Toni e timbri

Fauci stellari

Toni e Timbri 42 - di Tony D’Ambrosio

Ci fu uno scossone impressionante, sembrò che la terra volesse rivoltarsi a testa ingiù. Tutti istintivamente si presero per mano come per farsi forza e resistere alla caduta in fondo al cratere della stella. Come un colpo di frusta fu quello che scosse il cerchio dei figuri intorno a quella strana bocca che nessuno s'era mai messo a capire cosa fosse per davvero. Fino a poco prima si bivaccava, lì, in fondo amando quel bivacco più di quanto non fosse interessante trovare una soluzione. E ci erano riusciti, quei figuri assurdi e lontani dalle loro terre da quanto non si sa, ci erano riusciti a sentirsi estranei da tutto il mondo del Tempo che, rullando il suo tappeto sotto i nostri piedi, si infila in casa nostra mentre noi, invece di farlo sentire a casa sua, lasciandolo da solo ce ne stiamo alla finestra attendendo di scorgere all'orizzonte estremo la comparsa della sua altra estremità; ci erano riusciti a correre non dando senso alcuno a quella corsa che si poteva dir fosse un bighellonar correndo.

Sicché, seppure stanchi ma falsamente dispiaciuti del non trovar la stella, i nostri stupidelli amici era del tempo ormai che se ne stavano a guardare quel cratere, nessuno veramente interessato a decifrar quale fosse la natura di quel buco nero per profondità, o colore, o per entrambi. E in tutti quei mesi nessuno, si poteva dir – tranne il povero Chissàcché preso a pedate da Satrapo Bisticci -, nessuno aveva veramente provato prima un sentimento di paura. Quello scossone improvviso aveva fatto davvero rimetter piedi a terra, nel senso proprio di ricordarsi d'esser uomini. E fu terribile verificare come la prima cosa che facessero nell'istante in cui la reminiscenza della passione di vivere, dell'essere uomini, del sentirsi minacciati da qualcosa o da qualcuno, la sintomatologia del destino, dell'appuntamento, la soggezione cronologica, la cronopatia del vivere per sempre 'fuori' - fuori da qualcosa, fuori da qualcuno, fuori da una madre, fuori dalla terra, fuori dalle altre persone, fuori dal pianeta, fuori dal proprio corpo – fu quella di creare un 'tutto': forse per ridursi ad elemento di un sistema - piuttosto che sistema autonomo -, forse per eliminar la sensazione del 'fuori da', tutti si strinsero improvvisamente la mano, tutti fecero cordone.

E' questo che l'uomo non ha capito: che il suo destino amaro, in realtà, s'affretta molto più nella realizzazione della cordata, piuttosto che dell'indipendenza ad affrontar la morte. Perché nell'istante in cui la man di Panciariccia afferrò quella della moglie accanto a lui, e così via come per un effetto-onda, bastò che il primo, nella fattispecie Numerico Morato, se ne andasse giù nel buco sbalzato dal terreno, che venisse seguito a mano a mano dagli altri fino a fare tutto il giro. E quel che ne seguì, suddividendo il tempo in mille parti, fu sì il precipitare generale dentro quella bocca vuota, ma prima ancora, e più in dettaglio, la strana sensazione, per ognun di loro, che il dolore di veder cadere giù un dolce compagno di cordata, nell'istante stesso in cui ci s'accorge che la sua caduta provocherà anche la nostra, o peggio nell'istante stesso in cui ci accorgiamo che cadiamo solo noi, tutto il sentimento umano di solidarietà che abbiamo costruito in migliaia di anni culturali può sciogliersi in un solo, retrospettivo, potentissimo istante di egoismo naturale, vendicativo nei confronti della specie, e che ci porterà, camuffando la volontà assassina con disperazione, la volontà assassina con sopravvivenza, ad agganciarci al nostro vicino nella tensione subcosciente di agganciarlo al morire, a condividere il dramma, piuttosto che agganciarci noi al tentativo di condivider la salvezza. E' questa, psichicamente, la terribile verità del vivere: che noi non percepiremo mai l'umanità come un'entità che raccoglie altrettante patologie della solitudine: ma come un elemento solido che non soffre della stessa sindrome, come un elemento organico, non staccato, della terra da cui venimmo estratti.

Perciò l'onda: l'onda che li fece tutti inghiottire dalle fauci stellari: perché l'affetto non negò, all'inconscio ripudiato di Finanzio Tuttoquanto, l'idea di prendere con sé, giù nella rovina, Satrapo Bisticci che mentre precipitava giù si guardava in alto incrociando con lo sguardo quello del povero Regalato ora meno innamorato di quella Sanpappana che non riusciva a tradir completamente quella strana gioia che avea correndo tempo prima, ora incredibilmente intravedibile, nel marasma dell'angoscia di un istante, in quell'istante, appunto, in cui cadere rappresentava pure, in quell'anima stranissima, il condomino di un terrore e di un piacere, il condominio di un brivido d'orrore con lo spasmo, quasi sensuale, di un gigantesco vuoto d'aria....

E Tony non riusciva: dopo innumerevoli tentativi, dopo innumerevoli evanescenti aperture di bocca, ancora le corde vocali, dure ancora della loro inerte sonnolenza, non riuscivano a vibrare per trasmettere, pur flebile come il mormorio di un orso stanco, una domanda a Geppino. Il quale, concentrato, vispo e adrenalinico come non s'era visto mai, non si sarebbe forse accorto, in quell'istante, di un caterpillar che sfondasse l'edificio... "De profundis, Panciariccia..." ...
Toni e timbri

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