Toni e timbri

La dimensione del cielo

Toni e Timbri 31 - di Tony D’Ambrosio

La dimensione del cielo, nel cosmo, è qualcosa di diverso che dalla terra, se siamo su una stella. Il colore tutt'intorno è sempre notte. E le stelle, finalmente, sembrano davvero stelle. Perché dalla stella moncherina – noi la continuiamo a chiamare così, un pelo malinconici – si vedevan più vicine le altre stelle meno moncherine. Ed eran proprio come i bimbi disegnano le stelle, cioè non proprio, ma più di quanto non si veda qua da noi, che i raggi sembran più un'invenzione del pensiero per immaginar la verità più luminosa e direzioni di luce che graffino il buio che spaura e che ci avvince. I raggi della stella moncherina non erano evidenti: perché le nuvole si vedono un po' meglio da lontano, che ad esservi dentro. Così, se stiamo correndo su una stella, è chiaro che non vediamo quel che siamo, perché è come, in quell'istante, essere i suoi raggi. Ma i raggi di una stella sono la sua vista? Come fossero i suoi occhi? Insomma questi raggi non solo non ci stavano alla vista, ma deve ricordarsi anche come un raggetto fosse da Gadamer stato limato per infilar la vecchia stella nel calco tondo d'un tondin calchetto.

- Ma lo capisci il paradosso Gadamer? – era Panciariccia che gli correva sempre dietro che parlava.
- Capisco, capisco....
- Cosa capisci Gadamer?
- Il paradosso che capisco come hai detto...
- Gadamer certe volte non capisco...
- Il paradosso?
- Certo il paradosso... no che mi fai dire... Non capisco quando tu mi dici qualche cosa...
- Il paradosso non è statico dobbiamo correre e assaggiare...
- Assaggiare cosa Gadamer?
- Il tempo, la fatica, il cuore e perché stiamo correndo.
- Per rincorrere una stella...
- E dov'è finita la mia testa?
- La tua testa è sul tuo collo, non sul collo della stella. Ma non ti sembra un paradosso Gadamer?
- Quale il paradosso di che cosa quando chi?
- Tu volevi fare della stella un tondo. E se fosse un tondo quello su cui stiamo?
- Noi stiamo su un passaggio che ci ha dato Quando per arrivare a lei.
- 'Quando' chi?
- Quando ci chiama.
- Quando chi è?
- Perché la stella non la vedo?
- Perché corriamo troppo piano. Ma che materia è questa?
- La materia che ci ha fatto quando è entrata.
- Non ti seguo più sto zitto.

Panciariccia per la prima volta dal rincorrere le stella superò Gadamer e si mise a rilanciar il passo per raggiungere la stella che non c'era anzi che c'era ma era solo il pavimento sopra il quale si correva. Era bianco e lucente, un bianco vaniglia, non un bianco ghiaccio.


- Mi sembra di vedere tutto solo adesso – diceva Panciariccia.
- A me sembra di aver smesso di vedere.
- Perché prima c'era la tua schiena.
- Perché adesso è la tua schiena, signore Presidente.
- Gadamer non mi hai chiamato mai signore Presidente.
- Mi sembra di vedere la tua schiena più di quanto avessi fatto prima. Non ho la lima, mi è caduta, e se l'avessi vorrei metter la tua schiena nel calco dei miei occhi, sicché possa ricominciare a veder quel che è davanti a me.
- Non mi dai affidamento Gadamer.
- Non c'è ragione che sia sotto a ritrovare la mia stella.

Era innervosito, Gadamer, dal sopravanzamento di Panciariccia, e avrebbe voluto 'limarlo' per poter tornare a vedere in prima linea il destino ora celato della stella.


- Quanto fa due più due Gadamer?
- Cinque, Panciapresidente.
- Mi prendi in giro Gadamer?
- Ho la vista che non vede perché stai correndo davanti ai miei occhi. Ho paura di non raggiungere la stella, e non vedere nulla mi spaventa.
- Ma mi hai chiamato Panciapresidente.
- Perché dico quel che vedo, tu non presiedi nulla adesso, e la tua pancia non la vedo. E se vedere non vuol dir guardare, io sto guardando quello che non vedo.
- Tu sei Gadamer filosofo.
- E tu non fai veder la stella.
- Non ti pare Gadamer bellissimo correre così?
- Cerco la mia lima.
- Voltati Gadamer e dicci chi c'è dietro.

Gadamer si voltò, vedeva una persona ad una lega di distanza. L'aria rarefatta dava percezioni strane, come quelle d'un asse ottico ravvicinante.

- E' vicino ma non sento alcun rumore. E' uno dei contabili che mi guardavano limare.

In realtà c'erano tutti dietro a loro. Solo che, magia di spaziale geometria, tutti percorrevano la loro strada lungo un filo immaginario sottilissimo: tutti erano nascosti uno dietro all'altro, nella perfezione di un impallamento possibile solo nella disciplina cosmica e non della natura. Gadamer vedeva Satrapo Bisticci: ma dietro a lui Franco Scalzi, e Gino Triste e tutti gli altri seguitavano a passar di gamba in gamba all'istesso ritmo delle ultime ore astriche. A Gadamer piaceva correre con la testa rivoltata.

- Non vedo nulla, salvo intorno al mio contabile due strane orecchie intorno ai fianchi.
- Guarda avanti Gadamer. E' gigantesco qua. Vedi l'orizzonte? Non ti sembra di poterci andare?
- Lo stai facendo, Panciadente...
- Tu parli strano, ma quando guardo il cielo a pecorelle, mi sento più felice.

Gadamer alzò lo sguardo. Già era volto indietro, torse il collo all'insù: nessuna pecorella nel buio e luminato cielo.

- Dove hai visto pecorelle?
- Non le ho viste le ho pensate.
- Ma non ce n'è nessuna. Tu parli delle nuvole?
- Sì ovviamente.
- E perché non c'è una nuvola quassù?
- E' notte.
- E' sempre notte.
- E di notte le nuvole non stanno.
- Falso perché piove quando dormo. Piove sempre. E dormo dentro il letto.
- La verità è che il cosmo non ha vita, quella vita che sappiamo noi, e noi abbiamo vita perchè l'acqua, il sole, non riesce ad attirarla fino a sé.

Quest'ultima non era l'uscita ennesima di Panciariccia, ma la risposta che Numerico Morato stava dando a Finanzio Tuttoquanto, sette leghe indietro, evidentemente sincronizzato, pur senza saperlo, con le stesse filosofalette angustie dell'amato Panciariccia.

- E perché non ce la fà?
- Perché la terra è forte e tiene l'acqua avvinta a sé. L'acqua guarda verso il cielo e cade giù. E poi si fa la muffa.
- La muffa? – Finanzio Tuttoquanto non capiva.
- Il sole si vendica e fotografa. L'acqua non è sua, ma la trasforma in pianta. Il sole pensa di poter succhiar la pianta ma la pianta resiste perché la terra è sempre forte. E allora la pianta si stacca dalla terra e si muove a modo di serpente. Che mette le ali per andare finalmente richiamato dalla luce. Ma la terra è sempre forte e moriremo.
- E perché pensare a pecore nel cielo?

Sette leghe avanti era Gadamer che domandava ancora a Panciariccia adesso.

- Tu fai il filosofo, Gadamerino, e voglio dirti che viene anche a me di far filosofia. Perché ho capito adesso che mi piace veder l'infinito e pensare di poterlo camminare.
- E cammini con le pecore nel cielo?
- No, ma le pecore così lo disegnano passin passetto, e sembra di poterlo camminare. Io non so quant'è distante l'orizzonte qui, ma sembra lontano eppur vicino assai. Vogliamo prenderla oramai, se dov'è andata tu lo sai?

Si faceva filosofia su questa stella, senza saper perché. Ma senza oriente di materie ed occidente di passati, veniva assai leggero strambeggiare sulla natura e sul dolore. Ora li lascio percorrere la stella che non sanno cosa sia: e per capire cosa fossero le orecchie che Gadamer intravedette intorno ai fianchi del contabile, rimandiamo ad altra mane, la nostra tenera filosofia...
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