Il timbro è rotto, a Trani manifesti senza vidimatura

Il problema va avanti da un mese. Proteste per le locandine selvagge.

lunedì 24 novembre 2008
Molti hanno notato che, sui manifesti affissi in città negli spazi consentiti, da un bel pò di tempo non compare più il timbro "Città di Trani" e la data di scadenza. Il motivo? Il timbro dell'ufficio economato è rotto e da oltre un mese i manifesti vengono regolarmente pagati ed affissi "in bianco".

Un timbro nuovo costa 60 euro, l'ufficio ne ha fatto richiesta, ma la burocrazia non dà scampo. E così da più di 30 giorni si va avanti così, in attesa che tutte le procedure vengano espletate e che la ditta scelta consegni il timbro nuovo.

Dal Comune assicurano che, nonostante l'inconveniente, la situazione è perfettamente sotto controllo, che la mancanza di timbratura non determina "furbate" sul numero dei manifesti pagati ed attaccati per le vie della città. Ci sarebbe, dunque, un controllo effettivo da parte dell'attacchino: «Se sono stati pagati trenta manifesti, in giro ne troverete solo trenta, non uno di più» ci dicono.



A dire il vero, qualcuno si è lamentato del contrario, denunciando di averne trovati affissi di meno rispetto al numero dei manifesti pagati. Se ciò fosse vero - tutto da verificare - il problema in questo caso potrebbe essere riconducibile alla rimozione di diverse plance da alcune strade cittadine. Nell'ultimo mese ne sono state eliminate un bel pò: via quelle presenti in piazza Plebiscito, sul lungomare Chiarelli, sul lungomare Colombo ed in via Bisceglie. L'amministrazione, nel recente passato, aveva affidato ad una cooperativa il compito di occuparsi del rilievo e della manutenzione degli impianti per le affissioni, nonché di creare un data base delle affissioni ed un data entry delle relative posizioni. L'affidamento del servizio è ormai in scadenza e nessuno a Palazzo di Città ha saputo dirci se esite una documentazione del lavoro svolto dalla cooperativa. In attesa di ricevere risposte sull'argomento, Traniweb denuncia un sempre più dilagante fenomeno di "locandine selvagge", in particolare di cartelli immobiliari che vengono collocati nei posti più impensabili, in maniera indiscriminata e senza alcun tipo di controllo. Teoricamente i cartelli possono essere collocati, senza nessun onere a carico del privato, sul portone dove è ubicato l'immobile che si intende vendere o affittare. Diverso sarebbe il discorso per i cartelli civetta, quelli cioé collocati in luoghi diversi rispetto all'ubicazione dell'immobile, e per i quali si dovrebbe riconoscere una tassa di pubblicità al Comune (circa 4 euro al mese per le locandine affisse in strade del centro, circa 2 euro per quelle attaccate nelle vie periferiche).

Al Comune manca l'ufficio pubblicità, nessun dipendente avrebbe la qualifica per poter svolgere la suddetta mansione. Da quando la Bersani ha eliminato l'ufficio disciplinare dei ruoli, anche la Camera di Commercio si trova con le mani legate nonostante le continue denunce di varie associazioni di categoria nel campo immobiliare che gridano allo "sciacallaggio".

«Nessuno è preposto al controllo - ci dicono - ed ognuno si sente libero di attaccare locandine e cartelli a proprio piacimento». "Vendesi e affittasi" campeggiano abusivamente in luoghi strategici e nei punti più disparati, dai pali della luce agli edifici pubblici (c'è un "si fitta" anche sul muro del Comune e nei pressi dell'ingresso della posta).

La questione è assai più delicata di quanto si creda, non fosse altro che anche la magistratura ha puntato gli occhi su "Manifesto selvaggio". Si ricorderà dell'inchiesta, condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Trani, Antonio Savasta, culminata nell'esecuzione del decreto di perquisizione e sequestro probatorio nelle sedi di 11 imprese proprietarie di numerosissimi spazi pubblicitari e, in alcuni casi, gestori anche dei cartelloni di proprietà comunale (furono individuati oltre 400 cartelloni pubblicitari censiti in tutta la città e altri 200 tra cartelloni e frecce in via d'autorizzazione, con un un guadagno ridicolo del Comune, di appena cinquantamila euro l'anno).