La NarraVita

Diverso da chi?

Il rispetto dei diritti non può prescindere da chi si decide di amare

Proprio in questi giorni la Corte europea dei diritti umani (Cedu) di Strasburgo ha condannato l'Italia, ritenendo che «la tutela legale attualmente disponibile» nel nostro Paese «per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di due persone impegnate in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile» e ha pertanto richiesto 'una forma istituzionalmente definita' per riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso. La sentenza diventerà definitiva tra 3 mesi se i ricorrenti, o il Governo, non chiederanno e otterranno un rinvio alla Grande Camera per un nuovo esame della questione.

E allora ho deciso di chiedere a qualcuno dei miei amici omossessuali cosa ne pensasse e devo dire che purtroppo nessuno è voluto uscire dall'anonimato fittizio in cui vive. Ma raccontare significa anche difendere le fonti e allora racconterò la sua vicenda attribuendogli un nome di fantasia.

Martino non vuole che si sappia con certezza che è omosessuale perché anche se molti lo sanno e molti ancora lo "sospettano" lui non vuole dare risposte in merito alla sua sessualità perché su tutto desidera sentirsi libero di essere Martino e non un diverso. Ma diverso da chi?

È molto contento della condanna della Corte di Strasburgo perché l'Italia, una Repubblica laica, deve sapere che amare una persona dello stesso sesso non significa macchiarsi di un reato, non significa essere dei pervertiti depravati né tantomeno essere dei pazzi senza sentimenti.

Martino dice di sentirsi un uomo normale e di amare il suo uomo con cui condivide la casa e il letto da sette anni, di aver sofferto molto le critiche e i sorrisi maligni della gente e di aver smesso di esprimere in pubblico il suo amore anche solo con un timido bacio. Di aver lottato contro l'omosessualità come se fosse una malattia, di essersi sentito perso e angosciato quando si è reso conto di non sentirsi attratto dalle sue amichette di scuola, di aver parlato con la sua famiglia sapendo che non avrebbero mai accettato una cosa simile. Ma poi si sa l'amore di una famiglia supera tutto e adesso quando con il suo compagno porta la sua mamma a fare la spesa si sente molto felice e sereno: "Sin da piccolo senti e vedi un grande razzismo nei confronti dei gay, una non accettazione totale, un rifiuto che ti costringe a reprimere la tua natura e ti porta a provare attrazione per l'altro sesso per non ammettere che provi attrazione per una persona del tuo stesso sesso e lo rimuovi completamente. Ma questa rimozione non cambia quello che provi e d'improvviso, ti senti intrappolato in un mondo che non è il tuo, prigioniero di una parte che non riesci più a sostenere e cominci a capire che non puoi più tenere la maschera".

Essere gay non è una scelta, un'abitudine, un vezzo o peggio ancora una moda ma uno stato di natura dell'uomo. Spesso, per paura, ci si nasconde dietro una finta eterosessualità per non dover affrontare tutte le difficoltà legate all'universo gay che diviene, sempre più spesso, un mondo a parte e ghettizzato.

Ma ora che la Corte di Strasburgo ha ammesso che negare la possibilità di un'unione civile tra persone dello stesso sesso è un vero e proprio crimine contro i diritti umani, Martino è davvero contento e sente che questa vittoria è anche la sua. Vuole sposarsi ma non a Trani, forse lo farà in un'altra città e di figli sente ancora di non poter parlare perché al contrario di quello che molti pensano anche lui si sofferma a pensare a come potrebbe essere la vita di un figlio con due papà e due mamme e non sa decidere.

Ma quello che desidera piano piano è di sentirsi davvero libero, libero di non vergognarsi e libero di esprimersi, libero di amare senza imbarazzo e di sentirsi amato, libero di camminare abbracciato con il suo compagno e passeggiare per questa bellissima Trani, senza però che arrivi la tremenda sentenza che per strada ti addita e ti chiama "Ricchione!".
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