
Cronaca
Malasanità? Morte di Pasquale Crocetti: la Procura di Trani chiede l'archiviazione, la famiglia si oppone con una nuova perizia
L'uomo di Trani morì per shock settico dopo due dimissioni da Bisceglie. La difesa contesta i medici: "Sarà il GIP di Trani a decidere"
Trani - martedì 4 novembre 2025
18.15
Il caso di Pasquale Crocetti, l'uomo di 68 anni originario di Trani e residente a Varese, morto in Puglia lo scorso 2 giugno, torna al centro dell'attenzione giudiziaria. Dopo un calvario di quattro giorni segnato da forti dolori addominali e da due dimissioni consecutive dal Pronto Soccorso di Bisceglie, la Procura di Trani ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta a carico di tre medici.
Il Contesto della Tragedia e la Posizione della Procura
Pasquale Crocetti, tornato nella sua amata Trani dopo una vita al Nord, era deceduto all'ospedale di Andria dove, dopo i due accessi a Bisceglie, era stata finalmente diagnosticata una perforazione duodenale con peritonite acuta e shock settico. Nonostante l'operazione d'urgenza, l'intervento si era rivelato tardivo. Nelle scorse settimane, la Procura di Trani, pur ammettendo che le condotte dei sanitari coinvolti a Bisceglie non fossero "esenti da censura", ha sostenuto che non sia dimostrabile oltre ogni ragionevole dubbio che un comportamento diverso da parte dei medici avrebbe evitato il decesso del paziente.
L'Opposizione della Famiglia e la Nuova Perizia
Questa conclusione è stata fermamente contestata dalla famiglia Crocetti. L'avvocato Riccardo De Lodi, legale della famiglia, ha depositato un'opposizione all'archiviazione, corredata da una nuova perizia di parte. Secondo i consulenti della difesa, Sandro La Micela e Gianluigi Melotti, si sarebbero verificate gravi omissioni diagnostiche presso il pronto soccorso di Bisceglie. Nello specifico, non sarebbe stata richiesta una consulenza chirurgica e non sarebbe stata eseguita una TAC, nonostante i segni di un addome acuto fossero già evidenti. La memoria tecnica dei consulenti è cruciale e mette in discussione le conclusioni della Procura: "Tra il nulla e una possibilità del 75% di individuare la perforazione intercorre una differenza enorme: un dubbio ragionevole che non può giustificare l'archiviazione."
Per la famiglia, un ritardo diagnostico di oltre 48 ore ha compromesso in modo irreversibile le possibilità di sopravvivenza dell'uomo, che con una diagnosi tempestiva avrebbe avuto una probabilità di salvezza prossima alla certezza.
Ora la decisione finale spetta al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Trani, che dovrà valutare l'opposizione e decidere se disporre nuove indagini o confermare la richiesta di archiviazione, ma la tragica vicenda di Pasquale Crocetti, l'uomo di Trani morto dopo essere stato dimesso per due volte dal Pronto Soccorso di Bisceglie, pone un riflettore doloroso sulle criticità strutturali e organizzative che da anni affliggono il sistema sanitario pugliese, in particolare nelle aree di emergenza e urgenza. Il punto nevralgico della contestazione legale—il ritardo diagnostico—è un problema che spesso si interseca con la carenza di personale medico specializzato e il sovraccarico dei Pronto Soccorso (PS). La domanda finale che ci si pone è amara: e se avessimo avuto il Pronto Soccorso a Trani? Forse quel ritardo diagnostico non sarebbe stato letale.
Il Contesto della Tragedia e la Posizione della Procura
Pasquale Crocetti, tornato nella sua amata Trani dopo una vita al Nord, era deceduto all'ospedale di Andria dove, dopo i due accessi a Bisceglie, era stata finalmente diagnosticata una perforazione duodenale con peritonite acuta e shock settico. Nonostante l'operazione d'urgenza, l'intervento si era rivelato tardivo. Nelle scorse settimane, la Procura di Trani, pur ammettendo che le condotte dei sanitari coinvolti a Bisceglie non fossero "esenti da censura", ha sostenuto che non sia dimostrabile oltre ogni ragionevole dubbio che un comportamento diverso da parte dei medici avrebbe evitato il decesso del paziente.
L'Opposizione della Famiglia e la Nuova Perizia
Questa conclusione è stata fermamente contestata dalla famiglia Crocetti. L'avvocato Riccardo De Lodi, legale della famiglia, ha depositato un'opposizione all'archiviazione, corredata da una nuova perizia di parte. Secondo i consulenti della difesa, Sandro La Micela e Gianluigi Melotti, si sarebbero verificate gravi omissioni diagnostiche presso il pronto soccorso di Bisceglie. Nello specifico, non sarebbe stata richiesta una consulenza chirurgica e non sarebbe stata eseguita una TAC, nonostante i segni di un addome acuto fossero già evidenti. La memoria tecnica dei consulenti è cruciale e mette in discussione le conclusioni della Procura: "Tra il nulla e una possibilità del 75% di individuare la perforazione intercorre una differenza enorme: un dubbio ragionevole che non può giustificare l'archiviazione."
Per la famiglia, un ritardo diagnostico di oltre 48 ore ha compromesso in modo irreversibile le possibilità di sopravvivenza dell'uomo, che con una diagnosi tempestiva avrebbe avuto una probabilità di salvezza prossima alla certezza.
Ora la decisione finale spetta al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Trani, che dovrà valutare l'opposizione e decidere se disporre nuove indagini o confermare la richiesta di archiviazione, ma la tragica vicenda di Pasquale Crocetti, l'uomo di Trani morto dopo essere stato dimesso per due volte dal Pronto Soccorso di Bisceglie, pone un riflettore doloroso sulle criticità strutturali e organizzative che da anni affliggono il sistema sanitario pugliese, in particolare nelle aree di emergenza e urgenza. Il punto nevralgico della contestazione legale—il ritardo diagnostico—è un problema che spesso si interseca con la carenza di personale medico specializzato e il sovraccarico dei Pronto Soccorso (PS). La domanda finale che ci si pone è amara: e se avessimo avuto il Pronto Soccorso a Trani? Forse quel ritardo diagnostico non sarebbe stato letale.

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