Laurora annuncia il comitato del "si" nella sesta provincia

I coordinatori della CdL: «La riforma costituzionale è equilibrata e ben congegnata»

lunedì 19 giugno 2006
Su iniziativa del consigliere regionale di Forza Italia, Carlo Laurora, è stato costituito anche nella sesta provincia pugliese il "comitato del sì" in vista del referendum costituzionale. Alla costitutizione del comitato hanno partecipato anche i coordinatori provinciali di Alleanza nazionale, Giuseppe Tarantini, e dell'Udc, Nicola Giorgino.
"La riforma costituzionale approvata nella scorsa legislatura dalla Casa delle Libertà – hanno spiegato i tre coordinatori dei partiti della CdL - è equilibrata e ben congegnata in tutte le sue parti. Essa, infatti, introduce la figura del primo ministro a cui affida poteri effettivi, come la nomina e la revoca dei ministri, la possibilità di ottenere lo scioglimento delle Camere in caso di impossibilità di governare, impedisce i ribaltoni, rende più rapida e meno confusa l'approvazione delle leggi; riduce il numero dei parlamentari".
"A differenza di quanto dice la sinistra – ha poi aggiunto Laurora - la riforma della CdL non divide l'Italia, anzi la unifica dopo che il cambiamento del Titolo V, quello sul rapporto tra Stato e Regioni, voluto dal centro sinistra nel 2001 ha provocato molti danni. Nella nostra riforma le Regioni si occupano in maniera esclusiva di tre cose: organizzazione del servizio sanitario, organizzazione della scuola (ma non programmi di studio) e organizzazione della polizia locale (i vigili urbani). Delle altre cose si occupa lo Stato. Con la riforma della sinistra (attualmente in vigore), invece, c'è un'ampia area di competenze di cui sono titolari insieme Stato e Regioni, con il risultato di provocare la paralisi nelle decisioni. Il che è molto grave in alcuni settori come l'energia, i trasporti e le infrastrutture. Infine la nostra riforma prevede la clausola dell'interesse nazionale, che oggi non esiste. Dunque la nostra è una riforma federalista e unitaria, che favorisce il Sud, perché lo mette in condizione di non dover dipendere totalmente da Roma e di iniziare a organizzare le proprie strutture autonomamente, sulla base delle esigenze locali. E non riduce le risorse destinate ai servizi, perché il federalismo fiscale - da realizzare subito dopo - prevede fondi compensativi per le Regioni dove le entrate fiscali sono inferiori a causa di minore attività economica".