Termovalorizzatore a Trani... e la raccolta differenziata?

Una nota di Francesco Bartucci presidente di Legambiente Trani.

martedì 13 gennaio 2004

La candidatura di Trani per la realizzazione del termovalorizzatore (c.d. inceneritore) nell'ambito del proprio territorio comunale spalanca la porta ad interrogativi concernenti l'intero sistema di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti.
Come al solito la strada più breve e dissennata appare sempre quella più facilmente percorribile.

Il circolo di Trani di Legambiente oltre che avversare l'ennesima idea insensata di proporre Trani – Città turistica – candidata per la realizzazione del termovalorizzatore, coglie l'occasione per analizzare i diversi aspetti afferenti l'intero ciclo dei ‘rifiuti'.
Premesso che ormai i "rifiuti" in quanto tali non esistono poiché ognuno dei materiali costituenti gli R.S.U. può essere recuperato, appare opportuno chiedersi come mai, nell'ambito delle città del Nord barese, la nostra città sia rimasta inesorabilmente il fanalino di coda. Le amministrazioni locasi sin qui avvicendatesi, unitamente all'attuale, non sognano minimamente il reale potenziamento della raccolta differenziata. I risultati parlano chiaro, mentre città come Andria, Molfetta, Barletta, ambiscono a superare la soglia del 20-25% di differenziata, l'amministrazione tranese prende atto della difficoltà di realizzare tali obiettivi e, senza neanche provarci, si arrende e si candida per la realizzazione del termovalorizzatore. Non passa giorno che la scienza e le nuove tecnologie scoprano rinnovate possibilità per il riutilizzo dei consueti materiali domestici.

Sulle pagine dei giornali i consorzi per il recupero dei differenti materiali si affannano per informarci che dalla plastica è possibile realizzare nuovamente un'infinità di oggetti; che dal ‘P.E.T'. delle bottiglie di acqua minerale è possibile ottenere maglioni di ‘pile', che gli imballaggi possono essere recuperati integralmente, che i cartoni di ‘tetrapack', possono anch'essi essere recuperati e così tanti altri materiali domestici ormai notoriamente riciclabili come l'alluminio, il vetro, la carta, ecc.

Ebbene, invece di prendere atto di queste provvidenziali nuove frontiere della tecnologia a servizio della salute dei cittadini e dell'opportunità di perseguire il reale benessere della vita, i nostri illuminati amministratori si premurano di dare il loro nefasto contributo allo sforamento dei limiti di emissione dei gas serra previsti dal protocollo di Kyoto o ad incrementare le concause per nuovi casi di malattie polmonari. L'esperienza di città come Modena o Reggio Emilia, dove si è ormai superata la soglia del 60 % di raccolta differenziata, dimostra come, in presenza di un impianto di termovalorizzazione, non sia possibile andare oltre tali percentuali di recupero altrimenti lo stesso impianto non potrebbe essere più alimentato. E si arriva così al paradosso secondo cui diventa indispensabile incrementare la produzione di rifiuti riciclabili per poter garantire il funzionamento del termovalorizzatore. E' evidente che si tratta di un paradosso perché ogni rifiuto bruciato dovrà poi essere riprodotto ex novo con abbondante impiego di energia.

D'altro canto, il sistema di "gestione integrata dei rifiuti", auspicato dal Decreto Ronchi, persegue sapientemente la riduzione dei rifiuti alla fonte, la selezione e il riciclaggio dei materiali, intravedendo come tale via possa essere la risposta più completa in termini di minimizzazione degli impatti ambientali, efficacia, efficienza ed economicità. Ormai è appurato come la Puglia produca più energia di quella realmente occorrente e che quindi la realizzazione di una nuova centrale energetica tradizionale (si tratterebbe comunque di una centrale termoelettrica) non servirebbe a coprire un reale fabbisogno energetico.

Per quel che attiene la invocata opportunità di abbinare la produzione energetica da termovalorizzazione al fine di potenziare l'AMET impedendo che si limiti alla commercializzazione dell'energia elettrica acquistata dall'ENEL, ci stimola ad una considerazione. Come mai l'AMET non è altrettanto attenta a perseguire il provvidenziale obiettivo dell'autonomia energetica sfruttando le possibilità di finanziamento offerti nel campo delle energie alternative e rinnovabili?

La Comunità Europea, con il nuovo programma pluriennale 2003-2006 ("Energia Intelligente – Europa"), eroga con un budget complessivo di 200 milioni di euro, finanziamenti per progetti afferenti il rafforzamento dell'efficienza energetica e le fonti nuove e rinnovabili. La realizzazione di un impianto di energia rinnovabile sul territorio di Trani potrebbe essere il fiore all'occhiello per l'amministrazione di una città che potrebbe ambire ad essere sede di turismo culturale, ambientale e perché no anche ‘ecocompatibile' .


Da quanto detto appare chiaro come possa apparire anacronistico, nel 2004, continuare a proporre la propria candidatura per progetti orientati in una direzione palesemente contrastante col miglioramento del benessere e, probabilmente, rischiosa per la salute umana.

Francesco Bartucci
Presidente circolo di Trani Legambiente