Vaso ed effigie distrutti in via Martiri di Palermo, i legali della famiglia Casale: «Chiaro atto intimidatorio»

E in una lettera al sindaco l'invito «a tenere sempre alta la soglia dell'attenzione su siffatti eventi, meritevoli di condanna senza appello»

domenica 28 febbraio 2021 10.22
A cura di Alessandra Vacca
Non hanno dubbi Felice Casale e i suoi difensori sul vile gesto avvenuto qualche settimana fa a Trani quando ignoti hanno distrutto per la seconda volta il vaso e l'effigie fotografica in memoria di Raffaele Casale in via Martiri di Palermo: per loro, come si evince nella denuncia sporta al Commissariato di Polizia, si tratta di un chiaro «atto intimidatorio» nei confronti di Felice Casale, in vista della riapertura delle indagini. Gli stessi legali hanno invitato l'affranto papà ad uscire per Trani sempre accompagnato da qualcuno.

Da qui la scelta di sporgere querela contro ignoti al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Nola, dove attualmente risiede la famiglia dello chef stellato scomparso nel 2017: un atto dovuto affinché la giustizia possa un giorno punire gli autori di questo ignobile gesto. Il vaso e l'effige ancora oggi non sono stati ripristinati data l'impossibilità della famiglia di uscire dalla Regione di residenza.

In virtù anche della conoscenza che legava Raffaele al sindaco Amedeo Bottaro, papà Felice nei giorni scorsi ha scritto una lettera al primo cittadino: «A mio sommesso avviso - si legge - tali fatti devono ritenersi sconcertanti, soprattutto perché posti in essere all'esito della riapertura delle indagini preliminari, tese ad accertare i fatti, per come realmente accaduti nella tragica notte del 17.8.2017». E da qui l'invito a «voler tenere sempre alta la soglia dell'attenzione su siffatti eventi, meritevoli di condanna senza appello, e negativi per l'immagine di quella parte maggioritaria della società civile della città da Lei amministrata».

A tutto ciò si aggiunge la farraginosità della macchina giudiziaria, non esente anche da errori di segreteria come la notifica delle pratiche, il tutto rallentato dalle restrizioni che l'emergenza sanitaria attualmente impone. A pagare le conseguenze di tutto questo una famiglia intera che da oramai quattro anni chiede verità e giustizia per una vita spezzata spezzata a soli 28 anni.