Toni e timbri
Come uno specchio
Toni e Timbri 8 - di Tony D'Ambrosio
sabato 8 agosto 2009
E' accaduto. Non so come ma è accaduto. Non è accaduto a me ma è accaduto. Solo a raccontarlo vengono i brividi. Figurarsi a raccontarlo lui. Figurarsi, lui, a viverlo. Sulla sua pelle.
Questo amico di cui non posso fare il nome stamattina si è svegliato - è forse la diciottomillesima volta che lo fa - e come ogni mattina dall'età della ragione preparava ben bene nel caffè e nella toilette il suo benessere, il proprio buonumore. Non si era ancora fatto il nodo alla cravatta. Aveva la camicia, i pantaloni, le scarpe lucide, la pelle risanata.
Nel mettersi la giacca, decise di guardarsi nello specchio, uno specchio lungo, di quelli retrostanti le ante dell'armadio.
Ora voi, abituati da una vita a veder la vostra immagine in quel determinato istante, cosa avreste fatto se non fuggir terrorizzati fino a raccontare questa cosa ad un amico, a un dottore, a un figlio o ad una moglie, se invece di veder la traccia identica della vostra serietà, della vostra bonomia, di una perfetta formazione, aveste visto, come lui, l'immagine, movente, di un branco di uomini scannarsi di mazzate per accaparrarsi un seggio, un pezzo di pane, un posto in prima fila, il proprio diritto a vivere, o il proprio vizio di farlo primeggiando? Era un film, un cinemascope verticale che proseguiva fin quando lo sguardo sciocco e un po' scioccato si volgeva appena a non guardarsi.
Lo specchio si spegneva, e con la coda di un occhio vigile e sconvolto quel che si vedeva era finalmente il proprio corpo un po' distolto dallo specchio, e la stanza che ancora sonnecchiava.
Ma come scosso da un brivido magnetico, al ricongiungersi dell'asse ottico nello zenit con lo specchio, ecco questo, come monitor autonomo, riaccendersi per proiettar l'immagine di un habitat confuso, vagamente onirico, in cui molti uomini, di non molto tempo fa', si azzuffavano violentemente, per che cosa non si sa.
Nella testa il vago suon di questa guerra. Braccia gambe urla e sedie in aria. Gli occhi si chiudevano, il rumore si spegneva, gli occhi si riaprivano, il film si rianimava. Una corsa.
Ora è di là, un poco preoccupato. Io son venuto nella stanza qui da letto, a guardarmi di nascosto nello specchio. La solita roba, tranquillo per adesso. Ho urgenza di scriver questo fatto.
Ma non so se lui sia diventato matto.
Tony D'Ambrosio
Questo amico di cui non posso fare il nome stamattina si è svegliato - è forse la diciottomillesima volta che lo fa - e come ogni mattina dall'età della ragione preparava ben bene nel caffè e nella toilette il suo benessere, il proprio buonumore. Non si era ancora fatto il nodo alla cravatta. Aveva la camicia, i pantaloni, le scarpe lucide, la pelle risanata.
Nel mettersi la giacca, decise di guardarsi nello specchio, uno specchio lungo, di quelli retrostanti le ante dell'armadio.
Ora voi, abituati da una vita a veder la vostra immagine in quel determinato istante, cosa avreste fatto se non fuggir terrorizzati fino a raccontare questa cosa ad un amico, a un dottore, a un figlio o ad una moglie, se invece di veder la traccia identica della vostra serietà, della vostra bonomia, di una perfetta formazione, aveste visto, come lui, l'immagine, movente, di un branco di uomini scannarsi di mazzate per accaparrarsi un seggio, un pezzo di pane, un posto in prima fila, il proprio diritto a vivere, o il proprio vizio di farlo primeggiando? Era un film, un cinemascope verticale che proseguiva fin quando lo sguardo sciocco e un po' scioccato si volgeva appena a non guardarsi.
Lo specchio si spegneva, e con la coda di un occhio vigile e sconvolto quel che si vedeva era finalmente il proprio corpo un po' distolto dallo specchio, e la stanza che ancora sonnecchiava.
Ma come scosso da un brivido magnetico, al ricongiungersi dell'asse ottico nello zenit con lo specchio, ecco questo, come monitor autonomo, riaccendersi per proiettar l'immagine di un habitat confuso, vagamente onirico, in cui molti uomini, di non molto tempo fa', si azzuffavano violentemente, per che cosa non si sa.
Nella testa il vago suon di questa guerra. Braccia gambe urla e sedie in aria. Gli occhi si chiudevano, il rumore si spegneva, gli occhi si riaprivano, il film si rianimava. Una corsa.
Ora è di là, un poco preoccupato. Io son venuto nella stanza qui da letto, a guardarmi di nascosto nello specchio. La solita roba, tranquillo per adesso. Ho urgenza di scriver questo fatto.
Ma non so se lui sia diventato matto.
Tony D'Ambrosio