Storie di città

A Trani l’amore secondo Federico Moccia

Rosa Barca e le nostre storie di città

L'amore secondo Federico Moccia, anche a Trani. Sigillare le unioni in un lucchetto è diventata prassi comune per molti adolescenti. I discepoli "mocciosi" crescono e si diffondono a tutte le latitudini. Basta fare una ricerca su Internet per scoprire quante città ospitano luoghi dedicati ad un amore ricostruito in perfetta armonia con le regole dettate da "Tre metri sopra il cielo" e "Ho voglia di te", film cult per un'intera generazione di giovani coppie. Lucchettomania nazionale. Non solo Roma e il Ponte Milvio, dunque. I lucchetti dell'amore hanno trovato ospitalità un po' ovunque oltre che sulla rete dove esistono appositi siti Internet in cui è possibile, a colpi di clik, inviare un messaggio e vederlo trasformare, come per magia, in un lucchetto che si chiude.

La fantasia degli innamorati non conosce limiti. Mille e seicento tesserati di un centro anziani della Capitale hanno messo a disposizione un albero di pino del loro giardino per ospitare i lucchetti. Le chiavi vengono raccolte e poi gettate tutte insieme nel Tevere "così da fare un solo viaggio per tutti", hanno poi commentato. E' Moccia style anche ad Alassio. La città italiana si fregia del titolo di "Città degli Innamorati" su comunicazione ufficiale del Ministero dello sviluppo economico, soffiando il marchio a Verona. Nella terra che ricorda la leggendaria storia d amore di Adelasia e Aleramo, i lucchetti si attaccano alla chiave della città posta sul celeberrimo muretto e gli innamorati poi gettano le chiavi dalla cima del molo.

I lucchetti dell'amore sono diventati anche un cortometraggio, presentato in occasione del Tuscia Film Fest 2008. In questo caso si fa una critica esplicita, presentata in una veste divertente, nei confronti di una moda che spoglia gli adolescenti di originalità e personalità. Il boom della ferraglia mocciana è esploso anche a Trani. Per un breve periodo, gli innamorati avevano scelto il lungomare Mongelli. Poche decine di lucchetti, subito spariti. Adesso il santuario dell'amore è diventato il fortino della villa Comunale. Agganciati alle ringhiere, con vista Cattedrale. Ne abbiamo contati una trentina, ma il numero cresce in maniera esponenziale, di giorno in giorno, vuoi anche per il passaparola. Su ogni lucchetto il nome dei protagonisti, le date di fidanzamento, qualche frase sdolcinata. Chi ha avuto meno fantasia si è limitato a citare il titolo dei film che ha ispirato il gesto. E poi giù le chiavi, nello specchio d'acqua del porto.

Il colpo d'occhio piace e non piace. Per alcuni i lucchetti deturpano la visuale (anche se le ringhiere mezze arrugginite non rendono ugualmente giustizia), per altri possono costituire un elemento di attrattiva, un valore aggiunto, un argomento in più per spingere la gente a rifrequentare la villa comunale. "Benvenuti a Trani, città della pietra e dell'amore". Chissà che la trovata non possa essere raccolta e che non ci si imbatta, a breve, in venditori ambulanti di lucchetti per le vie centrali del giardino comunale. Fra gli adolescenti si discute del dilagante fenomeno, divenuto di pubblico dominio. C'è chi non esita a definirlo come "una manifestazione d'amore ridicola". I lucchetti "mocciosi" vengono visti come simbolo deleterio della fedeltà incatenata, incoerente con il concetto di libertà, implicito nel sentimento stesso dell'amore. I cultori del cinema di Truffaut e le generazioni di chi è cresciuto leggendo Charlotte Bronte o Jane Austen contestano una così spavalda celebrazione di una storia che ha costruito, in tutta Italia, banali officinedell'amore. Ognuno di noi è libero di esternare e manifestare i propri sentimenti come vuole, ma perché cadere sempre nell'omologazione e in modelli artefatti? E' quello che si domandano in molti, ma intanto il tormentone è servito. Consoliamoci: è una moda. E tutte le mode hanno vita breve.
6 fotoAnche a Trani i discepoli di Moccia
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