Bufera per la pubblicità fuorilegge in città

Indagate undici concessionarie, l’accusa è di invasione di suolo pubblico

mercoledì 20 febbraio 2008
Manifesto selvaggio parte terza. Stavolta la notizia è fragorosa ed emerge dall'inchiesta condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Trani, Antonio Savasta, culminata nell'esecuzione del decreto di perquisizione e sequestro probatorio nelle sedi di 11 imprese proprietarie di numerosissimi spazi pubblicitari e, in alcuni casi, gestori anche dei cartelloni di proprietà comunale. Sotto i riflettori della Procura sono finiti i rapporti intercorsi tra il Comune di Trani e la Bipiemme Communication Srl (di Casamassima), la Cibra Pubblicità (di San Maurizio Canavese, provincia di Torino), la Ipas Spa (di San Mauro Torinese), la M.a.s. srl (di Trani), la P.e.s. srl (di Roma), la Publieffe Italia (di Capurso), la Studiocinque outdoor srl e la Studiocinque action srl (di Corato), la Mediasistemi srl (di Bisceglie), la Segnaletica Meridionale sas (di Foggia) ed Elle Pubblicità.
Oltre 400 cartelloni pubblicitari censiti in tutta la città e altri 200 (tra cartelloni e frecce) in via d'autorizzazione. Nonostante le insegne pubblicitarie spuntino come funghi ovunque, il Comune ricaverebbe appena cinquantamila euro l'anno. Tutto sarebbe frutto di una gestione scriteriata e di controlli inadeguati, affidati addirittura ad un unico netturbino, secondo quanto ipotizza l'inchiesta del sostituto procuratore della Repubblica di Trani, Antonio Savasta, la cui inchiesta, che già contava acquisizioni e sequestri, è culminata nell'esecuzione del decreto di perquisizione e sequestro probatorio nelle sedi di 11 imprese proprietarie di numerosissimi spazi. Della notizia ne parlano sia «La Gazzetta del Nord barese» che il «Corriere del Mezzogiorno» e dalla lettura degli articoli emergono i retroscena di un'inchiesta che parte da lontano.
«Sarebbero soltanto le imprese ad arricchirsi dai proventi pubblicitari - spiega Antonello Norscia su "La Gazzetta" -. Al Comune andrebbero le briciole per colpa di un sistema, ritenuto "singolare", attuato proprio dal Comune e dall'Amiu (per un certo tempo delegata alla riscossione ed al controllo dei tributi relativi agli spazi pubblicitari) in presunta violazione del piano affissioni approvato negli anni '90, del regolamento comunale, nonché del decoro urbano e della normativa antisismica a tutela pubblica. Gli scarsi introiti per il Comune deriverebbe dal fatto che l'Ente riscuoterebbe tributi sul parametro dei metri quadri occupati dalla pubblicità e non, invece, sul costo dell'inserzione, contrariamente a quanto avviene nel circondario. E anche il parametro di esazione sarebbe quello del 1990, senza alcun aggiornamento».
L'inchiesta del Pm Antonio Savasta avrebbe ricostruito il meccanismo che per anni ha reso praticamente nulla un'importante voce di entrata per le casse comunali. Tutto sarebbe ruotato intorno all'ufficio tributi del Comune che di fatto avrebbe esautorato la concorrente competenze dell'ufficio tecnico. Tant'è che nel registro degli indagati sarebbero stati iscritti il nome di un ex funzionario dell'ufficio tributi ed altre due persone che avrebbero avuto responsabilità nella gestione della pubblicità, una delle quali in forza all'Amiu.