Toni e timbri

Un carnefice fedele

Toni e Timbri 36 - di Tony D’Ambrosio

A vederla da lontano era sparita quella fila, quel lombrico che da tanto ormai la rigava in superficie. Si vedeva solo un buco nero, piccino piccoletto dall'altezza dove siamo nel mentre che scriviamo. Per la prima volta la vediamo ben dall'alto, la nostra stella moncherina, e abbiamo verso lei quella tenerezza naturale che ci suscita, guardandolo, un uomo tenuto in braccio da bambino. Eh sì perché l'abbiamo tenuta fra le mani, noi, con le dita agili di Gadamer, questa stellina che da piccolina s'era prestata a far da cavia a questo gioco di mettere una stella nella stella, un tondo nel tondino. Ammazzala quant'era grande adesso!... Ammazzala quant'era bella in mezzo al buio bianco-puntinato del cielo che era intorno! Non so se è perché di lei stiamo scrivendo, ma a noi sembra la stella... la più bella: e così, dallo spazio superiore in cui sostiamo, vediam persino scorgere, mai visti primi, i raggi della stella. Vedevamo solo quelli, ovvio, che ci era concesso guardando l'emisfero a noi rivolto: erano due. Due raggi e un buco. I raggi venivano creati da giganteschi riflettori messi lì da chissà chi, e facevano una potenza così forte che arrivavano a fondersi con altri raggi di altre stelle. In quel momento, a noi parve di essere in una rete luminosa, una rete di luce, una gabbia giallo-bianco ultravioletto che sembrava planimetrare l'universo intero. No, no, scusate, ci siam lasciati prendere dall'immaginazione, i raggi erano solo della stella moncherina, ma ci piaceva immaginare congiunzioni inesistenti, legami non possibili, strutture... boh, belle, affascinanti, inebrianti, Tony scrivi... sì sì ecco, ecco insomma questi raggi erano due, e il buco era uno, uno soltanto. In fila, stesi a terra a pancia sotto, con la testa incline al vuoto, come fanciulli ad ammirar cos'era dentro quel cratere, Panciariccia, Gadamer, Finanzio Tuttoquanto, Numerico Morato, Satrapo Bisticci, Franco Scalzi e Gino Triste e una decina d'altri uscieri, segretarie e entrieri: stavano in silenzio. Ogni tanto appariva e poi spariva Teresa Sanpappana con in braccio Regalato Chissàcché. Proprio così, l'apparizione di un istante, e sparizione immediata: tanto che nessuno fin'allor se n'era accorto. La verità era che da tempo, lì in via Storta 00 di farina a casa Chissàcché, Teresa Sanpappana intimava a Regalato, con le buone o le cattive, di 'liberarla' nuovamente sulla stella: il problema era che non le usciva dalla testa. La Sanpappana, intendo, non usciva dalla testa di Regalato; o meglio, non usciva dalla sua testa l'immagine di lui sotto la sua gonna: era l'unico modo in cui riusciva a immaginarla. Perciò, in quanto lettore poteva anche farle la cortesia di immaginarla sulla stella, ma il desiderio essendo così vivo in quanto uomo, non riusciva a disgiungere l'immaginazione pura del lettore da quella meno pura del maschietto. Sicché immaginarla era un tutt'uno con lo starle sotto, toccarla, annusarla. E lei era disperata, perché se lui ottemperava alla richiesta d'immaginarla su, dimorata nello spazio della stella, lui lo faceva, ma si ritrovava insieme a lei. La questione più terribile era però quella concernente il contrario a tutto questo: la Sanpappana lo supplicava di ripensarsi a Zigghezzagghe, ma in un battibaleno ci si ritrovava pure lei perché a lui, lei, non gli si levava dalla testa. La Sanpappana, ventiquattromila leghe quantospaziotemporali in basso, aveva in braccio adesso Regalato Chissàcchè, in posizione di allattamento, e lo cullava sperando che si addormentasse.

- Dormi dormi bello stron...

- Mi stavi per dire stron... – la interruppe Regalato.

- Non si dicono le parolacce!!! – lo interruppe la Sanpappana non resistendo alla tentazione di un sonoro schiaffo sul dorso di una mano, di quegli schiaffi terribili che schiacciano le vene quando sono un poco gonfie – Su, su, dormi dormi bel bambino...

La strategia era quella, ormai, di addormentarlo: chissà, magari, sciolto dal legame 'cupidigio', tornava a immaginarla sola, per quel che era, un semplice personaggio sciolto dai suoi privatissimi interessi. Certo lei avrebbe dovuto fare leva sulle fasi ipnagogiche di lui, quelle di quando si prende sonno, e lì, nell'attesa che si inverasse la strategia morfeica, cominciare a dirgli cose tipo: "Regalato pensa alla Sanpappana sola soletta che se ne corre sulla stella"... oppure che ne so "Pensa a Teresina tua che si fa brutta e monachella"... Regalato non riusciva a addormentarsi. Lei tentò di prenderlo in contropiede, e ad una velocità supersonica gli urlò all'orecchio:

- Pensami ora sulla stella subito e da sola se non lo fai muoriii!!!!!....

Regalato si spaventò. La Sanpappana si ritrovò a gambe insù sulla stella moncherina, proprio accanto a Panciariccia.

- Che ci fai tu qui?

Dalla gonna della Sanpappana uscivano due gambette: non le sue, quelle di Regalato: niente da fare troppo forte il desiderio di lei, più forte, più strutturale della paura di morire.

- Teresa!!! – le gridò avvedendosi di quella strana, sottanesca intrusione suo marito.

Regalato schizzò fuori dalla gonna di Teresa.

- Eh? – compassata, rassettandosi, rimettendosi in piedi, come se nulla fosse, le rispose la sua moglie.
- Eh!... – come a dire "Non lo so fa tu, dì tu, se ti sembra una cosa tanto normale tenersi uno fra le gambe..."

- Taglia corto Panciariccia sei un marito che non c'è segui stelle senza senso, sei sdraiato a guardare buchi neri, non ti alzi non mi baci e pretendi chissà cosa...

- Moglie bella tu non sei del mio partito ed io vorrei sapere che ci fai qui su questa terra...

- Non è una terra e quella stella quella stella che cercate che è qui sotto di voi e s'è bucata qui per noi...

- Rimi?

- Rimo.

- E tu chi sei?.. - chiese minaccioso Panciariccia a Regalato.

Regalato era in preda a due chili di terrore: accanto a lui, infatti, in piedi, anche lui minaccioso, e immobile e monello, Satrapo Bisticci s'era sollevato dal vedere il panorama dentro quel cratere per terrorizzare così, senza senso, con la semplice prossimità corporea, con un semplice, profondo sguardo occhi negli occhi, la sua vittima strapreferita. Regalato non sapeva più chi più guardare: se la Sanpappana, che fra la dissimulazione di una non-chalance verso il marito lo fulminava con occhiate assassine, se Panciariccia, l'esimio protagonista del racconto un po' con lui incazzato perché vistolo in mezzo alle gambe di sua moglie, o Satrapo Bisticci, il suo carnefice fedele...
Toni e timbri

Toni e timbri

Il paese di Zigghezzagghe

Indice rubrica
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De profundis pimpinella 6 febbraio 2010 De profundis pimpinella
Fauci stellari 29 gennaio 2010 Fauci stellari
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