Zaid Ayasa e Anna Gataleta inaugurano heART of Gaza a HUB PortaNova

Una mostra che offre uno sguardo autentico sull’infanzia palestinese

sabato 30 agosto 2025
A cura di Carla Anna Penza
Il 28 agosto, presso HUB PortaNova, Zaid Ayasa e Anna Gataleta hanno inaugurato la mostra «heART of Gaza "l'arte dei bambini dal genocidio"» un progetto itinerante nato per raccontare attraverso l'arte l'infanzia negata dei bambini palestinesi. heART of Gaza è stato ideato dall'artista palestinese Mohammed Timraz che ha preso vita nel cuore martoriato di Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza. Qui, Timraz ha creato uno spazio chiamato la Tenda degli Artisti, un luogo simbolico in cui ai bambini è concesso, almeno per qualche ora, di giocare, sognare e immaginare un futuro possibile. Attraverso l'arte, questi piccoli trovano un canale per esprimere la loro realtà quotidiana fatta di guerra, paura, ma anche di resistenza e speranza.

La mostra non è pensata per suscitare pietà ma vuole invece offrire un'occasione di ascolto e di riflessione sulla distanza che separa l'infanzia in Palestina da quella vissuta altrove. I disegni esposti sono le opere originali dei bambini della Tenda, raccolte da Timraz, digitalizzate e inviate in Europa con l'intento di farle viaggiare e farle conoscere a più persone possibili. Infatti l'idea di portare queste testimonianze anche nelle scuole potrebbe essere utile per mostrare agli studenti, in maniera diretta, le condizioni di vita dei giovani palestinesi.

Anna Gataleta, una delle curatrici della mostra, racconta di aver scoperto il progetto attraverso i social. Colpita dalla forza del messaggio, ha deciso di contattare direttamente Timraz. Dopo una videochiamata in cui l'artista ha condiviso la sua storia e la genesi del progetto, Anna ha deciso di portare la mostra a Trani, coinvolgendo l'artista e amico palestinese, Zaid Ayasa, che ha fornito un contributo essenziale sia dal punto di vista umano che artistico. "La difficoltà più grande," racconta Anna, "è quella di comprendere veramente cosa significhi essere palestinesi. Non basta leggere, guardare documentari o informarsi. Avere accanto qualcuno che quella realtà l'ha vissuta, che può spiegarti senza filtri la verità quotidiana, è stato fondamentale."

I disegni in mostra colpiscono per la loro semplicità e immediatezza: sono su carta spesso sgualcita, a volte macchiata, a tratti rovinata. Eppure, è proprio in questa imperfezione che si trova la loro forza. I disegni raccontano la quotidianità di questi bambini, all'apparenza normale ma in realtà molto drammatica: loro disegnano feste di compleanno, famiglie al mare e piccoli momenti di convivialità, ma anche soldati, carri armati ed esplosioni. Una dualità che riflette l'esigenza dei bambini di trovare stabilità e certezze nonostante la loro vita sia sotto assedio.

Zaid, artista palestinese, ha vissuto con forte intensità la preparazione della mostra. Guardare i disegni dei bambini gli ha fatto rivivere la propria infanzia. "Mi sono sentito come loro," confida. "La metà dei disegni parla di guerra, l'altra metà di vita. Questo mi ha colpito profondamente. È come se mi fossi rivisto: io che da piccolo disegnavo, io che cercavo di essere felice nonostante tutto." Zaid racconta: "Abbiamo imparato a sorridere anche nelle peggiori condizioni. Sorridiamo per resistere. È una forma di sopravvivenza, ecco perché, anche se questi bambini hanno perso tutto, li vediamo in questi ritratti ancora sorridere"

L'allestimento è stato pensato da Anna e Zaid per evocare una "stanza dei giochi", un luogo visivamente caotico e colorato, che richiama l'innocenza dell'infanzia. Solo che, osservando da vicino i disegni, si resta turbati: accanto ai colori accesi e ai soggetti infantili, appaiono immagini di guerra, di violenza, di perdita. Questo contrasto è voluto per evidenziare le condizioni di vita dei bambini palestinesi e portare ad una riflessione più profonda sul significato dell'infanzia "privata" .

Una sezione della mostra è dedicata ai ritratti dei piccoli artisti, accompagnati da dichiarazioni scritte da loro stessi. Leggere quelle parole, spesso di una maturità disarmante, spinge a porsi domande scomode: com'è possibile che un bambino di cinque anni parli della morte, della paura, della sopravvivenza, con tanta lucidità? La mostra, che sarà visitabile fino all'11 settembre, non è solo un'esposizione ma un atto di ascolto e rispetto, un invito a conoscere i bambini di Gaza non come vittime, ma come persone. "Non possiamo fare nulla per la Palestina," conclude Anna, "se prima non impariamo a conoscerla, e heART of Gaza è un primo passo, un piccolo ma necessario tentativo di avvicinamento quella realtà difficile."




















heART of Gaza
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