«Trani, la Dubai della Bat»

Legambiente contesta la previsione di sviluppo urbanistico. «Errate e patologiche le previsioni per 100.000 abitanti»

giovedì 17 febbraio 2011
«L'imminente approvazione dei piani urbanistici esecutivi trasformerà la nostra città dalla perla dell'Adriatico alla Dubai della Bat». E' questa la considerazione dei soci del circolo di Trani di Legambiente.

«Non più chiese, ville e giardini storici o edifici di archeologia industriale a caratterizzare lo skyline della città, bensì nuovi ed innovativi edifici di foggia moderna di ben 11 piani, fieramente svettanti su quelli esistenti, di soli miseri 5-6 piani, addirittura incombenti su giardini storici e su scuole. Del resto, chissenefrega se i bambini della scuola materna Pozzo Piano affacciandosi alle finestre vedranno crescere palazzi alti 34 metri al posto degli alberi: Dovranno pure abituarsi alla modernità che avanza ignorando fondamentali normative nazionali e regionali quali la valutazione ambientale strategica ed il documento regionale di assetto generale».

Secondo Legambiente «i grattacieli sono frutto di un errato e patologico superdimensionamento del piano urbanistico generale, su previsione di ben 100.000 abitanti, che produrrà effetti devastanti sul territorio, grattacieli che getteranno un'ombra sinistra su edifici, ville, giardini e scuole».

Da qui la domanda: «Chi vorrà mai abitare in quegli edifici, in quelle ville? Chi vorrà mai passeggiare in quei giardini, chi vorrà mandare i propri figli in quelle scuole senza aria e luce, sottostanti l'opprimente sagoma di aliene torri di cemento che nulla hanno di mediterraneo ma che evocano solo insaziabili appetiti speculativi? Non fraintendeteci, non siamo contrari alla modernità architettonica, ma riteniamo di gran lunga più importante il paesaggio e il rispetto di quello che gli addetti ai lavori chiamano il genius loci, lo spirito del luogo che conferisce un carattere unico e indelebile a ogni città. Ci sembra che la costruzione di questi funghi moderni e innovativi non farà altro che generare un solco profondo tra la nuova architettura e il suo contesto, contribuendo alla perdita d'identità della popolazione e al disamore delle nuove generazioni per la nostra città. Fermiamo questo scempio finché siamo in tempo».