Trani ride riscoprendo se stessa

"Verve, capidde e scembe". Guacci rilancia una comicità schietta

venerdì 5 dicembre 2008
Tutta la tranesità fatta di battute a bruciapelo, antiche tradizioni religiose e non, legate al rapporto coi propri cari, anche dopo la morte, (motivo conduttore, fino alla risoluzione finale), nella nuova commedia di Enzo Guacci e tutta la capacità di divertire con semplicità, ricostruendo quelle atmosfere di casa, di piccoli oggetti, come una foto, un ricordo, uno scialle, un modo di dire.



In "Verve, capidde e sciambe", commedia in vernacolo, la decima firmata dallo stesso Guacci, la risata torna a ondate, tra una scena e l'altra, un dialogo e l'altro, nascendo da quell'impercettibile contatto tra la nostra dimensione arcaica, le nostre paure e ricordi, la soddisfazione nel riconoscersi nelle frasi, nelle meschinità quotidiane e nel fatalismo di tranesi pronti a scontrarsi con le "stambate" del destino, unitamente al semplice desiderio di farsi due risate, alla faccia di chi ci vuole male.

Per Enzo Guacci (Felice di nome, ma infelice di fatto dopo la prematura scomparsa della bella moglie e costretto alla convibenza con la terribile suocera) e Rino Franco (davvero divertente anche il personaggio di quest'ultimo, un super gay doc e pronto a tutto) si profila per chi scrive il richiamo alla consueta frase del vino che più invecchia e più diventa buono, schietto, appagante, con schioppo finale in bocca.

Con questa sensazione uno esce dal teatro, pronto a ripetere alla prima occasione in casa, con la moglie, la suocera (a proposito, quella protagonista della commedia era un vero vulcano ed un fedele simbolo delle "siroche" frantumamaroni), le battute più riuscite, quelle che gli sono rimaste nella testa.



Anche stavolta l'Associazione Teatro Trani, promotrice di divertimento e solidarietà raccoglie, con Enzo in testa, il frutto di un sucesso di pubblico e di critica (come in questo caso), che deriva dallla passione e dall'impegno per la nobile arte teatrale, ma anche dal desiderio di far rivivere Trani in una vicenda lineare (vedi trama nell'apposito box), con personaggi realistici e immediati, principali e secondari e tutti rivolti alla promozione di una grande causa: continuare a mantenere vive le tradizioni linguistiche della nostra città e tutto quel corredo di valori cui siamo da sempre attaccati: gli affetti familiari, la battuta mordente, la frustata dell'ironia sui nostri stessi difetti.

Chapeau al cospetto di questo piccolo grande artista e scrittore di esilaranti commedie, insieme alla sua compagnia e a quel marpione del suo vecchio socio.

Giovanni Ronco

La storia di "Verve, capidde e scembe" è, come sempre, giocata sul filo degli equivoci e trae spunto da storie di estrazione popolare. Sisine, suocera di Felice Mequate, dopo la perdita del caro marito Stacchiucce e della figlia Celeste, non si dà pace. Suo grande desiderio è quello di sognare la figlia almeno una volta dopo cinque anni dalla sua dipartita. Vive in casa del genero che, dopo aver chiuso il salone da barba, svolge il suo lavoro tra le mura domestiche. Sisine non vuole che il genero si risposi, non accetta in casa la presenza di un'altra donna al posto della figlia Celeste, fino all'arrivo della sua cara amica Giuliette.
Come sempre, a sostenere Enzo Guacci in questo lavoro, la famiglia di sempre di amici e attori. Rino Franco (interpreta Sandine Cancella, fratello un pò particolare di Giuliette), Barbara Palumbo (la megghiaire de Feleice), Franco Precchiazzi (l'attane de Feleice), Giuseppe Povia (u' figghie), Rosa Gimmi (la serauche de Feleice), Marco dell'Orco (ex varvìere), Cristina Di Gennaro (la cheggeine de Cherrare), Giovanni Lops (u' cherneciare), Emanuele Palmieri (u' nepaute de Seriudde), Grazia Amoruso (l'amaènde de Felice), Rosaria Amoruso (na' promessa zeite). E, ovviamente, Enzo Guacci, l'immancabile cape famigghie.