"Andrà tutto bene": un anno dal 9 marzo 2020
Ecco com'è cambiata l’Italia dall'annuncio di Conte agli italiani: «Purtroppo tempo non ce n'è»
martedì 9 marzo 2021
11.01
«I numeri ci dicono che stiamo avendo una crescita importante delle persone in terapia intensiva e purtroppo delle persone decedute. Le nostre abitudini vanno cambiate ora: dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell'Italia. Lo dobbiamo fare subito e ci riusciremo solo se tutti collaboreremo e ci adatteremo a queste norme più stringenti».
E' la sera del 9 marzo 2020 e Giuseppe Conte annuncia agli italiani che «purtroppo tempo non ce n'è». Troppi malati, troppi morti (le vittime erano 463).
Perciò dal 10 marzo, un nuovo decreto e lockdown. Parola dal suono duro per dire che il Paese si chiude e si ferma, tranne i servizi essenziali. Il giorno dopo l'Organizzazione mondiale della sanità sentenzia: è pandemia. L'Italia sceglie una doppia quarantena forzata fino al 3 aprile, poi estesa al 13.
Lockdown: un termine che oggi è di uso comune e conosciamo tutti, ma che quel 9 marzo 2020 in realtà non venne nemmeno pronunciato. Si parlava solo di "zona rossa" o di "quarantena", il concetto stesso di lockdown non esisteva ancora nella nostra esperienza. Ma i provvedimenti annunciati rappresentarono ugualmente uno shock che colpì gli italiani come un pugno in pieno petto: si introduceva per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale il coprifuoco, veniva impedito di sposarsi o celebrare funerali, venivano chiuse palestre, piscine, cinema, teatri, musei, centri culturali, spa, centri benessere, discoteche e stazioni sciistiche, annullata ogni manifestazione sportiva, sospesi gli esami per la patente.
Le chiusure annunciate da Conte avrebbero dovuto estendersi per un periodo limitato, fino al 3 aprile. Sappiamo tutti come è finita. Con l'assalto alle stazioni e la fuga dalle città ospitanti per far ritorno nei comuni di residenza. Con l'assalto ai supermercati e la creazione di un "mondo alternativo" nel quale il lievito di birra diventava un bene di lusso, le strade semideserte e scenari spettrali.
Quel 9 marzo, insomma, l'annuncio di Conte ci fece toccare davvero per la prima volta la pandemia di Coronavirus, dando il via a un "mondo nuovo" che ancora oggi viviamo quotidianamente. Ma quei due mesi, forse, furono i più surreali. Il primo raggio di normalità arrivò solamente più di due mesi dopo, il 18 maggio, quando riaprirono per la prima volta i negozi.
Oggi, un anno dopo dal dpcm Conte 'Io resto a casa' che mise l'Italia di fronte al lockdown come argine al dramma della pandemia, è ora il governo Draghi ad apprestarsi a un giro di boa che lascia intravedere nuove misure con una maggiore stretta a livello nazionale, non solo territoriale.
E' la sera del 9 marzo 2020 e Giuseppe Conte annuncia agli italiani che «purtroppo tempo non ce n'è». Troppi malati, troppi morti (le vittime erano 463).
Perciò dal 10 marzo, un nuovo decreto e lockdown. Parola dal suono duro per dire che il Paese si chiude e si ferma, tranne i servizi essenziali. Il giorno dopo l'Organizzazione mondiale della sanità sentenzia: è pandemia. L'Italia sceglie una doppia quarantena forzata fino al 3 aprile, poi estesa al 13.
Lockdown: un termine che oggi è di uso comune e conosciamo tutti, ma che quel 9 marzo 2020 in realtà non venne nemmeno pronunciato. Si parlava solo di "zona rossa" o di "quarantena", il concetto stesso di lockdown non esisteva ancora nella nostra esperienza. Ma i provvedimenti annunciati rappresentarono ugualmente uno shock che colpì gli italiani come un pugno in pieno petto: si introduceva per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale il coprifuoco, veniva impedito di sposarsi o celebrare funerali, venivano chiuse palestre, piscine, cinema, teatri, musei, centri culturali, spa, centri benessere, discoteche e stazioni sciistiche, annullata ogni manifestazione sportiva, sospesi gli esami per la patente.
Le chiusure annunciate da Conte avrebbero dovuto estendersi per un periodo limitato, fino al 3 aprile. Sappiamo tutti come è finita. Con l'assalto alle stazioni e la fuga dalle città ospitanti per far ritorno nei comuni di residenza. Con l'assalto ai supermercati e la creazione di un "mondo alternativo" nel quale il lievito di birra diventava un bene di lusso, le strade semideserte e scenari spettrali.
Quel 9 marzo, insomma, l'annuncio di Conte ci fece toccare davvero per la prima volta la pandemia di Coronavirus, dando il via a un "mondo nuovo" che ancora oggi viviamo quotidianamente. Ma quei due mesi, forse, furono i più surreali. Il primo raggio di normalità arrivò solamente più di due mesi dopo, il 18 maggio, quando riaprirono per la prima volta i negozi.
Oggi, un anno dopo dal dpcm Conte 'Io resto a casa' che mise l'Italia di fronte al lockdown come argine al dramma della pandemia, è ora il governo Draghi ad apprestarsi a un giro di boa che lascia intravedere nuove misure con una maggiore stretta a livello nazionale, non solo territoriale.