Avvocatura in subbuglio per la riforma della giustizia

Protesta anche Trani. L'Agifor: «Ignorati i veri bisogni della gente». A Trani, fino al 22 marzo vi sarà l'astensione dalle udienze

sabato 19 marzo 2011
Il varo della riforma della giustizia da parte del Consiglio dei Ministri assume toni epocali. Tutta la maggioranza di governo parla di un punto di svolta. L'opposizione, invece, usa toni catastrofici, denunciando un presunto vulnus alla democrazia. Il mondo dell'avvocatura è in subbuglio. A Trani, fino al 22 marzo vi sarà l'astensione dalle udienze, il 16 invece si è tenuta a Roma una manifestazione nazionale di protesta che ha visto in prima linea l'associazione giovanile forense (Agifor) di Trani, al fianco dei rappresentanti di tutti gli Ordini forensi italiani e dell'organismo unitario dell'avvocatura.

Il portavoce dell'Agifor, Gianluca Nenna, spiega: «La nostra associazione non vuole entrare nel merito di inchieste o polemiche fra poteri dello Stato, ma non può tollerare che la giustizia diventi terreno di dispute pre-elettorali o luogo di personali polemiche dai toni inaccettabili. La riforma, anzitutto, prevede la separazione delle carriere, superando l'attuale sistema che distingue i magistrati solo per le funzioni che esercitano. Detto altrimenti, in futuro si dovrà scegliere tra due mestieri differenti: quello di giudice, o quello di pubblico ministero senza più poter passare da una funzione all'altra. In linea di principio, questa modifica ha degli aspetti positivi, ma bisogna chiedersi se la separazione delle carriere sia strumentale a sottoporre i pubblici ministeri ad un più incisivo controllo da parte del potere esecutivo».

Un ulteriore aspetto che farà discutere è la sottrazione al Consiglio superiore della magistratura della competenza ad adottare provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. Ne parla il presidente dell'Agifor, Giovanni Marchio: «La riforma prevede che ciò venga fatto da un nuovo soggetto, denominato Corte di disciplina. Si noti, però, che tale organo è composto da membri eletti in numero paritario dal Parlamento e dalla magistratura. Oggi, invece, il Consiglio superiore della magistratura, per espressa disposizione costituzionale, è eletto per due terzi dalla magistratura e solo per un terzo dal Parlamento. Anche in questo caso, dunque, la riforma rischia di assoggettare i magistrati ad un più stretto controllo della politica».

L'ultimo profilo critico riguarda il sistema delle responsabilità. «Con un'innovazione davvero radicale - prosegue il presidente di Agifor - la riforma parifica i magistrati a tutti gli altri funzionari dello Stato, prevedendone una personale responsabilità per gli atti compiuti in violazione dei diritti. Ciò comporta, con ogni probabilità, il superamento dell'attuale sistema che prevede, in caso di errori giudiziari, la responsabilità dello Stato nei confronti della parte lesa e una rivalsa nei confronti del magistrato che ha commesso l'errore poco più che simbolica. Probabilmente, la riforma della giustizia ha soprasseduto sul vero bisogno dei cittadini, cioè quello di un programma organico dotato di risorse, strumenti effettivi e rispettosi dei diritti del singolo, affinché l'ingresso in un'aula da parte di chiunque possa tradursi in un'occasione di giustizia che non è fatta né di numeri né di velocità, ma di qualità».

Non meno grave è la situazione in cui versa la giustizia civile. Spiega il portavoce, Gianluca Nenna: «Il Ministro Angelino Alfano ha voluto far credere agli italiani che la nuova normativa sulla mediaconciliazione sarà la panacea che sanerà tutti i mali di una giustizia civile lenta e farraginosa. Niente di più falso. La mediaconciliazione, così come è stata partorita dal governo, nuoce gravemente i cittadini ed è chiaramente incostituzionale, corrisponde ad un sistema innanzitutto incostituzionale sotto molteplici aspetti, contro i diritti dei cittadini, escludente nei confronti degli stessi avvocati, viziato da una logica strettamente economicista, nonché dettato da precisi settori dell'impresa di questo Paese quali Confindustria, le banche e le assicurazioni».

«Non possiamo rimanere inerti - conclude Marchio - davanti ad un così duro attacco alla giustizia ed alla professione di avvocato. Non giochiamo per favore, la giustizia è una cosa seria».