Papa Wojtyla Beato, anche Trani lo festeggerà
L'1 maggio oratorio musicale nella chiesa di Colonna. Nell'ambito dei festeggiamenti per il Crocifisso di Colonna
martedì 26 aprile 2011
L'1 maggio a Roma, Carol Woityla sarà Beato. A distanza di sei anni dalla sua morte (un record per la chiesa), per Giovanni Paolo II inizia il processo che lo porterà alla santificazione. Se Roma sarò l'epicentro dell'evento, anche a Trani è stato organizzato un evento in suo onore. Nell'ambito dei festeggiamenti per il Crocifisso di Colonna (tutto il programma è consultabile nella nostra agenda), domenica alle 20 nel santuario di Santa Maria di Colonna è stato organizzato un oratorio musicale a lui dedicato.
La beatificazione di Giovanni Paolo II, straordinario avvenimento per la chiesa e per il mondo intero, è un grande evento anche per i media. Il cammino di avvicinamento all'appuntamento di domenica a Roma è stato ampiamente preparato nelle edicole da inserti monografici e ampi servizi giornalistici su settimanali e quotidiani, nel palinsesto televisivo da una serie di proposte ad hoc, soprattutto in quest'ultima settimana che precede l'appuntamento.
Papa Wojtyla è stato precursore di una nuova era nei rapporti di un pontefice e della chiesa in generale con i media. Grazie alla sua capacità comunicativa e al suo desiderio di parlare al cuore delle persone, fin dalle sue prime apparizioni pubbliche ha sacrificato la rigidità del cerimoniale ogni volta che l'occasione del momento lo ha reso possibile. Parole e gesti del suo pontificato hanno lasciato il segno nel cuore di tutti noi e anche nell'animo dei non credenti, comunque conquistati dalla sua capacità di bucare lo schermo. La sua traccia nel cammino della chiesa e nella storia contemporanea è stata fissata non soltanto dal suo carisma, dalla sua fede e dal modo in cui ha onorato l'impegno di essere Papa, ma anche dagli affreschi che tramite i mezzi di comunicazione hanno restituito la sua immagine al popolo. Un po' come accadeva in epoca medievale per la Biblia Pauperum, quella Bibbia dei poveri che divulgava l'annuncio evangelico verso gli analfabeti attraverso i dipinti sulle pareti delle chiese.
Di lui restano nella memoria e negli archivi molti quadri viventi che lo hanno ritratto nell'atto di prendere in braccio un bambino, accarezzare un malato, indossare un copricapo caratteristico del Paese ospitante, ballare insieme ai giovani, porsi con autorevole semplicità al cospetto dei potenti del mondo, baciare la terra al suo arrivo in una nazione nuova. È stato un grande pontefice e un uomo del suo tempo anche grazie alla capacità di parlare il linguaggio delle persone, spesso mediato dagli strumenti del comunicare. Questi ultimi per Giovanni Paolo II sono sempre stati un canale di diffusione in più nell'annuncio evangelico, non certo qualcosa da cui fuggire o di cui diffidare. Nel suo annuncio al mondo, li ha usati come uno dei tanti linguaggi a disposizione per trasmettere urbi et orbi la forza della Parola.
Attraverso i media, Giovanni Paolo II è riuscito a instaurare una sorta di vicinanza anche fisica ai fedeli e alle genti di tutto il mondo, grazie alla sua capacità di tenere la scena senza eccessi ma con spontaneità. Immergendosi nel flusso mediatico, è riuscito a mescolare i gesti tradizionali e rituali a quelli nuovi richiesti o suscitati dalla civiltà dell'immagine. Attraverso la sua opera e grazie alla sua intelligenza mediatica, l'interazione della Chiesa con i mezzi di comunicazione ha assunto connotazioni prima completamente ignote, rivelando il suo lato umano oltre a quello evangelico.
I media a loro volta hanno esaltato la capacità comunicativa di Giovanni Paolo II, riducendo quell'aura di sacralità che spesso tende a connotare come distanti dalle persone comuni le figura di grande carisma o di alta rappresentatività istituzionale. Il Time nel 1994 gli ha dedicato la copertina di uomo dell'anno, ovunque andasse la presenza di giornalisti, telecamere e microfoni al seguito era una costante. Era sempre pronto a intrattenersi con i professionisti dell'informazione o a concedere interviste durante i lunghi viaggi in aereo e in ogni altro frangente. Ovunque sia andato, ha riempito di sé i media con la sua personalità e la sua presenza fisica, capaci di imporsi all'attenzione mediatica e, quindi, all'attenzione del mondo anche nel periodo della debolezza fisica e della malattia.
Ha mostrato la sua umanità nei sempre più frequenti fuori programma che, rompendo le regole del cerimoniale, calamitavano l'attenzione dei riflettori su di lui. A partire da quando, durante la cerimonia che dava inizio al suo pontificato (22 ottobre 1978), dopo aver ammonito il mondo intero affinché spalancasse le porte a Cristo senza avere paura, improvvisamente scese le scale della basilica di San Pietro con il Crocifisso in mano per andare ad abbracciare un gruppo di disabili. Ancora più massiccia divenne la copertura mediatica dopo un altro suo gesto estremamente significativo, quando (27 dicembre 1983) si recò in carcere per fare visita e concedere il perdono ad Alì Agca, il giovane squilibrato che qualche tempo prima aveva attentato alla sua vita.
Fra i moltissimi insegnamenti che ci ha lasciato, c'è quello relativo alla capacità di usare responsabilmente gli strumenti di comunicazione senza lasciarsi usare da essi ma orientandoli per rendere visibile la fede attraverso gesti concreti. Anche in questo è stato grande.
La beatificazione di Giovanni Paolo II, straordinario avvenimento per la chiesa e per il mondo intero, è un grande evento anche per i media. Il cammino di avvicinamento all'appuntamento di domenica a Roma è stato ampiamente preparato nelle edicole da inserti monografici e ampi servizi giornalistici su settimanali e quotidiani, nel palinsesto televisivo da una serie di proposte ad hoc, soprattutto in quest'ultima settimana che precede l'appuntamento.
Papa Wojtyla è stato precursore di una nuova era nei rapporti di un pontefice e della chiesa in generale con i media. Grazie alla sua capacità comunicativa e al suo desiderio di parlare al cuore delle persone, fin dalle sue prime apparizioni pubbliche ha sacrificato la rigidità del cerimoniale ogni volta che l'occasione del momento lo ha reso possibile. Parole e gesti del suo pontificato hanno lasciato il segno nel cuore di tutti noi e anche nell'animo dei non credenti, comunque conquistati dalla sua capacità di bucare lo schermo. La sua traccia nel cammino della chiesa e nella storia contemporanea è stata fissata non soltanto dal suo carisma, dalla sua fede e dal modo in cui ha onorato l'impegno di essere Papa, ma anche dagli affreschi che tramite i mezzi di comunicazione hanno restituito la sua immagine al popolo. Un po' come accadeva in epoca medievale per la Biblia Pauperum, quella Bibbia dei poveri che divulgava l'annuncio evangelico verso gli analfabeti attraverso i dipinti sulle pareti delle chiese.
Di lui restano nella memoria e negli archivi molti quadri viventi che lo hanno ritratto nell'atto di prendere in braccio un bambino, accarezzare un malato, indossare un copricapo caratteristico del Paese ospitante, ballare insieme ai giovani, porsi con autorevole semplicità al cospetto dei potenti del mondo, baciare la terra al suo arrivo in una nazione nuova. È stato un grande pontefice e un uomo del suo tempo anche grazie alla capacità di parlare il linguaggio delle persone, spesso mediato dagli strumenti del comunicare. Questi ultimi per Giovanni Paolo II sono sempre stati un canale di diffusione in più nell'annuncio evangelico, non certo qualcosa da cui fuggire o di cui diffidare. Nel suo annuncio al mondo, li ha usati come uno dei tanti linguaggi a disposizione per trasmettere urbi et orbi la forza della Parola.
Attraverso i media, Giovanni Paolo II è riuscito a instaurare una sorta di vicinanza anche fisica ai fedeli e alle genti di tutto il mondo, grazie alla sua capacità di tenere la scena senza eccessi ma con spontaneità. Immergendosi nel flusso mediatico, è riuscito a mescolare i gesti tradizionali e rituali a quelli nuovi richiesti o suscitati dalla civiltà dell'immagine. Attraverso la sua opera e grazie alla sua intelligenza mediatica, l'interazione della Chiesa con i mezzi di comunicazione ha assunto connotazioni prima completamente ignote, rivelando il suo lato umano oltre a quello evangelico.
I media a loro volta hanno esaltato la capacità comunicativa di Giovanni Paolo II, riducendo quell'aura di sacralità che spesso tende a connotare come distanti dalle persone comuni le figura di grande carisma o di alta rappresentatività istituzionale. Il Time nel 1994 gli ha dedicato la copertina di uomo dell'anno, ovunque andasse la presenza di giornalisti, telecamere e microfoni al seguito era una costante. Era sempre pronto a intrattenersi con i professionisti dell'informazione o a concedere interviste durante i lunghi viaggi in aereo e in ogni altro frangente. Ovunque sia andato, ha riempito di sé i media con la sua personalità e la sua presenza fisica, capaci di imporsi all'attenzione mediatica e, quindi, all'attenzione del mondo anche nel periodo della debolezza fisica e della malattia.
Ha mostrato la sua umanità nei sempre più frequenti fuori programma che, rompendo le regole del cerimoniale, calamitavano l'attenzione dei riflettori su di lui. A partire da quando, durante la cerimonia che dava inizio al suo pontificato (22 ottobre 1978), dopo aver ammonito il mondo intero affinché spalancasse le porte a Cristo senza avere paura, improvvisamente scese le scale della basilica di San Pietro con il Crocifisso in mano per andare ad abbracciare un gruppo di disabili. Ancora più massiccia divenne la copertura mediatica dopo un altro suo gesto estremamente significativo, quando (27 dicembre 1983) si recò in carcere per fare visita e concedere il perdono ad Alì Agca, il giovane squilibrato che qualche tempo prima aveva attentato alla sua vita.
Fra i moltissimi insegnamenti che ci ha lasciato, c'è quello relativo alla capacità di usare responsabilmente gli strumenti di comunicazione senza lasciarsi usare da essi ma orientandoli per rendere visibile la fede attraverso gesti concreti. Anche in questo è stato grande.