I Due gemelli. L'equivoco è servito in salsa appulo campana

Una recensione di Giovanni Ronco

giovedì 13 marzo 2008
La rappresentazione teatrale "I due gemelli" di Domenico Clemente lascia il sorriso sulle labbra e il pensiero che una volta tanto è bene ricordare che gran parte delle commedie di oggi, a cominciare dalle osannate (dal pubblico) opere in vernacolo, per proseguire fino al genere brillante, prendono le mosse proprio dal "Padre Plauto"; nel senso che è proprio dalla commedia classica plautina, di cui "I due gemelli" è una delle testimonianze più pregnanti e significative, che gran parte del teatro italiano, e non, s'ispira quando deve racconatre una storia basata sull'inganno, sugli intercci a doppia mandata tra file di personaggi principali e secondari, sugli equivoci più assurdi e sul tradizionale scambio di persona, di cui l'opera portata all'Impero di Trani da Domenico Clemente è un grande emblema. Si ride di gusto, si apprezzano le contaminazioni del dialetto pugliese e partenopeo e si lascia il teatro pensando che lo "scherzo" plautino è parte integrante della nostra vita, dai sotterfugi della politica, fino alle bassezze tra parenti (serpenti). Un tocco di sana ironia sui malcelati vizi dei romani di oggi e indirettamente degli italiani di oggi. Da rivedere con gli amici, per capire la satira sociale.

Giovanni Ronco