Apatheia

Il posto fisso

La fame dei figli non è precaria

In Italia il mercato del lavoro è il più flessibile d'Europa ma nonostante tutto, a detta di chi il posto fisso ce l'ha, ci si annoia mortalmente. Ma sì, meglio divertirsi, quando si è giovani, tra libertà di licenziamento, garanzie e tutele negate e nessun diritto. Se non ci si diverte da giovani quando ci si vuole divertire da vecchi senza pensione? Il saggio scopritore di questa noia giovanile, piaga che devasta la società contemporanea, peraltro mai prima d'ora studiata e nemmeno scoperta ed isolata da altri, è il salvatore dell'Italia. Lui sì deve essere molto annoiato infatti, dalla tenera età di 26 anni ha il primo posto fisso diventando professore ordinario dell'Università di Torino, posto fisso che lascia impavidamente a 42 anni per un altro posto fisso sempre come professore alla Bocconi di Milano e poi ancora, temerariamente a 46 lascia per un posto ancor più fisso da rettore fino a mollare tutto, estremamente annoiato, per diventare all'età di 51 anni presidente. Che noia mortale per noi che ci divertiamo come i pazzi a saltare da una parte all'altra. Dimenticavo che per annoiarsi come lui bisogna anche essere figli di un direttore di banca e nipote di un banchiere perché se sei figlio di un operaio la noia non ti sfiora neanche da lontano e la strada da percorrere e tutt'altro che noiosa.

Mio nonno, quando ero bambino, ai tempi delle scuole medie, mi diceva (lo traduco in italiano mantenendo la forma dialettale del suo dire): "Studia, prenditi un pezzo di carta così poi ti trovi un lavoro, ti sposi e fai i figli". Mio nonno non era un banchiere era un operaio. Ci sono certe categorie in cui non è il singolo ad avere il posto fisso ma intere generazioni, posti fissi tramandati di padre in figlio, posti eterni. Il figlio di un normale lavoratore, un operaio o un impiegato, tramanda a suo figlio solo incertezze, paure e povertà. Ma è da loro che si pretendono sacrifici perché tanto i lavoratori, i disoccupati ed i precari sono ben abituati a questa divertente e variegata condizione.

In questi ultimi dieci anni, grazie a uomini mandati dalla provvidenza, si è cercato di dare molto valore, fino a diventare quasi una conditio sine qua non, all'equazione: precarietà uguale aumento dell'occupazione, licenziamento facile uguale assunzione ma in realtà non c'è stato alcun aumento dell'occupazione e dei redditi, il Pil non è cresciuto, le aziende non sono più competitive, l'economia è in recessione e la disoccupazione giovanile è al 31% e al Sud supera il 40%. Non bisogna essere emeriti professori per capire che se un lavoratore non ha la certezza di poter pagare a rate non compra l'auto e il venditore di auto che non vende l'auto, potendolo fare liberamente, licenzia il lavoratore che non aveva la certezza di poter comprare l'auto. È come una vecchia canzone di Branduardi, quella del topolino comprato al mercato, è una catena mostruosa, un cerchio dal quale non si esce più se si continua a ragionare senza guardare lontano, senza progettare il futuro, solo rattoppando qua e là e colpendo sempre e solo la silenziosa classe dei più deboli. Tra l'altro le banche, che il professore conosce molto bene, non ti danno un bel niente se sei un precario e se non sei assunto a tempo indeterminato. È la prima cosa che ti chiedono oltre a preferire i dipendenti pubblici a quelli privati.

Il professore, ma anche i suoi valorosi predecessori, non ricorda i sogni di un giovane, non ricorda che non sogna una vita divertente fatta magari di festini piene di belle ragazzine, non è la noia che vuole combattere ma vuole un lavoro per il quale ha studiato e, avendo la certezza di mantenerlo, vuole costruire il suo futuro, vuole comprare una casa e quindi costruirà il futuro di costruisce le case, vuole comprare un'auto e quindi costruirà il futuro di chi costruisce le auto eccetera. Un donna vuole un lavoro per il quale ha studiato ed oltre a volere la casa e l'auto, vuole dei figli senza essere per questo liberamente licenziata. La fame dei figli non è precaria, è fissa, viene tutti i giorni e tutti i giorni ci vogliono i soldi per sfamarla. I giovani vogliono un lavoro sicuro, dove non si corra il rischio di non tornare a casa, dove ci siano dei controlli, delle tutele, delle garanzie. O forse, oltre ad annoiare il lavoro fisso, annoia anche un lavoro dove non succede mai niente, non si fa male mai nessuno?

Al mio Sindaco chiederei di impegnarsi soprattutto e fortemente su due punti per me fondamentali: il lavoro e le case popolari perché sono convinto che il cittadino che abbia un lavoro sicuro ed un tetto, oltre a non annoiarsi è felice, gli sembra tutto più bello e non si lamenterà nemmeno se per un buco sull'asfalto si fratturerà una gamba e le piazze sembreranno, ai suoi occhi gioiosi, tante piazze San Pietro.
Poi, per la noia di senatori a vita e posti fissi eterni possiamo studiare dei rimedi efficaci con calma.

P.S.: A proposito di professore, è morto Ben Gazzara, 'o professore 'e vesuviano nel film 'Il camorrista' di Tornatore. Grande attore.
Apatheia

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La rubrica di Rino Negrogno

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Il professore di Trani 25 gennaio 2015 Il professore di Trani
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