La NarraVita

Il mio esempio di lavoratore

Nel giorno della festa dei lavoratori, ognuno nella vita ha i propri esempi

Un venerdì molto importante questo, una puntata di questa rubrica forse di parte ma sicuramente una storia vera, onesta. Avrei voluto intervistare personaggi più in vista e forse più titolati, avrei voluto, voluto davvero. Poi ho pensato che spesso scrivere è un rischio e che bisogna correrlo.

Oggi è una festa molto importante, la festa dei lavoratori e del lavoro più in generale ed è in questa giornata che si ricordano tutti i traguardi raggiunti dai lavoratori in campo economico e sociale con l'appoggio dei sindacati.

Quando penso al lavoro, io penso a lui. Non l'ho intervistato e sono sicura che si arrabbierà moltissimo quando scoprirà di essere finito anche lui in questa mia, spesso bistrattata, rubrica. Ma esiste un valore, quello dell'onestà morale e intellettuale ed è questo che mi spinge e impone di scrivere la sua storia, la storia di un uomo semplice, la storia di un grande operaio, la storia di mio padre.

Aveva sei anni quando sua madre l'ha portato per la prima volta da un calzolaio al suo "banchetto" e lì mi ha raccontato di aver raccolto tutti i chiodini che cadevano per terra per un pomeriggio intero. Da allora lavora in questo duro e faticoso mondo e adesso ne ha sessantatré. Ma è giovane dentro e fuori. Una vita passata a lavorare, non in un ufficio, non con le mani su di una tastiera, non in un ambiente comodo e accogliente. Mio padre è uno che il mondo delle scarpe lo conosce più di ogni cosa, che ha attraversato per intero il processo di industrializzazione del settore, dai laboratori-bottega all'industria più tipica della modernità.

Un operaio orgoglioso di esserlo, un operaio che col sudore si è guadagnato tutto quello che ha, uno che lavora anche dieci ore al giorno e che anche se quando torna, barcolla per la stanchezza, ha sempre un minuto per chiedere ai suoi figli se la giornata è andata bene. Mio padre è uno che non si tira indietro, che ha lottato e scioperato, che conosce i diritti dei lavoratori e per questi ha lavorato. Mi ha insegnato a stare al mondo e ad essere sempre orgogliosa del lavoro, qualunque esso sia, perché per lui il lavoro lo nobilita davvero l'uomo, anche in un mondo che non ha rispetto dei suoi lavoratori.

Mi ha sempre detto che il suo è un lavoro pesante e faticoso, ha sempre chiesto a noi, i suoi figli, di non farlo, di studiare per poter far parte di altri mondi, di altre realtà eppure ogni volta che gli ho chiesto se tornando indietro avrebbe fatto la stessa scelta, lui risponde fiero e orgoglioso di si.

Molti lo conoscono e rispettano, per il suo carattere, per la sua cultura, quella che si è costruito negli anni con i libri letti a letto e per non avere filtri quando si arrabbia. Non sono solo belle parole e ci sono molti altri padri come il mio.

Sono sicura che il I Maggio sia più importante del suo stesso compleanno, forse più di ogni festa comandata che si rispetti. Per me è la festa delle sue mani, mani dure e piene di calli, nere alle volte, sporche, mani affaticate e fiaccate da un costante e incessante movimento identico eppure io non ho mai avuto timore che mi sporcasse perché più di tutto io amo le mani di mio padre, le mani di un operaio, di un grande lavoratore. Onore a te.
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