Apatheia

Le ceneri

È così che finisce il Carnevale

Mia madre si sveglia sempre all'alba ma stamattina è già abbigliata, si pettina allo specchio, ha la faccia da cerimonia importante e soprattutto, ha la faccia di chi vuole le si domandi dove debba andare alla buonora. Sospetto che la risposta sia un monito ma glielo chiedo comunque. Deve andare a prendere le Ceneri ed ovviamente me lo dice con tono solenne per sottolineare che io sia un miscredente senza Dio. È vero, non ci pensavo più, ieri ho accompagnato mio figlio ad una festa in maschera, è così che finisce il Carnevale. Lo so che è così che comincia la Quaresima ma, essendomi occupato di queste faccende di più quando ero bambino, mi riesce naturale di fare i conti con questo metro di misura: con le Ceneri finisce il Carnevale, l'uovo di Pasqua dai nonni in cambio di una foglia di ulivo e di un bacio alle Palme e la scarcella a Pasqua, fatta a mano, col gileppo che bisognava girarlo sempre nello stesso verso, nella stanza non ci dovevano essere donne mestruate e non se ne doveva parlare troppo. Un metro di misura sicuramente comodo e, visto che sono passati diversi anni, farò anche un po' di confusione nel ricordare, chiedo venia per questo.

Mia madre va via, sottolineando anche con il tonfo della porta il suo dissenso, schernita dalla mia espressione che le sarà sembrata di sufficienza ma in verità era quella tipica di quando mi trasferisco dall'altra parte, nell'altra dimensione. Pensavo alle scarcelle. Pensavo a lei che non se n'era mai persa una di queste funzioni, intrisa di orgoglio per questo, per lei è sempre stato un punto di onore. Noi bambini invece ne approfittavamo e cercavamo di prendere tutto quello che di buono c'era da prendere come il fatto di alzarsi alle due di notte il giovedì santo per andare a vedere la Madonna Addolorata. Mi ricordo il brusio che diveniva silenzio solenne quando si spegnevano le luci, la banda intonava il requiem, dalla folla riuscivi a vedere solo il volto pallido ed impaurito della statua che ondeggiava lentamente, pronta per la sua lunga notte, alcune donne urlavano la loro disperazione, chiedevano alla Madonna di guarire o di morire e mia nonna con le lacrime agli occhi ci imponeva di stare in silenzio. Non doveva essere una cosa divertente.

Mi sono sempre chiesto se mia madre, come anche mia nonna, sia davvero così convinta, così come mostra da sempre, se sia sempre stata così convinta, in ogni istante della sua vita, senza mai un dubbio, una caduta, sempre la prima a mettersi in ginocchio, la prima in fila per ricevere la comunione. Mi sono sempre chiesto se non sia stata la sua ostentata certezza a farmi dubitare, la sua strada sicura a non farmi mai avere nessuna certezza, nessuna. Le ceneri mi hanno fatto venire in mente un'altra cosa, una frase che ripeteva mia nonna quando la accompagnavamo il 2 novembre al camposanto per visitare i defunti. Ogni volta, quando uscivamo, ripeteva: "Buonasera camposanto, buonasera a tutti quanti, voi eravate come noi e noi saremo come voi." Non c'era nulla da stare allegri.

Mi son sempre chiesto se fossero felici, se, per mia nonna, come per tutte le donne che erano venute fuori da una guerra ed erano rimaste senza un marito e con 6 figli da mantenere, la vita non fosse stata troppo difficile, tanto da restare imprigionate in una grande paura, tanto da aver per forza bisogno di una grande speranza. Stamattina quando ho visto mia madre andar via, è questo che ho temuto, che la sua o la mia, fosse solo paura.
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La rubrica di Rino Negrogno

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