"Sistema Trani", svelati alla magistratura i giochi di potere della cupola

Tra gli ascoltati anche Corrado (Ncd), le sue solo motivazioni politiche

lunedì 22 dicembre 2014 10.33
Manuale Cencelli, Prima Repubblica, cambiali politiche. Non è il 1992, ma lo scenario presentato alla magistratura durante l'inchiesta che incastrerebbe, in attesa del processo, la cupola del "Sistema Trani". Una piena visuale sui giochi di potere che alle indagini è stata offerta dalla deposizione di Giuseppe Corrado, attuale esponente dell'opposizione e del Nuovo Centro-Destra e precedentemente eletto in quota Pdl in Consiglio Comunale. Posizione, però, che per Corrado era già finita prima delle elezioni: la sua testa, infatti, sarebbe stata promessa da Fitto a Di Marzio, in cambio della non-candidatura di quest'ultimo. Il messaggio chiaro di Corrado tuttavia è legato esclusivamente al mondo "politico", le sue posizioni sono più volte emerse dai suoi interventi pubblici anche durante i consigli comunali. Insomma non è Corrado il "testimone chiave" di questa inchiesta.

Il consigliere comunale, ascoltato dal pm Michele Ruggiero, ha fatto sapere: punito per aver svolto il ruolo di oppositore interno al partito. L'accordo per il sostegno a Riserbato, tra Di Marzio e Fitto, avrebbe portato al primo, oltre che la testa di Corrado, anche l'incarico di vice-sindaco e assessore, nonché di commissario del Pdl tranese, per poter gestire tutte le nomine, l'aspetto politico ma anche per sfruttare le ingerenze dello schieramento. Lo stesso consigliere dell'opposizione ha ricordato come avesse intrattenuto, con altri due arrestati (Damascelli e Musci), intense chiacchierate: al primo aveva sconsigliato di contrarre promesse difficili da mantenere agli elettori, che poi avrebbero voluto che queste fossero onorate (con adeguati favori); dal secondo, invece, era stato informato come la scelta delle dimissioni fosse giunta proprio alla luce di quanto aveva commesso: «Mi parlava di una scelta ponderata - è quanto trapela da fonti investigative - perché Di Marzio gli aveva fatto fare cose che non doveva fare, mi disse che non viveva più, che non riusciva più a reggere».

Si ricostruiscono, man mano, le dinamiche di potere dentro Palazzo di Città: l'impressione è che la macchia d'olio si vada allargando e che la città sia ormai alle soglie di un blackout politico che trascinerà Trani in un immobilismo catatonico.