L’eleganza pianistica di Pasquale Iannone al Castello Svevo di Trani

È terminata ieri la seconda edizione del “Trani Classic Festival” confermando il successo dell’iniziativa

lunedì 1 settembre 2025 17.36
A cura di Adriana Fabrizio
Il "Trani Classic Festival" ha accompagnato l'agosto tranese portando nella città e, in particolare, nel castello, musica e musicisti di eccellente calibro artistico. L'ultimo di questi è stato, ieri sera, il Maestro Pasquale Iannone, di origine barlettana, docente di pianoforte principale presso il Conservatorio di Musica "Niccolò Piccinni" di Bari. Quella che è andata in scena ieri è una lezione di pura eleganza pianistica: se si potesse descrivere, infatti, l'esecuzione del Maestro Iannone con un solo aggettivo, si potrebbe utilizzare proprio questo: elegante. Il musicista ha eseguito magistralmente un repertorio di straordinaria difficoltà tecnica, senza mai scadere nella perfezione arida e fine a se stessa, ma unendola sapientemente alle emozioni che la musica può trasmettere.

La sonata op. 57 "Appassionata" di Beethoven ha aperto il concerto, per proseguire con l'emblema del romanticismo musicale, Chopin, di cui è stato eseguito lo Scherzo n. 4, op. 54. Il Maestro ha voluto compiere un viaggio nel tempo che dal romanticismo passa alle note tipiche del tardo Ottocento con Rachmaninov e i suoi impetuosi, appassionati e – a tratti – drammatici sei "Momenti Musicali op. 16" e terminare con l'eccellente allievo di Liszt, Rosenthal, di cui è stato eseguito "Carnaval de Vienne", un brano dalle mille sfaccettature, un tripudio di suoni diversi e da cui traspare tutta l'influenza che il maestro ha avuto sull'allievo.

Il Maestro Pasquale Iannone ha suonato ininterrottamente per più di un'ora e mezza, strabiliando il pubblico, senza esitazione alcuna, senza mostrare alcun segno di fatica, ma anzi dimostrando la grande esperienza che fa di lui il grande artista che è: non ha avuto alcun bisogno di esagerazioni sceniche ma solo del suo pianoforte e della sua persona, con il grande talento di cui è dotato.
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L'intervista al M° Pasquale Iannone: Il percorso è tendenzialmente cronologico. Si parte dal classicismo da questa grande struttura che è quella beethoveniana. Si consideri che la sonata op. 57 "Appassionata" di Beethoven, che dura 25 minuti, è costruita su tre note. E su tre note Beethoven è riuscito a mettere su una montagna di musica. Si passa poi all'idea romantica più intima del quarto scherzo di Chopin, che è l'ultimo Chopin, quello più vicino a sensazioni ed emozioni più evanescenti. Il Rachmaninov è molto particolare perché quella serie di pezzi, perché sono sei, sono stati scritti in un mese. Rachmaninov è diventato uno straordinario pianista in America. Forse è, insieme a Liszt, nell'Ottocento e nel Novecento, il più grande pianista che sia mai esistito. Rosenthal, che è stato allievo di Liszt, ha specialmente in questo pezzo una parte di tardoromanticismo un po' decadente, che è un po' da salotto parigino. Queste melodie così note, sono gestite in maniera straordinaria sotto il profilo pianistico. Si vede tutta la grande caratura pianistica di Rosenthal, allievo di qualcuno che è stato il capostipite del recital pianistico, che è Franz Liszt. Ma guardi, il tecnicismo è sempre una cosa un po' antipatica perché non è comunicativo. L'idea è entrambi perché c'è l'aspetto classico severissimo che è quello di Beethoven e poi quello decisamente romantico e tardoromantico, Chopin romantico e Rachmaninov e Rosenthal che è una parafrasi su temi molto famosi di Strauss che è musica anche divertente, tecnicamente è abbastanza complessa però molto divertente per il pubblico. L'emozione c'è sempre, ogni volta, questo è decisamente un posto meraviglioso, ma il confronto (emotivo) è sempre con sé stessi e questa cosa pesa sempre tutta la vita e man mano che ci si diventa più grandi lo è sempre di più. Un po' sì, questo è proprio dall'età. Un giovane a vent'anni è pieno di energia, direi nel caso maschile di testosterone, che in qualche modo deve esplodere. Man mano che si invecchia si vedono altre sfaccettature della musica e l'aspetto più intimo, più interiore diventa sempre più interessante e più profondo. Lo dico da pianista più anziano, il periodo della "Golden Age of the Piano", che è stato, fra fine del 1800 e la fine del 1930, un periodo straordinario, in cui tutti i pianisti non erano semplicemente pianisti, erano degli artisti con una personalità spiccatissima, ognuno diversa, e con una ricerca del suono che in qualche modo un po' si è persa. Il '900 ha un po' prosciugato tutto questo aspetto, ma adesso comincia a tornare la necessità di comunicatività così forte come era quell'epoca, dove c'era, sebbene in una qualità pianistica straordinaria, un'aderenza al testo straordinaria, una libertà che un po' si è persa. La speranza è che ritorni, è una speranza. Si cerca di farlo sia noi da pianisti che suoniamo, ma devo dire che anche si cerca di portare gli allievi, i giovani, verso quella maniera di pensare.
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