Toni², Tony al quadrato
La gestazione del sé
M’accorgo solo della felicità di madri e padri
sabato 2 aprile 2011
A stringer sempre più lo sguardo che comincia dalla capocchia tonda della nostra Terra, passando attraverso quel buffo dinosauro dell'Europa fino a metter piede sullo stivale italico e più precisamente dentro il tacco in cui si trova Bari, si poteva notare, quel giorno, una speciale aria di festa, tanta gente un po' provata che riusciva a trasformare quella sala d'attesa di quell'ospedale, come dire, in una sala stampa.
Donne meno stanche entravano, donne col volto più segnato se ne andavano, o rovesciando il dato si poteva coglier l'allegria di chi andava via da quel reparto, ben distinta dalla mestizia chi vi si infilava; ed un via vai che alle sette e trentadue del mattino, se non si sapesse nulla di questo nostro mondo, sarebbe ragionevolmente apparso come una follia, come un brulicare prematuro sbocciato quasi ancora nel cuore della luna.
L'Universo, sotto forma d'una sua barese impronta digitale, conteneva in quel momento un gran trambusto: carrelli, pianti, sorrisi e dolci lacrime. I visi pieni d'emozione dei puri di cuore, e la voglia di celar con l'umorismo la semplicità di certi grandi eventi. Uomini timidi e impacciati si mescolavano nei visi di donne timorose ed eccitate; e accanto ai movimenti di tutte quelle anime, il vocìo giulivo a divulgare le notizie di chi era appena nato.
M'accorgo solo, a un certo punto, della felicità di madri e padri: mi contagio, mi s'allarga il petto, e i visi della gente, anche se vecchi di duecentomila anni, non possono nascondere un sorriso un po' beato e un po' beota. Un semplice reparto d'ostetricia. Una fucina del tempo che verrà. Le pareti mi sembrano più bianche, ora, e tutto più pulito: perché spalmando quel sorriso oltre le mura, immagino che ci sarà ad attendermi, una volta fuori, un mondo più simile a questi rumori ritrovati, a questa ritrovata vita. E in tutto questo mare di emozioni assai fondamentali, la possente e acuta voce d'una donna: Candida si è partorita. Mi ritrovo a guardar per terra. I rumori si confondono. Che tenerezza questo errore di grammatica, dico fra me e me. «Candida si è partorita». E se, penso dopo un po', non fosse uno svarione, ma una purissima filosofia?
Donne meno stanche entravano, donne col volto più segnato se ne andavano, o rovesciando il dato si poteva coglier l'allegria di chi andava via da quel reparto, ben distinta dalla mestizia chi vi si infilava; ed un via vai che alle sette e trentadue del mattino, se non si sapesse nulla di questo nostro mondo, sarebbe ragionevolmente apparso come una follia, come un brulicare prematuro sbocciato quasi ancora nel cuore della luna.
L'Universo, sotto forma d'una sua barese impronta digitale, conteneva in quel momento un gran trambusto: carrelli, pianti, sorrisi e dolci lacrime. I visi pieni d'emozione dei puri di cuore, e la voglia di celar con l'umorismo la semplicità di certi grandi eventi. Uomini timidi e impacciati si mescolavano nei visi di donne timorose ed eccitate; e accanto ai movimenti di tutte quelle anime, il vocìo giulivo a divulgare le notizie di chi era appena nato.
M'accorgo solo, a un certo punto, della felicità di madri e padri: mi contagio, mi s'allarga il petto, e i visi della gente, anche se vecchi di duecentomila anni, non possono nascondere un sorriso un po' beato e un po' beota. Un semplice reparto d'ostetricia. Una fucina del tempo che verrà. Le pareti mi sembrano più bianche, ora, e tutto più pulito: perché spalmando quel sorriso oltre le mura, immagino che ci sarà ad attendermi, una volta fuori, un mondo più simile a questi rumori ritrovati, a questa ritrovata vita. E in tutto questo mare di emozioni assai fondamentali, la possente e acuta voce d'una donna: Candida si è partorita. Mi ritrovo a guardar per terra. I rumori si confondono. Che tenerezza questo errore di grammatica, dico fra me e me. «Candida si è partorita». E se, penso dopo un po', non fosse uno svarione, ma una purissima filosofia?
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