Storie di città

Partigiano e tranese, di Andrea Esposito non si ha memoria

Da Milano chiedono l'intitolazione di una via per l’operaio fucilato a piazzale Loreto

Una delle pagine di storia nazionale più cruente è sicuramente quella di piazzale Loreto a Milano. Il 10 agosto del 1944, in quel luogo, quindici partigiani furono fucilati da militi del gruppo Oberdan della legione Ettore Muti della Repubblica sociale italiana, per ordine del comando di sicurezza nazista, e i loro cadaveri vennero esposti al pubblico.

A Milano e in tutta Italia quei 15 italiani sono onorati come martiri. Nelle loro città d'origine e a Milano stessa sono onorati con monumenti, lapidi, persino scuole a loro intitolate. Ogni anno, indipendentemente dalla colorazione politica della giunta in carica, a Milano il 10 agosto si tiene una cerimonia di commemorazione con la partecipazine delle massime autorità civili, religiose e militari meneghine e della intera Lombardia.

Tra i quindici partigiani uccisi vi erano due pugliesi: Emidio Mastrodomenico (nato a San Ferdinando di Puglia nel 1922, agente di polizia del commissariato di Lambrate a Milano in contatto con la resistenza e capo di una formazione partigiana) ed il tranese Andrea Esposito. Di lui si sa che era nato a Trani nel 1898. Operaio, militante comunista e partigiano attivo nella 113ma Brigata Garibaldi, venne arrestato insieme al figlio Eugenio. Mentre Andrea fu fucilato in Piazzale Loreto, Eugenio venne deportato in Germania, prima nel campo di concentramento di Flossenburg e poi in quello di Dachau ai quali sopravvisse.

A ricordarci la storia è Riccardo Croce, un milanese figlio di genitori tranesi che chiede, attraverso il nostro portale, un riconoscimento alla memoria di Andrea Esposito, anche solo l'intitolazione di una via come ha fatto il Comune di San Ferdinando per Emidio Mastrodomenico.

La strage di piazzale Loreto fu attuata dai nazifascisti come rappresaglia per un attentato consumato l'8 agosto 1944 contro un camion tedesco parcheggiato in viale Abruzzi a Milano. In quell'attentato non rimase ucciso alcun soldato tedesco, anzi provocò la morte di sei cittadini milanesi e il ferimento di altri undici. I nazifascisti decisero comunque di rispondere a quell'attentato con un atto forte, un gesto di deliberato terrorismo che aveva lo scopo di stroncare la simpatia popolare per la resistenza al fine di evitare ogni forma di collaborazione e garantire alle truppe naziste la massima libertà di movimento verso il Brennero. Dopo la fucilazione a scopo intimidatorio i cadaveri scomposti furono lasciati esposti sotto il sole della calda giornata estiva, coperti di mosche. Meno di un anno dopo, il 29 aprile 1945, sullo stesso piazzale furono esposti i cadaveri di Mussolini, di Claretta Petacci e di altre 15 persone giustiziate.
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