La lirica di Valente che piacque anche a Napolitano
Italia 150, TraniViva raccoglie altre testimonianze per la festa dell'unità nazionale. Stupida Italia, il testo integrale
mercoledì 16 marzo 2011
18.28
Domenico Valente è un cittadino tranese residente in via Gramsci. Attento alle dinamiche politiche nazionali ed appassionato di poesie e letteratura, ad agosto del 2007, in un clima di intolleranza e insofferenza, come quello che tutt'oggi attraversiamo, nel quale parti faziose inneggiavano alla devisione dell'Italia ed in cui lo stesso Inno di Mameli era divenuto scomodo testimone di una tanto sofferta e auspicata unità, Valente volle dedicare al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, una lirica (Stupida Italia), ottenendo il plauso del capo dello Stato attraverso una risposta scritta del segretariato generale della presidenza della Repubblica.
Quella lirica, oggi come ieri, è attualissima. «Immaginai l'Italia – spiega Valente – come una nobile dama d'altri tempi, dal fascino serafico e dall'invidiabile bellezza, tanto desiderata e corteggiata, da vedersi, di volta in volta, perfida megera verso coloro i quali non riuscirono a far breccia nel suo appassionato cuore, o sposa umile e servile, verso chi riuscì a vestirla con i colori del proprio casato. Immaginai l'Italia come una dama allo sbando. Abbandonati quei solenni valori di cui era stata testimone, s'era lasciata trascinare, in un continuo girovagare, in eleganti salotti di buffi signorotti che, in un clima di leggerezza e spensierata goliardia, ne decidevano inesorabilmente le sorti. Quella era l'Italia che mi aveva deluso, quella che mi aveva fatto soffrire e dalla quale sarei inevitabilmente fuggito. Oggi mi chiedo: è questo che vogliamo? Quanti reagirebbero con indifferenza nel vedere la propria amata, confusa e disperata, alla mercé di ignobili signorotti? Quanti resterebbero inermi nell'osservare la propria dimora smembrata e depredata dalla mano scellerata di un turpe malfattore?».
«L'Italia – prosegue Valente - è quel luogo testimone dei nostri passi, quello in cui dovremmo identificarci. Si riflette esattamente nella donna che amiamo, nella casa in cui abitiamo, nella famiglia a cui siamo visceralmente legati. Basta con gli eccessi di individualismo. Basta con il protagonismo. Difendiamo gli alti valori dell'uguaglianza, libertà e fratellanza, che, non sono esclusivo motto dei nostri cugini d'Oltralpe, bensì valori universali e indissolubili. Sforziamoci di essere orgogliosi di quanto abbiamo ereditato e, dagli errori del passato, poniamo le basi per il florido futuro della nostra Italia, ancora troppo giovane con i suoi centocinquant'anni di sofferta unità».
Di seguito, il testo della lirica Stupida Italia:
Un'impetuosa folata di vento s'imbatte sull'arenile,
sollevando granuli di sabbia che, come aghi, colpiscono il mio viso.
Il denso fumo, di un improvvisato focolaio,
sale alto verso il cielo confondendosi con l'oscurità.
La flebile luce di una luna sorniona accompagna i miei passi,
quando, il mio sguardo resta rapito dalle pagine di un libro che,
mosse dall'incedere del vento, s'aprono e si chiudono nervosamente.
Gli esaltanti momenti di storia descritti in quelle pagine sgualcite,
colpiscono il mio animo, facendo riaffiorare pensieri e riflessioni colmi di passione.
Freneticamente scalpitano nella mia mente,
quei trionfanti inni, quegli antichi poemi, i soavi canti
e le gloriose lodi, che hanno celebrato i tuoi tormentati amori
e le tue suggestive apparizioni.
Stupida Italia, la tua immagine riflessa in quelle spumeggianti acque
che s'aggrappano fervidamente alle tue morbide linee
non è più quella che un tempo ammiravo, quella che mi ammaliava,
che mi catturava, quella che legava indelebilmente il mio destino alle tue sorti.
Stupida Italia, è solo un ricordo quello in cui,
tu, bella e vanitosa, superba e sinuosa,
forte della tua antica discendenza, della tua superba cultura,
accoglievi tra le tue membra schiere di corteggiatori?
Oh, Italia, ricordi i tempi in cui, tu, Sirena nel Mediterraneo,
fosti sposa umile e servile, verso chi, con empia tirannia,
riuscì a vestirti con i colori del proprio casato?
Ricordi i giorni in cui ti mostrasti perfida megera,
verso coloro i quali non riuscirono
a far breccia nel tuo appassionato cuore?
I miei occhi potranno più osservarti mentre,
lembi delle tue eleganti vesti asciugheranno le lacrime
di coloro che, ammaliati dalla tua trionfante bellezza,
tanto desiderosi di possederti, sopporteranno l'umiliante fardello della sconfitta?
Oggi, ancora oggi, quando il palmo della mia mano
si riempie prepotentemente dell'umido terreno che
ricopre i tuoi immensi domini, sento salire impetuoso,
il flebile respiro di impavidi armigeri, che attratti dal tuo fascino serafico,
hanno inesorabilmente conosciuto le infinite distanze di quei luoghi senza tempo,
ove, perenne, regna la fitta oscurità.
Stupida Italia! L'ira mi assale.
Il mio repentino gesto, spinge quel vecchio libro
tra le tumultuose acque del mare che, dopo un lento naufragare,
s'inabissa trascinando con sé la tua gloriosa storia.
Stupida Italia, il pianto mi assale nell'osservare il tuo continuo girovagare
negli eleganti salotti di buffi signorotti che, tra nuvole di fumo
e fiumi di champagne, calpestano il tuo passato,
decidendo irrimediabilmente delle tue sorti.
Quella lirica, oggi come ieri, è attualissima. «Immaginai l'Italia – spiega Valente – come una nobile dama d'altri tempi, dal fascino serafico e dall'invidiabile bellezza, tanto desiderata e corteggiata, da vedersi, di volta in volta, perfida megera verso coloro i quali non riuscirono a far breccia nel suo appassionato cuore, o sposa umile e servile, verso chi riuscì a vestirla con i colori del proprio casato. Immaginai l'Italia come una dama allo sbando. Abbandonati quei solenni valori di cui era stata testimone, s'era lasciata trascinare, in un continuo girovagare, in eleganti salotti di buffi signorotti che, in un clima di leggerezza e spensierata goliardia, ne decidevano inesorabilmente le sorti. Quella era l'Italia che mi aveva deluso, quella che mi aveva fatto soffrire e dalla quale sarei inevitabilmente fuggito. Oggi mi chiedo: è questo che vogliamo? Quanti reagirebbero con indifferenza nel vedere la propria amata, confusa e disperata, alla mercé di ignobili signorotti? Quanti resterebbero inermi nell'osservare la propria dimora smembrata e depredata dalla mano scellerata di un turpe malfattore?».
«L'Italia – prosegue Valente - è quel luogo testimone dei nostri passi, quello in cui dovremmo identificarci. Si riflette esattamente nella donna che amiamo, nella casa in cui abitiamo, nella famiglia a cui siamo visceralmente legati. Basta con gli eccessi di individualismo. Basta con il protagonismo. Difendiamo gli alti valori dell'uguaglianza, libertà e fratellanza, che, non sono esclusivo motto dei nostri cugini d'Oltralpe, bensì valori universali e indissolubili. Sforziamoci di essere orgogliosi di quanto abbiamo ereditato e, dagli errori del passato, poniamo le basi per il florido futuro della nostra Italia, ancora troppo giovane con i suoi centocinquant'anni di sofferta unità».
Di seguito, il testo della lirica Stupida Italia:
Un'impetuosa folata di vento s'imbatte sull'arenile,
sollevando granuli di sabbia che, come aghi, colpiscono il mio viso.
Il denso fumo, di un improvvisato focolaio,
sale alto verso il cielo confondendosi con l'oscurità.
La flebile luce di una luna sorniona accompagna i miei passi,
quando, il mio sguardo resta rapito dalle pagine di un libro che,
mosse dall'incedere del vento, s'aprono e si chiudono nervosamente.
Gli esaltanti momenti di storia descritti in quelle pagine sgualcite,
colpiscono il mio animo, facendo riaffiorare pensieri e riflessioni colmi di passione.
Freneticamente scalpitano nella mia mente,
quei trionfanti inni, quegli antichi poemi, i soavi canti
e le gloriose lodi, che hanno celebrato i tuoi tormentati amori
e le tue suggestive apparizioni.
Stupida Italia, la tua immagine riflessa in quelle spumeggianti acque
che s'aggrappano fervidamente alle tue morbide linee
non è più quella che un tempo ammiravo, quella che mi ammaliava,
che mi catturava, quella che legava indelebilmente il mio destino alle tue sorti.
Stupida Italia, è solo un ricordo quello in cui,
tu, bella e vanitosa, superba e sinuosa,
forte della tua antica discendenza, della tua superba cultura,
accoglievi tra le tue membra schiere di corteggiatori?
Oh, Italia, ricordi i tempi in cui, tu, Sirena nel Mediterraneo,
fosti sposa umile e servile, verso chi, con empia tirannia,
riuscì a vestirti con i colori del proprio casato?
Ricordi i giorni in cui ti mostrasti perfida megera,
verso coloro i quali non riuscirono
a far breccia nel tuo appassionato cuore?
I miei occhi potranno più osservarti mentre,
lembi delle tue eleganti vesti asciugheranno le lacrime
di coloro che, ammaliati dalla tua trionfante bellezza,
tanto desiderosi di possederti, sopporteranno l'umiliante fardello della sconfitta?
Oggi, ancora oggi, quando il palmo della mia mano
si riempie prepotentemente dell'umido terreno che
ricopre i tuoi immensi domini, sento salire impetuoso,
il flebile respiro di impavidi armigeri, che attratti dal tuo fascino serafico,
hanno inesorabilmente conosciuto le infinite distanze di quei luoghi senza tempo,
ove, perenne, regna la fitta oscurità.
Stupida Italia! L'ira mi assale.
Il mio repentino gesto, spinge quel vecchio libro
tra le tumultuose acque del mare che, dopo un lento naufragare,
s'inabissa trascinando con sé la tua gloriosa storia.
Stupida Italia, il pianto mi assale nell'osservare il tuo continuo girovagare
negli eleganti salotti di buffi signorotti che, tra nuvole di fumo
e fiumi di champagne, calpestano il tuo passato,
decidendo irrimediabilmente delle tue sorti.