Storie di città

Quando l’amore sa essere più forte della malattia

Una dura battaglia contro l'Alzheimer

Le chiedo di poter tornare da lei a farle visita. Le sorrido e lei mi da un bacio sulla guancia. Chiara (nome di fantasia) non mi conosce, eppure per un attimo abbiamo provato qualcosa l'una per l'altra. Mi volta le spalle accennandomi un sorriso e ritorna alle sue faccende. «Seguimi - mi dice – perché dobbiamo andare». E inizia a camminare frettolosamente. Di lì a poco non resta un ricordo di me.

Cammina e cammina, girovaga senza meta alcuna. Lo fa tutti i giorni. Seguo con gli occhi il suo respiro ritmato dal desiderio furioso di porre fine alla sua ansia che non le concede pace.

E' una donna graziosa di quasi settant'anni, ma non posso far a meno di subirne violentemente il fascino. «Lei aveva sempre avuto una gran cura di sé» mi racconta Stella, sua figlia. Non ha un capello fuori posto e scorgo un leggero filo di trucco sul volto che ne esalta i dolci lineamenti. Oggi quando si guarda allo specchio si piace come un tempo di cui non resta quasi nulla. Li chiamano gusci vuoti perché non direste mai che dietro l'insidiosa ruggine del tempo che logora il corpo nel suo processo naturale si nasconde qualcosa di cui loro presto perdono completamente la percezione. Chiara è malata di Alzheimer da due anni.

La malattia, apparsa dapprima in forma subdola è ora galoppante. Si sta portando via tutti i suoi ricordi, quelli che si conservano parsimoniosamente in soffitta, quelli di una giovane donna che ha iniziato a insegnare all'età di 17 anni, quelli di moglie premurosa e persino quelli che talvolta vorremmo reprimere ma a cui, nel caso di Chiara, sta provvedendo qualcosa di più grande al suo posto.

«Le prime volte insieme ci ridevamo su, ma pian piano che la malattia faceva il suo corso iniziava a nutrire paura. Aveva paura - ci spiega Stella - di non avere più contatto con la realtà. Si rifiutava in tutti i modi di parlarne».

Leggevo da qualche parte che, andare a caccia di ricordi, non è mai un bell'affare. Qualunque cosa trovi sulla tua strada, rimane in ogni caso un nulla di fatto. Queste parole però non consolano, non consolano l'esistenza di Chiara né quella delle persone che hanno vissuto ogni giorno accanto a lei e che non appartengono più alla sua storia se non in qualche vago ricordo, insignificante di fronte a una vita intera.

Mi avvicino alla sua storia in punta di piedi. Nel cortile di villa Nappi un albero di mimose ci ricorda che è quasi primavera. E' lì che la incontro per la prima volta. Stella tre giorni a settimana la porta in questo centro. Gli interventi di villa Nappi mirano di volta in volta al miglioramento delle sue prestazioni cognitive, all'ottimizzazione del suo stato funzionale, al controllo dei sintomi comportamentali e psichici di Chiara e di altre persone affette dalle stesse patologie. Gli operatori del centro si prendono cura di loro, accudendoli con lo stesso riguardo che si ha nei confronti di persone care da sempre. «Mia madre non si è mai fermata un attimo. Non c'era quasi mai – mi racconta Stella - perché si dedicava al volontariato, assistendo negli ospedali i malati oncologici. Le piaceva viaggiare, andare a teatro e dedicarsi ai suoi nipoti». La malattia ha messo un punto a tutto questo. L'Alzheimer distrugge tutto quello che una maestra come lei ti insegna a fare.

Il suo è un destino segnato. Chiara purtroppo non potrà sottrarsi. Stella lo sa. E lei è il suo punto di riferimento. Chiara non ricorda talvolta che lei sia la figlia, ma sa che c'è Stella e che Stella è sua, che si appartengono, che c'è qualcosa di più incredibilmente forte di una malattia, che non annulla il rapporto tra madre e figlia. Dicono che tutto questo sia assolutamente speciale, che talvolta le persone più significative sono le prime a non essere più riconosciute, che non v'è scampo a questo. Ma questo non è il loro caso.

Chiara fra qualche giorno compirà 70 anni. Sicuramente a villa Nappi e a casa le faranno una grande festa. Oggi, festa della donna, non possiamo che dedicarle i nostri auguri.
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