Franzoni, in mobilità i 155 lavoratori

Situazione drammatica. Le reazioni sulla stampa

lunedì 19 maggio 2008
Si è aperta ufficialmente la procedura di mobilità per i 155 lavoratori dello stabilimento tranese della Franzoni Filati. La comunicazione ufficiale è stata inoltrata venerdì dall'azienda alla Agenzia regionale per il lavoro, alla Provincia di Bari ed ai sindacati.

La mobilità potrebbe significare, per i dipendenti della sede di Trani, la perdita di ogni possibilità di ottenere un posto di lavoro in una eventuale azienda alternativa da insediare in quel posto (cosa molto difficile).

Fino a qualche anno fa la Franzoni Filati era uno dei più importanti gruppi cotonieri nazionali, con cinque stabilimenti in Italia, fra cui Trani. Dopo aver compiuto importanti investimenti per lo sviluppo dei suoi stabilimenti, la Franzoni ha cominciato a chiudere con sensibili perdite di bilancio che hanno prodotto, oltre ad una riduzione degli investimenti, la chiusura di tutte le sedi ad eccezione di quella centrale di Esine.

Lo stabilimento di Trani, aperto nel 1990 con i fondi della legge ex 488, ha patito la profonda crisi a cavallo tra il 2006 ed il 2007. Nel luglio scorso aveva cessato l'attività. A partire da settembre 2007, i dipendenti sono finiti in cassa integrazione straordinaria. Adesso il provvedimento di mobilità, accolto con preoccupazione un pò da tutti, come testimoniano le dichiarazioni raccolte dai giornali.

Sul "Corriere del Mezzogiorno", il rappresentante della Uilta Uil della Franzoni, Mimmo Cognetti ha dichiarato: «Per bloccare le procedure occorre trovare un'altra società disposta a riconvertire. Solo così la mobilità non andrebbe avanti e si potrebbe ottenere un periodo ulteriore di cassa integrazione. Se così non fosse, i dipendenti dal 17 settembre prossimo verrebbero messi in mobilità per un anno e poi stop».

Sulla "Gazzetta" è stato riportato un intervento del sindaco di Trani, Giuseppe Tarantini: «È una notizia che prima o poi ci aspettavamo. Noi stiamo andando avanti sperando, attraverso il rapporto con la Regione, di riuscire a dare una risposta alla domanda di occupazione di queste persone. Da soli non possiamo fare molto, ma stiamo mettendo a disposizione tutto quello che è possibile per cercare di andare incontro alle esigenze di queste famiglie».