fu dell'Udc.

Della Democrazia Cristiana è diventato anche commissario provinciale.
Si, di recente sono stato anche nominato commissario provinciale del partito. E' mio intento riorganizzare il partito nella sesta provincia sperando di crescere rispetto alle ultime amministrative. In Puglia, in quella tornata, abbiamo raggiunto complessivamente il 5.85%. Non è male se si pensa che mancavamo all'appello da 14 anni.

Gran parte del lavoro politico è rivolto su Trani. In consiglio comunale, la sua voce è una delle più autoritarie.

Non potrebbe essere diversamente. Trani ha un'economia paralizzata, è diventata una città dormiente, poggiata su logiche impiegatizie e non imprenditoriali. Lavorando nel settore dell'artigianato posso testimoniare l'acuirsi di una crisi che porterà molte aziende a chiudere i battenti. Tutto è fermo, molti chiudono bottega, l'amministrazione non fa nulla se non aumenti di tasse che mettono a dura prova le economie familiari. E penso all'addizionale Irpef, che doveva servire a ripianare parte del debito fuori bilancio per due o tre anni al massimo – così dissero - e che invece i cittadini dovranno piangersi per molto più tempo.

E quindi?
E' l'ora del coraggio delle azioni e di rimettere in discussione tutto un apparato complesso come quello tecnico, che costa alle casse comunali ed ai contribuenti un bel pò di denari e che non sempre risponde a determinati livelli di preparazione ed efficienza, per garantire sia l'amministrazione nelle sue scelte che i cittadini di Trani. Oggi assistiamo a questo balletto, in precario equilibrio, sulla manovra di bilancio e rimaniamo perplessi di fronte alla relazione del Collegio dei revisori, composto da tre professionisti integerrimi e super partes, che hanno l'obbligo ed il dovere di segnalare al consiglio comunale qual è l'andamento finanziario del Comune di Trani. In vista del Consiglio comunale, si stanno cercando alchimie varie per non dover ammettere quello che dicevamo già da tempo: i conti del Comune non tornano. Ci si aspettava di incamerare cospicue somme da alcune voci rimaste solo tali, c'è una gestione dei tributi che è fallimentare a detta anche di chi ci lavora dentro. E la cosa più drammatica è l'incertezza assoluta sulla quantità del debito fuori bilancio, sulla spesa di investimento e su quella corrente, più in generale su come risollevare le sorti finanziarie del Comune.

Ecco: veniamo al come. Che bisogna fare?
Bisogna innanzitutto attribuire le responsabilità a chi sbaglia. Il sindaco, in questo momento, rappresenta un insieme organico di persone che non gli hanno dato certamente lustro. E' giusto, dunque, che prenda i provvedimenti del caso. Se, ad esempio, si danno 6 mila euro al mese ad un dirigente, è necessario che questo renda senza mai mettere l'amministrazione in difficoltà. E' desolante vedere delle ripartizioni che dormono il sonno dei giusti. Nel 2003, in fase di redazione dei programmi, avevo consigliato che la scelta dei dirigenti e dei tecnici fosse avallata, oltre che dal sindaco, anche dall'assessore di riferimento, per evitare conflitti sul nascere e per sviluppare un'azione di governo realmente efficace.

Per far fronte a questa necessità, si è deciso ad inizio consiliatura di avvalersi di un direttore generale. Scelta giusta?
Il direttore generale poteva servire se opportunamente utilizzato. Se anche lui ha alzato le mani, evidentemente avrà riscontrato motivi tali che gli impedivano di poter svolgere un compito delicato all'interno di un contesto amministrativo in cui la priorità assoluta viene data a consiglieri comunali in cerca disperata di visibilità.

Nel programma si parlava anche del disgiungimento della quarta ripartizione, con la separazione dei lavori pubblici dall'urbanistica e la nomina di un altro dirigente per snellire l'attività amministrativa. Lo si è ripetuto ad oltranza, lo ha suggerito anche il direttore generale prima di andar via. Nulla.
E' un dato di fatto che la macchina comunale non abbia subito quello stravolgimento e quello snellimento che questo centrodestra aveva anticipato in campagna elettorale. Sull'operato dei nostri esperti di urbanistica ci sarebbe tanto da dire. Si rimane perplessi quando un piano urbanistico generale viene adottato con una maggioranza più che risicata, rifiutando aprioristicamente il confronto con l'opposizione. E si rimane ancor più perplessi quando si decantano successi politici prima del tempo. Eppure siamo a Trani, non a Sanremo.

Il 13 ottobre si esauriranno gli incontri in Regione sul Pug. Se l'ottimismo di dirigente ed assessore fosse confermato, ammettereste di aver parlato troppo in fretta?
Nessuna difficoltà ad ammettere errori di valutazione politica. Al momento, però, dobbiamo attenerci agli atti in nostro possesso, visto che si è deciso di tenerci all'oscuro sui contenuti dei verbali della conferenza dei servizi. Resto dell'avviso che si poteva arrivare alla conclusione dell'iter di approvazione molto prima e con risultati migliori. Non è ammissibile, invece, l'ostilità nel volersi aprire al confronto. Il Pug non è un affare per poche persone o esclusiva competenza di questo o quel partito. Questo modo di fare, presuntuoso e arrogante, è tornato d'attualità con l'approvazione della manovra finanziaria. Si va ad emendare una nuova delibera, correttiva, dopo che una prima è diventata esecutiva. Ora mi metto nei panni dei consiglieri di maggioranza che dovranno votare il provvedimento: chi li garantisce che le cifre, prima sbagliate, adesso siano giuste? E se non lo fossero ancora? Mi permetto, inoltre, di porre un interrogativo: perché ci siamo ridotti alla fine del 2008 per approvare il consuntivo del 2007?

Nella sua relazione, il dirigente di ragioneria esprime delle considerazioni piuttosto incisive nei confronti del modo di gestire i soldi pubblici negli ultimi 15 anni. Lei nel 2003 era in maggioranza e l'assessore alle finanze era espressione del suo partito. Fu fatto tutto il necessario in quel triennio per contenere i conti pubblici?
Qualcosa fu fatta, fra cui un'attenta analisi per risolvere il problema dell'evasione fiscale. Per quanto riguarda i tributi, focalizzammo da subito l'attenzione sulla creazione di una struttura organizzata in grado di poter gestire in loco le entrate fiscali. Fu fatta una gara per una sola annualità, nella quale si stabiliva che, alla scadenza del contratto, la società aggiudicatrice dell'appalto avrebbe dovuto lasciare in eredità al Comune sia la banca data che un modello di struttura tale da permettere una agevole gestione in house. Poi i miracoli di Nostro Signore hanno permesso, dopo una lunga pausa di riflessione, un'ulteriore proroga del servizio ad altro Santo. Non volevamo che le cose andassero così. Fin dall'inizio ipotizzavamo la contestuale formazione di personale comunale per poter svolgere questo compito, poi il nostro sindaco ha deciso di prendersi una pausa politica a settembre del 2006 e tutto è saltato.

Il personale comunale, sempre oggetto di malumori, oggi appare fortemente demotivato. E sono proprio i dipendenti a rischiare di più se non si supera (e bene) lo scoglio del bilancio.
Verissimo. Le 39 progressioni verticali annunciate rischiano di dissolversi nel nulla se non si rispetterà il patto di stabilità. Sarebbe uno dei tanti, disastrosi, effetti collaterali di una manovra molto temeraria, portata all'attenzione del Consiglio comunale con estremo ritardo, come se non fosse un problema nostro la necessaria richiesta di liquidità al cassiere del Comune, in attesa dell'approvazione del consuntivo, requisito fondamentale per sbloccare le rate dei trasferimenti erariali. Rasentiamo l'assurdo, non comprendendo neanche i passaggi più elementari della materia finanziaria, ai più sconosciuta: spendiamo confidando che prima o poi qualcuno si prenda gli immobili comunali in vendita. Se poi l'asta va deserta, siamo contenti uguale. Adesso saremo costretti a ricorrere ad un ulteriore indebitamento per pagare i debiti, il che ci impedirà di andarci a indebitare per fare spese di investimento. E' la triste morale della favola del gatto che si morde la coda.

E grazie a Dio si è fatto dietrofront sui Boc, operazione finanziaria che doveva portare il Comune, attraverso una rimodulazione del debito, all'emissione di buoni per un valore complessivo di 20 milioni di euro. Avremmo innestato una vera bomba ad orologeria, ne è convinto?
Assolutamente si. E meno male come è andata. Sui Boc voglio sfatare un'altra leggenda, legata alla paternità di quell'intuizione. Potrei fornire ampia documentazione, scritta e protocollata, in cui si attesta l'assoluta contrarietà all'operazione da parte dell'ufficio ragioneria. Il buono ordinario comunale è mirato all'emissione esclusivamente per creare attività che diano remuneratività. Faccio un esempio: il ricorso ai Boc, probabilmente, sarebbe stato utile per finanziare la realizzazione di una piscina pubblica che avrebbe reso al Comune delle somme da poter utilizzare per restituire il capitale d'investimento e coprire il costo degli interessi, non certo per asfaltare una strada che, come si sa, non porta profitto. Siccome una parte dei soldi di quell'operazione dovevano servire per rifare il look alla città, la ragioneria segnalò il rischio a cui si andava incontro. Per fortuna la gara è stata bloccata, oggi non saremmo stati in condizione né di pagare gli interessi e né il capitale.

Nonostante le perplessità, però, fu fatta anche una conferenza stampa con tanto di dichiarazioni rassicuranti di assessore e dirigente.
L'operazione dei Boc era azzardatissima e non godeva del parere favorevole della ragioneria. Mi assumo tutte le responsabilità di ciò che dico. Se non ricordo male in quel periodo c'era anche un autorevole consulente esterno, scelto dal sindaco per la dimestichezza in materia finanziaria, lo stesso che aveva già ben operato in Amet con l'acquisizione della rete Enel quando oramai era obsoleta.

Ha citato Amet. Nel documento dei revisori, fra le altre cose, si esprime preoccupazione sui bilanci delle municipalizzate.
I bilanci non sono buoni anche se non abbiamo avuto ancora la possibilità di esaminarli. Amet ed Amiu sono due aziende che questa amministrazione ha sempre citato come fiore all'occhiello della città. Da anni si parla di un piano di rilancio, soprattutto di Amet, ed invece mi sa tanto che siamo di fronte ad un'altra disfatta, vuoi anche perché il termovalorizzatore, purtroppo, non ha conosciuto la luce. Negli anni scorsi però abbiamo assistito ad operazioni scriteriate: penso ai 350mila euro investiti per portare, a bordo di un catamarano, il turismo da Trani a Dubrovnik. E ancora: ricordo le annunciazioni per la gestione della Darsena, per la produzione di cdr, per la raccolta differenziata. L'elenco è lungo ed è fatto di tante bellissime intenzioni che non hanno mai avuto continuità, progettuale e politica. Dovremmo ripeterci nel discorso dell'attribuzione delle responsabilità, tocca al sindaco prenderne atto e ad agire di conseguenza.

Si parla di rimpasti all'orizzonte. Forse l'appello non cadrà a vuoto.
Si parla di un rimescolamento da diverso tempo, credo però che si assisterà ad un ennesimo balletto politico per giustificare quella spregevole forma di visibilità che ognuno vanta per sé dopo aver conseguito un buon risultato elettorale. Nel 2003, Tarantini mi chiese di firmare l'accettazione del conferimento di un incarico assessorile, gli risposi di no perché ritenevo di poter recitare la mia parte anche da semplice consigliere comunale, nonostante l'esperienza molto formativa ai tempi del governo Tamborrino, grazie al quale ebbi l'onore e l'onere di contribuire alla messa in moto di una macchina bloccata per anni da un commissariamento catapultato in città a causa di un consiglio comunale sciolto per infiltrazione mafiosa. La politica ha bisogno di gente capace e competente, di gente che sappia leggere le carte e che non chiuda gli occhi a convenienza. Ad esempio, mi sembra assurdo che in maggioranza si faccia finta di niente quando ci si ritrova per le mani un atto deliberativo con cui si vogliono mettere tre telecamere super intelligenti a tre incroci con quelle cifre.

I contestatissimi t-red.
Non ricordo negli ultimi anni incidenti così gravi da giustificare una spesa di 3 milioni di euro per l'installazione di t-red agli incroci semaforici.

Ma il Comune ci guadagna da questa operazione o facciamo solo la felicità di chi vince l'appalto?
Ai posteri l'ardua sentenza. Comunque non è questo il punto: Trani ha bisogno di una classe politica diversa, in grado di affrontare responsabilmente le questioni sul tavolo e di non lasciarsi intimorire da nessuno. Abbiamo un assessore alle Finanze che ha detto, piuttosto esplicitamente, di non essere espressione politica di alcun partito e di essere lì perché "tecnico della materia". Mi sembra legittimo domandarsi a che titolo occupi quel ruolo dopo che ci ha proposto un bilancio consuntivo, un deliberativo per la pianificazione del disavanzo e degli equilibri di bilancio così incerti.

Barisera ha ipotizzato un avvicendamento con Gino Simone. Alle volte ritornano.
Gino Simone è un jolly buono per tutte le stagioni. Nel mese di agosto del 2006, quando il sindaco, senza motivazione, decise di destituire dall'incarico di assessore alle finanze Sergio de Feudis, nominò Gino Simone. Dopo un mese, però, tornò anche lui a godersi l'affetto della sua famiglia. Se così dovessero andare le cose, gli auguro miglior gloria. Gino Simone è sicuramente una persona competente, è espressione di un partito politico, conosce la macchina amministrativa come pochi e quindi saprà ricoprire al meglio quel ruolo. La differenza, però, non la fa mai un singolo, ma la squadra nel suo insieme. E occorre chiarezza e coerenza: basta rileggersi qualche paginetta tratta dagli indirizzi generali di governo, approvati all'inizio di questa seconda avventura del sindaco Tarantini. Si garantì che non sarebbe stato consentito a nessuno di migrare da una partito all'altro come api sui fiori e che si sarebbe mantenuta la barra diritta per tutta la consiliatura ed invece abbiamo già assistito ad un balletto di consiglieri, ad una revoca di un assessore, ad una compartecipazione ad interim di una ripartizione. Non mi sembra ci sia coerenza.
8 fotoUn Caffè con Domenico Triminì
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Domenico Triminì, consigliere comunale e commissario provinciale della Democrazia Cristiana, è l'ospite di questa settimana della rubrica "Un caffé con...", firmata dal direttore Biagio Fanelli. Triminì e Fanelli si sono incontrati all'interno della caffetteria "Beltrani".
  • Domenico Triminì
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