Toni², Tony al quadrato
Il cavallo di Manduria
La terra era rossa, e alzava ad ogni passo uno sbuffo di polvere
sabato 9 aprile 2011
La terra era rossa, e alzava ad ogni passo uno sbuffo di polvere. Il cielo lasciava cadere una fitta pioggia di luce, e il grigio dei muretti a secco diventava argento di pietra lavica se guardato di traverso. L'odore della resina di ulivo riscaldata dal solstizio bruciava le narici, e le foglie, se guardate dal basso, avevano tutte una sottile cornice di cielo.
Stavo correndo per raggiungere degli stranieri. Avevano una pelle strana. Stavano correndo anch'essi, sembrava quasi stessero scappando. Non li avevo mai visti prima. Non c'erano mai stati, prima, sulla mia terra. Li raggiunsi facilmente, mi videro, continuavano a fuggire. Mi misi a galoppare, loro mi tennero dietro. Non è facile star dietro ad un cavallo. Chiesi loro dove stessero andando. Non mi risposero direttamente, urlavano solo «libertà. Correvano veloci, inseguiti da non so che cosa. Domandai loro cosa fosse «libertà». Nessuno mi rispose. Io credetti allora che libertà volesse dire correre. Semplicemente, correre. Mi fermai. Guardai dietro di me. Alle soglie del paese, le facce che vedevo da quand'ero piccolo. Non erano stranieri.
Tornai indietro, ripiegai verso di loro. Salutavano i fuggiaschi, alcuni avevano un fazzoletto bagnato fra le mani. Lacrime. C'erano visi di giovani femmine, di vecchi maschi della mia terra e di città vicine. Sorridevano. Sentivano urlare «libertà» ed unendosi a quel coro videro apparire altri uomini scuri correre nella stessa direzione dei primi che raggiunsi. Erano gruppi radi, rapidi, rubini per la sabbia che indorava progressivamente la loro pelle nera.
Chiesi a una ragazza del paese perché stesse piangendo, perché stesse gridando, perché fosse commossa mentre guardava correre quegli uomini. Mi disse che era bello sentire urlare «libertà». Aveva, negli occhi, qualcosa di profondo. Non solo gioia, non solo commozione. «Che cos'è la libertà?» le domandai. Non mi rispose. Ferma sulle gambe, agitava la mano, guardava lontano. Era il primo giorno caldo dell'anno. Glielo richiesi, le richiesi se sapesse cos'era libertà. Smise di salutare, mi guardò. Non disse nulla. Dopo qualche attimo, la mia criniera pettinava il vento da quanto correvo. Decisi di correre senza alcuna direzione. Senza più riflettere, mentre correvo, su cosa volesse dire libertà.
Stavo correndo per raggiungere degli stranieri. Avevano una pelle strana. Stavano correndo anch'essi, sembrava quasi stessero scappando. Non li avevo mai visti prima. Non c'erano mai stati, prima, sulla mia terra. Li raggiunsi facilmente, mi videro, continuavano a fuggire. Mi misi a galoppare, loro mi tennero dietro. Non è facile star dietro ad un cavallo. Chiesi loro dove stessero andando. Non mi risposero direttamente, urlavano solo «libertà. Correvano veloci, inseguiti da non so che cosa. Domandai loro cosa fosse «libertà». Nessuno mi rispose. Io credetti allora che libertà volesse dire correre. Semplicemente, correre. Mi fermai. Guardai dietro di me. Alle soglie del paese, le facce che vedevo da quand'ero piccolo. Non erano stranieri.
Tornai indietro, ripiegai verso di loro. Salutavano i fuggiaschi, alcuni avevano un fazzoletto bagnato fra le mani. Lacrime. C'erano visi di giovani femmine, di vecchi maschi della mia terra e di città vicine. Sorridevano. Sentivano urlare «libertà» ed unendosi a quel coro videro apparire altri uomini scuri correre nella stessa direzione dei primi che raggiunsi. Erano gruppi radi, rapidi, rubini per la sabbia che indorava progressivamente la loro pelle nera.
Chiesi a una ragazza del paese perché stesse piangendo, perché stesse gridando, perché fosse commossa mentre guardava correre quegli uomini. Mi disse che era bello sentire urlare «libertà». Aveva, negli occhi, qualcosa di profondo. Non solo gioia, non solo commozione. «Che cos'è la libertà?» le domandai. Non mi rispose. Ferma sulle gambe, agitava la mano, guardava lontano. Era il primo giorno caldo dell'anno. Glielo richiesi, le richiesi se sapesse cos'era libertà. Smise di salutare, mi guardò. Non disse nulla. Dopo qualche attimo, la mia criniera pettinava il vento da quanto correvo. Decisi di correre senza alcuna direzione. Senza più riflettere, mentre correvo, su cosa volesse dire libertà.
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