L'Angelini diventa un libro, tra arti visive e archeologia industriale

Il volume di Francesco Porcelli ripercorre le suggestioni offerte dai resti della fabbrica

martedì 8 marzo 2016 8.27
L'Angelini diventa un libro d'arte. A realizzarlo Francesco Porcelli, che i lettori del sito conoscono con lo pseudonimo di Dardo, che ha voluto omaggiare i resti della vecchia fabbrica prima con una mostra, tenutasi a Trani nel 2013, e ora con un volume disponibile al momento solo tramite ordine online.

Al suo lavoro si è interessato anche Piero Boccuzzi, che con le sue parole spiega perfettamente il senso del lavoro: «Francesco Porcelli ha destinato parte della sua più attuale ricerca espressiva allo studio della periferia urbana. La sua azione, partendo da un'analisi che affonda le proprie radici nell'architettura industriale, preferisce, come metodo d'indagine, equiparare alla ricerca visivo-pittorica l'esplorazione della condizione umana. Con l'espressione "archeologia industriale" si intende un procedimento interdisciplinare che analizza le relazioni intercorrenti tra struttura, produzione e forza lavoro al fine di indagare le reali congruenze storiche verificatesi, prendendo in esame il periodo che si sviluppa successivamente alla seconda metà del settecento. Con lo sviluppo e con l'estensione dei centri abitati le fabbriche sono inglobate nel tessuto urbano; le aree industriali si avvicinano a quelle abitate e le periferie diventano più popolose, accessibili e meglio collegate. Gli spazi industriali sorgono in maniera disomogenea e disordinata vicino a monumenti federiciani, a cattedrali medioevali, a ridosso di aree costiere, creando uno squilibrio particolare, molto caotico e poco armonioso, da cui si evince una urbanizzazione selvaggia, per nulla interessata alla salvaguardia dell'operato umano e poco incline al rispetto della natura».

«Sono opere che si distinguono per la precisa intenzione di documentare il proprio territorio, lavori che analizzano la coesistenza tra elementi architettonici risalenti a epoche diverse e costruiti con finalità differenti. La disomogeneità rilevata, pur essendo disordinata e caotica, risulta essere attraente perché comunque in essa è visibile la storia dell'uomo, il suo percorso nel tempo, la traccia che ne attesta il passaggio. I ruderi industriali, alla pari degli edifici più rappresentativi, diventano parti imprescindibili del paesaggio e la loro riqualificazione porta alla luce elementi preziosi per accrescere interesse nei confronti del passato. La riqualificazione degli spazi industriali e naturali parte da un'attenta analisi del territorio circostante, da quelle caratteristiche che rendono omogeneo il territorio e lo restituiscono alla popolazione in una nuova veste; questo è il pensiero che stimola l'artista a realizzare un ciclo in cui hanno eguale dignità lavori a olio, carte trattate a matita e a tempera e incisioni. L'analisi più interessante, quella che dà spazio a più interpretazioni, si sviluppa quando albeggia o all'imbrunire, quando le strutture sono in penombra e creano uno skyline omogeneo e compatto; si possono immaginare nuove soluzioni e nuove strade da percorrere, nuovi orizzonti, convinti che gli errori spesso si tramutano in ulteriori possibilità che il tempo concede; possibilità straordinarie, straordinarie come l'uomo, come il suo cammino sulla terra».