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Salute d'asporto
I rischi di una dieta iperproteica
Ce ne parla il biologo Giuseppe Labianca
sabato 4 ottobre 2025
8.53
Negli ultimi anni le diete iperproteiche hanno guadagnato enorme popolarità, soprattutto tra i più desiderosi di perdere peso velocemente o aumentare la massa muscolare.
L'idea di base si fonda su una drastica riduzione dei carboidrati ed un aumento delle proteine in modo da apportare un maggiore senso di sazietà, stimolare il metabolismo e ridurre la massa grassa. Tuttavia, se protratte nel tempo o seguite senza supervisione medica, le diete iperproteiche comportano rischi significativi per la salute.
Secondo le linee guida dell'OMS e della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) un'alimentazione equilibrata prevede che le proteine costituiscano circa il 10–15% delle calorie totali giornaliere, pari a 0,8–1 g di proteine per kg di peso corporeo, si parla invece di dieta iperproteica quando l'apporto proteico supera i 2 g di proteine per kg di peso corporeo.
Questo regime dietetico comporta possibili vantaggi, come la rapida perdita di peso, il mantenimento della massa magra ed un miglior controllo glicemico, ma ciò che non viene sottolineato è il rischio che comporta l'aderenza a questa dieta.
Uno dei rischi più discussi è il carico eccessivo sui reni, infatti le proteine producono scorie azotate (urea, creatinina) che devono essere eliminate tramite i reni, perciò in soggetti predisposti o con problemi renali latenti, una dieta iperproteica può accelerare l'insufficienza renale cronica. Inoltre secondo la National Kidney Foundation, un apporto superiore a 1,6 g/kg al giorno può aumentare lo stress renale in individui vulnerabili.
Il secondo organo implicato è il fegato, direttamente coinvolto nel metabolismo delle proteine; una dieta iperproteica può favorire un affaticamento epatico, soprattutto in chi ha già steatosi epatica non alcolica (fegato grasso), condizione molto diffusa nei Paesi occidentali.
L'eccesso proteico, specie se di origine animale, può aumentare l'escrezione di calcio nelle urine e alcuni studi collegano un consumo eccessivo di proteine animali a un maggior rischio di osteoporosi, anche se la questione è controversa e dipende dall'equilibrio complessivo della dieta. Oltre a questo dato, un consumo alto di alimenti proteici come carne rossa, formaggi e insaccati, è direttamente correlato ad un aumento di malattie cardiovascolari e di alcuni tumori, come quello del colon-retto.
Una dieta sbilanciata con poche fibre e molte proteine animali può modificare negativamente la flora intestinale, favorendo infiammazioni croniche e aumentando il rischio di malattie intestinali.
Non tutti gli studi concordano sui reali rischi delle diete iperproteiche, per esempio alcuni trial clinici hanno mostrato benefici a breve termine senza effetti avversi evidenti, soprattutto in soggetti sani e sportivi, tuttavia, gli effetti a lungo termine (oltre i 2–3 anni) restano poco studiati.
La posizione di molte società scientifiche, come l'European Food Safety Authority (EFSA), è che non esistono prove sufficienti per stabilire una soglia massima assoluta di sicurezza proteica, ma si raccomanda cautela soprattutto in persone con fattori di rischio renale, cardiovascolare o metabolico.
Le diete iperproteiche possono essere utili nel breve termine per perdere peso o migliorare la composizione corporea, ma non sono prive di rischi. Se protratte senza controllo, possono avere conseguenze su reni, fegato, cuore e ossa, oltre a creare squilibri intestinali e psicologici.
Non bisogna demonizzare le proteine, che sono fondamentali per l'organismo, ma è necessario inserirle in un quadro equilibrato e sostenibile.
L'idea di base si fonda su una drastica riduzione dei carboidrati ed un aumento delle proteine in modo da apportare un maggiore senso di sazietà, stimolare il metabolismo e ridurre la massa grassa. Tuttavia, se protratte nel tempo o seguite senza supervisione medica, le diete iperproteiche comportano rischi significativi per la salute.
Secondo le linee guida dell'OMS e della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) un'alimentazione equilibrata prevede che le proteine costituiscano circa il 10–15% delle calorie totali giornaliere, pari a 0,8–1 g di proteine per kg di peso corporeo, si parla invece di dieta iperproteica quando l'apporto proteico supera i 2 g di proteine per kg di peso corporeo.
Questo regime dietetico comporta possibili vantaggi, come la rapida perdita di peso, il mantenimento della massa magra ed un miglior controllo glicemico, ma ciò che non viene sottolineato è il rischio che comporta l'aderenza a questa dieta.
Uno dei rischi più discussi è il carico eccessivo sui reni, infatti le proteine producono scorie azotate (urea, creatinina) che devono essere eliminate tramite i reni, perciò in soggetti predisposti o con problemi renali latenti, una dieta iperproteica può accelerare l'insufficienza renale cronica. Inoltre secondo la National Kidney Foundation, un apporto superiore a 1,6 g/kg al giorno può aumentare lo stress renale in individui vulnerabili.
Il secondo organo implicato è il fegato, direttamente coinvolto nel metabolismo delle proteine; una dieta iperproteica può favorire un affaticamento epatico, soprattutto in chi ha già steatosi epatica non alcolica (fegato grasso), condizione molto diffusa nei Paesi occidentali.
L'eccesso proteico, specie se di origine animale, può aumentare l'escrezione di calcio nelle urine e alcuni studi collegano un consumo eccessivo di proteine animali a un maggior rischio di osteoporosi, anche se la questione è controversa e dipende dall'equilibrio complessivo della dieta. Oltre a questo dato, un consumo alto di alimenti proteici come carne rossa, formaggi e insaccati, è direttamente correlato ad un aumento di malattie cardiovascolari e di alcuni tumori, come quello del colon-retto.
Una dieta sbilanciata con poche fibre e molte proteine animali può modificare negativamente la flora intestinale, favorendo infiammazioni croniche e aumentando il rischio di malattie intestinali.
Non tutti gli studi concordano sui reali rischi delle diete iperproteiche, per esempio alcuni trial clinici hanno mostrato benefici a breve termine senza effetti avversi evidenti, soprattutto in soggetti sani e sportivi, tuttavia, gli effetti a lungo termine (oltre i 2–3 anni) restano poco studiati.
La posizione di molte società scientifiche, come l'European Food Safety Authority (EFSA), è che non esistono prove sufficienti per stabilire una soglia massima assoluta di sicurezza proteica, ma si raccomanda cautela soprattutto in persone con fattori di rischio renale, cardiovascolare o metabolico.
Le diete iperproteiche possono essere utili nel breve termine per perdere peso o migliorare la composizione corporea, ma non sono prive di rischi. Se protratte senza controllo, possono avere conseguenze su reni, fegato, cuore e ossa, oltre a creare squilibri intestinali e psicologici.
Non bisogna demonizzare le proteine, che sono fondamentali per l'organismo, ma è necessario inserirle in un quadro equilibrato e sostenibile.


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