Tari, la discarica chiusa a Trani ha fatto lievitare i costi a Bari

L'analisi della Uil sulla raccolta rifiuti in Puglia

sabato 6 agosto 2016 9.28
«Quel che pagano i pugliesi, in realtà, non è la variazione del servizio, ma l'assenza di programmazione e di un piano dei rifiuti, illustre sconosciuto, in oltre vent'anni, nel nostro territorio. Vent'anni in cui si è fatto credere ai cittadini che aumentando la differenziata (peraltro ancora a livelli molto bassi) si sarebbe risolto ogni problema. E invece, ecco la costosissima sorpresa: la Tari continua ad aumentare esponenzialmente, a causa dell'assenza di impianti che costringono a smaltire sia gli rTarisu che l'organico in altre province, in discariche private destinate ai rifiuti speciali o, addirittura, come nel caso di Brindisi, in altre regioni e a peso d'oro».

Aldo Pugliese, segretario generale della UIL di Puglia, commenta così i dati diffusi del Servizio politiche territoriali della Uil nazionale, secondo il quale dal 2012 a oggi, la tassa sui rifiuti è aumentata mediamente del 32,2% (per una famiglia con una casa di 80 mq e 4 componenti): le famiglie italiane verseranno nel 2016 nelle casse comunali 295 euro medi, a fronte dei 294 euro dello scorso anno e dei 223 euro versati nel 2012.

«Il fenomeno Bari è sintomatico - attacca ancora Pugliese - visto che la Tari, nell'ultimo anno, è aumentata del 12,3% (+37,6% nell'ultimo quinquennio) quasi esclusivamente a causa dei costi di discarica, dovuti alla chiusura della discarica di Trani che ha costretto il capoluogo a conferire nelle discariche private ioniche, nonostante un aumento della raccolta differenziata di oltre dieci punti nell'ultimo anno».

Per quanto riguarda le grandi città tra il 2012 e il 2016, si legge nello studio della Uil, a Cagliari l'aumento medio è stato dell'84,3%; a Reggio Calabria del 79,4%; a Genova del 49,7%; a Bari del 37,6%; a Palermo del 30,8%; a Milano del 28,4%; a Torino del 21,9% (alcune città come Firenze e Venezia non hanno ancora comunicato il dato).

Per quanto riguarda le città metropolitane, invece, a Napoli la tariffa sui rifiuti pesa 436 euro medi a famiglia; a Reggio Calabria 431 euro; a Bari 346 euro; a Milano 325 euro; a Genova 321 euro; a Roma 312 euro. Si paga un po' meno a Bologna (229 euro medi), Torino (262 euro) e Palermo (276 euro).

«Ma se Bari piange - continua Pugliese - gli altri capoluoghi pugliesi non ridono. E mal comune, in questo caso, non è mezzo gaudio».

Brindisi, dal 2102, fa registrare un aumento del 73,3% (387,60 euro, di media, a nucleo familiare, la tassa da sborsare nel 2016, invariata rispetto al 2015), Taranto del 36,4% (-1,1 rispetto al 2015, 341,16 euro a gruppo familiare), Foggia del 33,9% (-0,9 sul 2015, 321,29 euro a gruppo familiare) e Lecce del 54,2% (+9 per cento sul 2105, 269,49 a famiglia).

«Insomma, le uniche province a registrare il segno meno sono Foggia e Taranto, che hanno sui rispettivi territori una dotazione impiantistica minima che permette di limitare i costi del trattamento. Un vantaggio che però, va sottolineato, le ha trasformate nelle pattumiere della regione e, nel caso di Taranto, di mezza Italia. E, c'è da giurarci, il prossimo anno ci sarà un vero e proprio boom a Brindisi, costretta in questi giorni a smaltire i propri rifiuti addirittura in Emilia Romagna. Comunque, tutti i capoluoghi pugliesi, eccezion fatta per Lecce, sono ampiamente oltre la media nazionale di 295 euro. E' una situazione insostenibile, che certo la neonata Agenzia Regionale dei Rifiuti, primo passo di un percorso lungo e intricato, non potrà risolvere in pochi mesi, né la soluzione potrà risiedere nell'apertura, come si legge dalla stampa, delle discariche chiuse o sequestrate. Occorre, finalmente, dotare questo territorio di impianti all'avanguardia, che permettano di abbattere sia i costi, che l'impatto ambientale della gestione dei rifiuti, abbandonando progressivamente il barbaro sistema delle discariche».