Statuti Marittimi, nuovi ritrovamenti e ipotesi di ricerca

Sugli sviluppi degli studi presto una conferenza alla Lega Navale

giovedì 29 maggio 2014 8.43
Si terrà il mese prossimo, esattamente il 13 giugno, la conferenza di Luciano Carcereri, presidente della sezione tranese della Società si Storia Patria per la Puglia. Il dottor Carcereri, attraverso una indagine capillare sulle edizioni cinquecentesche e sulle fonti bibliografiche del dibattito iniziato nel primo quarto del XIX secolo, ha potuto ricostruire una serie di relazioni e riferimenti che assicurano una messa a fuoco appropriata di tutta la vicenda degli Statuti marittimi di Trani.

Gli Statuti Marittimi di Trani, pur essendo del 1063, godono di una peculiarità che contraddistingue la fortuna di questo testo giuridico, vanto della cittadina pugliese. Sono conosciuti e divulgati solo ed esclusivamente tramite edizioni a stampa. E siccome la stampa a caratteri mobili è invenzione della seconda metà del Quattrocento, la tradizione del testo nei primi secoli della sua diffusione è avvenuta tramite supporti che non sono pervenuti fino a noi (o che non sono ancora stati scovati negli archivi).

La prima edizione a stampa degli Statuti è del 1507 a Venezia, pubblicata a cura di un personaggio marchigiano, Marco Martelli, che aveva ricevuto dal Comune di Fermo l'incarico di collazionare i vecchi statuti della città. Il volume del 1507, che contiene in appendice la prima edizione nota degli Ordinamenta et consuetudo maris edita per consules civitatis Trani, non giungerà mai a Trani e neppure nei confini del Regno di Napoli. Infatti non risultano posseduti esemplari degli Statuta Firmanorum del 1507 da parte di biblioteche del Mezzogiorno d'Italia. Stessa sorte tocca più o meno all'edizione successiva, pubblicata a Fermo nel 1589. Tant'è che Marino Freccia, un giurista napoletano del Cinquecento, in una sua monumentale opera, De subfeudis baronum et investituris feudorum del 1554, parlando della magistratura dell'Ammiragliato del mare, dice che nel Regno tutte le controversie, le liti e le decisioni che attengono all'attività marinara sono giudicate sulla base dei principi contenuti nella Tavola amalfitana. All'affermazione di Marino Freccia hanno attinto tutti gli storici regnicoli dei secoli successivi e la norma tranese rimarrà ignorata dalla storiografia giuridica napoletana.

L'artefice della fortuna del testo giuridico tranese sarà nell'Ottocento il ricercatore e storico francese Jean-Marie Pardessus, che, con la riscoperta e la valutazione critica del testo, favorirà la genesi di un dibattito storiografico europeo tuttora in corso.