Toni e timbri

Captatio benevolentiae

Toni e Timbri 27 - di Tony D’Ambrosio

"...Non so se è possibile immaginare qualcosa di più strano, ma dalla galassia quantospaziotemporale da cui Franco Scalzi, Gino Triste, i tre contabili, portieri di sopra e di sotto, segretarie e chissà quant'altri, si misero un po' nervosamente a rincorrer Panciariccia fino alla galassia dove s'era ficcato a rincorrere con Gadamer la stella moncherina, non passava chissà quale distanza siderale. La stella si muoveva nello spazio con la naturalezza più assoluta (e qui ci mancherebbe): ciò che rendeva sorprendente il resto, è che tutti gli altri, ma dico proprio tutti - da Gadamer a Panciariccia e tutti i colleghi imbufaliti sulle loro tracce - riuscivano a muoversi nel campo antigravitazionale con la stessa disinvoltura con cui avrebbero infilato uscendo il portone dal palazzo del Partito: meglio dell'immaginazione, meglio di un cartone animato. Va detto anche che le distanze, nello spazio quantotemporale dei nostri personaggi, è infinito come infinito è ogni spazio, ma anche minuscolo come solo l'immaginazione può farlo diventare. Certo poi verrà fuori chi dirà che il Tempo non esiste, che le distanze dipendono dal Tempo, e che se il Tempo non esiste le distanze si dovrebbero annullare, e di seguito il concetto di Infinito. Va bene.

"Ma se diamo per buono il Tempo, che a noi c'è stato tanto caro inventare per immaginarci eterni dal punto in cui appariamo, ebbene l'immaginazione può comunque spalmare su questo, e sul suo fratello Spazio, qualcosa di più grande: come, ad esempio, l'idea visiva di un nonnulla: il nonnulla che separò Panciariccia e quella stella dal raggiungere una galassia, e il nonnulla che impiegarono i funzionari di partito a raggiungere quei tre. A raggiungere ho detto? Beh, quasi, perché se la stella veleggiava molto forte - e mentre andava lievitava la sua mole (come se la misura di una cosa, o meglio, la sua aggregazion molecolare, sia direttamente proporzionale alla finitezza circostante, con la conclusione ovvia che se si passa da un soffitto al nulla cosmico la stella raggiungerà la sua nativa dimensione - avete mai provato a portare un elefantino di plastica, di quelli che si regalano ai bimbi, nella savana? Vi siete mai domandati cosa gli accadrebbe se la sua inanimazione si svegliasse? Non comincerebbe forse a crescere fino a dare il rango volumetrico all'idea che lo sottende?) - dicevamo, se la stella veleggiava molto forte, certo non si poteva dir che fossero da meno quella riccia pancia di Pancianostroriccia, e quel lungagnone un po' rimbambitello di Gadamer; ma altrettanto non si poteva dir fosse più lenta tutta la masnada un po' incazzata che seguendo quelle tracce le allargava e approfondiva.

La stella era ormai gigante, e Gadamer con Panciariccia avevano dimenticato perché stessero correndo: può accadere, può accadere di dimenticare il senso di quello che facciamo: era certo strano che questo accadesse durante una affannosa e folle corsa nello spazio a rincorrere una stella. Ma tant'è, Panciariccia e suo nipote d'elezione correvano perché era diventato giusto correre, perché non aveva senso niente né tantomeno cercare di capire un senso. Gadamer correva punto e basta. Panciariccia correva ormai perché correva Gadamer, e poteva sembrare anche, quello, un modello possibile di vita: correre, correre, non star fermi. Gli altri dietro sapevano perché correvano, ma fino al punto in cui magari Gino Triste chiedeva a Franco Scalzi se non fosse veramente quello il miracolo di Panciariccia, con Franco Scalzi che rispondeva laconicamente e molto saggiamente,

- E' tutto un miracolo perdincibacco!!... Io, te, l'alter ego di Panciariccia giardiniere, la rincorsa nello spazio, tutto tutto tutto!!!!.... Ma ti sembra così strano che in un racconto esistano miracoli?!
- Come 'un racconto'? – Gino Triste era rimasto l'unico a non sapere d'esser personaggio.
- Un racconto, sì... io, te, siamo tutti zimbelli di quel pazzo di D'Ambrosio che invece di stare lì a vendere le macchine ha deciso di torturare l'immaginazione di qualche lettore un po' pietoso inventando un povero cristiano come me: ma non per farlo stare in panciolle a Capoverde o nel letto di una femmina sontuosa, no!, a seguir perennemente quegl'imbecilli cui ha dato come nomi Gadamer e Panciariccia...

Gino Triste correva sconsolato. Provò a fermarsi, come per tentare un libero arbitrio, il libero arbitrio di un personaggio, la sua autonomia dalle invenzioni dell'autore: niente, non poteva, non aveva volontà,: fuori dalla sua nativa identità, poteva avere qualche tardivo raggio di luce ad illuminargli il senso del suo essere, ma quello che faceva, materia e sostanza della forma di un racconto, no, quello proprio non lo poteva mutare. Tutti, tutti erano lì e non potevano fare nulla che non volesse l'immaginazione della penna che era loro dietro. Dovevano solo aspettare quelle centinaia d'ore nelle quali, impossibilitato a scrivere o dimentico di farlo il loro autore, erano in balìa - ma inutilmente, perché fatica vana - dell'immaginazione del lettore. Ma lì, lì, lì mentre Gino cercava di fermare il suo passo per tradire la mano invisibile che lo muoveva, lì l'impotenza a ribellarsi era assoluta, lasciando tutti, personaggio, cose, persino il cosmo, nella perniciosissima giurisdizione dell'immaginazione del D'Ambrosio. Il quale ci stava raccontando di quanto questa stella stesse ormai diventando più grande di un pianeta; e di come fosse lì, ormai e incredibilmente lì, che Panciariccia e Gadamer, e Gino triste e Franco Scalzi, ora stessero correndo: rincorrendo chi sappiamo gli ultimi due: ma rincorrendo ormai, i primi, lo stesso sistema sul quale si trovavano: non se n'erano accorti: persi nella perdita di senso della loro corsa, Panciariccia e Gadamer non s'erano resi conto che la stella non c'era più o meglio, ch'era diventata il pavimento su cui stavano velocemente muovendo i loro piedi..."

- Cosa stai facendo?! – urlò D'Ambrosio rientrando nello studio avvedendosi della presenza di Geppino Fottuttìo alla sua scrivania intento a leggere chissà che cosa.

Geppino si alzò rapido come una saetta e si mise in un cantuccio rimanendo in piedi.

- Il Dio della giustizia e della Grazia ti illumini il volto e faccia scendere sulla tua sensibilità un raggio di perdono a me...

Tony doveva solo decidere per "cosa", allibire.

- Cosa stavi leggendo?
- Stavo leggendo le ultime puntate del racconto... sono bellissime...
- Chi ti ha dato l'autorizzazione?...
- Panciariccia è molto divertente lo vorrei conoscere...
- Chi ti ha dato l'autorizzazioneeee!!! – ancora una risposta sbagliata e Tony l'avrebbe fatto a pezzi.
- Ho pensato potesse essere uno spunto molto bello del racconto... Io che mi alzo e sbircio e leggo la puntata... Lo vuoi scrivere? Io t'aspetto....
Toni e timbri

Toni e timbri

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