S'inaugura oggi a Palazzo Beltrani la mostra di Dario Agrimi, Scatola nera

L'esposizione raccoglie i lavori dell'artista realizzati tra il 2008 e il 2018

sabato 7 luglio 2018 12.16
Stasera, alle ore 19.00, il Palazzo Beltrani ospita la mostra personale di Dario Agrimi (Atri, 1980) dal titolo Scatola nera. L'esposizione, la prima antologica dedicata all'artista che vive ed opera a Trani, raccoglie una ampia selezione dei lavori realizzati tra il 2008 e il 2018. Installazioni ambientali, dipinti, sculture, video e fotografie raccontano la ricerca polimorfica di Agrimi, caratterizzata dal ricorso a un linguaggio irriverente, iconoclasta, cinico e grottesco, specie nell'indagine sul ruolo e sulla funzione dell'artista nel più ampio sistema dell'arte, della cultura e della società.

La mostra occupa interamente il piano nobile di Palazzo Beltrani (oltre agli ambienti esterni) e si articola attraverso le varie stanze, compresi i servizi, in un percorso che documenta un'evoluzione non solo biografica ma soprattutto stilistica, dove i temi dell'identità, della memoria e dell'ipertrofia individuale propria dell'artista contemporaneo, si intersecano con le costrizioni morali, le riflessioni etiche e la speculazione filosofico-religiosa. Ne risulta un programma espositivo complesso che continuamente rilancia l'attenzione, la curiosità e la reazione dei visitatori, chiamati a mettere in questione le proprie indiscusse certezze.

Pensata come un inquietante dispositivo memoriale, Scatola nera è l'archivio della produzione artistica di un decennio, quasi il tentativo di facilitare l'indagine critica dopo un grave incidente (uno scontro con l'arte stessa). Molti tuttavia sono i lavori inediti, quasi desecretati per l'occasione, opere con cui Agrimi riflette sulla relazione tra sacralità religiosa e laica, specie attraverso interventi che indugiano su un ironico culto della personalità, a partire dall'immagine stessa della mostra – esplicito omaggio a Gino De Dominicis – con cui l'artista annuncia la propria mostra attraverso il proprio manifesto funebre: relazione incestuosa tra arte e vita che sembra produrre ad un tempo feticismi e necrofile.