Violenza
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Cronaca

«Sollevò la maglietta da dietro ed infilò la mano nel jeans»

Sesta provincia, il racconto della dipendente molestata. Su La Gazzetta del Mezzogiorno la deposizione davanti al PM

All'indomani dell'arresto del dirigente della ragioneria della provincia Bat, il canosino Giuseppe Di Biase, per le presunte molestie ai danni di una dipendente tranese, il cronista Antonella Norscia, su La Gazzetta del Mezzogiorno, ha riproposto alcuni passaggi significativi del racconto della vittima davanti al pubblico ministero Fabio Buquicchio.

«Ho molta paura di raccontare, perché sono in prova al lavoro ed il dr. Giuseppe Di Biase è un dirigente e persona influente». Inizia così il racconto della giovane dipendente tranese vittima della violenza sessuale costata l'arresto al 52enne canosino dirigente del settore finanze e tributi della Provincia di Barletta, Andria, Trani. La lingua si scioglie, tra le lacrime, il 16 giugno scorso davanti al pubblico ministero Fabio Buquicchio che da oltre 2 mesi sta indagando sulle presunte molestie ai suoi danni. Non denunciate. Anzi, il 20 aprile, convocata dalla polizia giudiziaria, la giovane aveva detto: «Non voglio raccontare alcun episodio inerente la mia vita privata». E convocata il 2 maggio presso il commissariato di Andria aggiunse: «Rispetto ad episodi di abusi sessuali che si sarebbero verificati ai miei danni all'interno della sede di Andria della Provincia, non intendo fornire conferme né smentite».

Il racconto - Imbarazzi evitati con la richiesta di trasferimento dalla sede provinciale di Andria di Piazza San Pio X negli uffici di un'altra città. Ma l'inchiesta, comunque, prende il via d'ufficio. Il pm lo fa presente e davanti alla persistente volontà della giovane di non voler denunciare nulla, le evidenzia di «essere tenuta a dire la verità». E così la giovane donna racconta che la mattina di venerdì 4 marzo era stata «convocata dal dirigente del settore finanziario, Di Biase, e dal dirigente del settore personale, Digiesi, perché fosse attuato un maggiore coordinamento tra i due settori e perché fosse data soluzione ad un problema lavorativo in sostituzione peraltro di una collega». Di Biase le aveva detto di ripassare da lui in quanto le doveva dare una cosa.

Le avances - «Ci lasciammo – racconta - e quando tornai da lui, dopo una ventina di minuti, mi regalò un libro che mi poteva essere utile per il lavoro. Mi disse che avevo possibilità di crescere e mi dovevo distaccare dalla collega ed essere più autonoma e che qualsiasi dubbio avessi avuto lui poteva aiutarmi. M'invitò a trattenermi un pomeriggio per spiegarmi i collegamenti tra i settori per lavorare insieme». Cosa che avvenne il 7 marzo. Non avendo ricevuto alcuna assicurazione da Digiesi circa il pagamento dello straordinario, la giovane riferì a Di Biase che non sarebbe potuta rimanere. «Lui – si legge nel verbale - mi disse che era una cosa informale e che poi me lo faceva avere lui lo straordinario e comunque era una cosa che mi serviva come se fosse formazione, e che mi stava facendo un favore. Mi convinse a rimanere. Mi fece sedere alla mia scrivania e si sedette accanto a me. S'avvicinò sempre di più sino quasi a ritrovarsi sulla mia sedia ed iniziò a mettermi le mani addosso. Mi poggiò la mano sulla spalla e sul fianco, e dal fianco è salito sino a toccarmi il seno dal lato. Mi prese la mano e l'incrociò con la sua, io cercavo di togliere la mano ma e lui la rimetteva. Poggiava la mano sulla mia gamba e l'accarezzava arrivando all'interno coscia, io la tolsi prima che potesse proseguire. Sollevò la maglietta da dietro ed infilò la mano nel jeans, io gli spostai la mano e mi appoggiai con la schiena sulla sedia per evitare che lo rifacesse. Mi metteva anche la mia mano sulle sue gambe ed io la ritiravo. Poi si alzò, si mise dietro di me ed iniziò ad accarezzarmi il collo e mi dette anche qualche bacio sulla guancia, lo ogni volta fermavo i suoi gesti, ma non sono riuscita a parlare, mi sembrava come se fosse malato. Appena gli levavo la mano da una parte me la metteva dall'altra e non mi dava tregua».

Le "spiegazioni" - Tutto ciò sarebbe avvenuto mentre Di Biase le dava spiegazioni sulle buste paga. «Lui mi diceva di stare tranquilla, di non vederlo come un dirigente ma come un amico, che mi avrebbe fatto crescere professionalmente lì dentro. Mi faceva scrivere qualcosa e poi continuava a mettermi le mani addosso». La dipendente, secondo la ricostruzione fornita nell'ordinanza del gip, «non aveva reagito in maniera più energica in quanto aveva temuto che il dirigente potesse passare ad azioni sessuali più violente ed aveva temuto che una diversa reazione da parte sua avrebbe in qualche modo potuto pregiudicare la sua posizione lavorativa, essendo stata assunta da poco. Insomma, si era limitata, continuamente, ad ostacolarlo, allontanando quelle mani tentacolari dal suo corpo oppure muovendo le gambe». Si erano quindi spostati nella stanza del dirigente. «Mi disse - continuò a raccontare la vittima - che mi doveva fare vedere una cosa sul bilancio. Siamo entrati, ha chiuso la porta, non a chiave, si è messo davanti al computer mi ha chiesto di mettermi accanto a lui ed ha iniziato di nuovo ad accarezzarmi, facendo le stesse cose che aveva fatto nella mia stanza. Mi ha fatto vedere le voci di bilancio. Mi ha messo la mano dietro la schiena accarezzandomi sulla schiena ed arrivando sino al seno. Sopra la maglietta. Mi ha accarezzato la gamba e mi ha preso la mano, più o meno te stesse cose. Ha preso la mia mano e l'ha messa sulla sua gamba, io l'ho tolta. Anche in quest'occasione, per gli stessi motivi, non dissi nulla; siamo usciti dalla stanza e siamo tornati nella mia stanza per farmi installare un programma sul mio computer ed in quel tragitto mi ha messo la mano sul sedere. Camminavamo accanto e dalla schiena è sceso al sedere, sempre sui pantaloni. Ho visto un collega in una stanza ed in quel momento stavano passando due dirigenti e lui si è subito spostato in avanti».

L'incubo continua - «Siamo andati nella mia stanza, lui è arrivato prima perché dopo quell'incontro è andato più veloce di me. lo sono entrata e ho lasciato la porta aperta anche perché di fronte alla mia stanza c'è una telecamera. Lui ha chiuso la porta. Ha chiamato il tecnico per installare il programma. Si è seduto vicino a me che stavo al computer, ha continuato ad accarezzarmi. E' durato poco perché si è alzato per richiamare il tecnico da un'altra scrivania. Il tecnico disse che era meglio farlo il giorno dopo. Quindi io mi sono alzata per prendere la borsa ed il telefonino, ho messo il telefonino in tasca per andare in bagno a chiamare il mio ragazzo e lui, che era in piedi con il telefono, chiuse la telefonata si mise di fronte a me e disse: spegniamo e chiudiamo tutto, possiamo andare via. In quel momento ha provato a baciarmi sulle labbra, io mi sono spostata e lui si è limitato a baciarmi sulla guancia».

Antonello Norscia - La Gazzetta del Mezzogiorno
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