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Giunta, il sindaco Tarantini spiega gli addii

«Se i giocatori non rispettano gli schemi è normale che finiscano in tribuna». Intervento anche sulla vicenda stabilizzazioni

Da una lettera all'altra. A stretto giro di posta, il sindaco di Trani, chiamato in causa da Rino Negrogno, risponde ai quesiti che gli erano stati posti, in particolare su stabilizzazioni e caos giunta.

«Credo - scrive Tarantini rivolgendosi a Negrogno - tu sia persona molto raffinata che ha capito che la mia citazione sui falliti si riferiva a coloro i quali si credono detentori di verità assolute e non a coloro i quali io definisco gli ultimi, con i quali ho frequentazioni quotidiane e dai quali ho molto imparato nella vita. Ma vengo al dunque, perché di semantica potremo discutere a lungo in futuro (quando non sarò più sindaco ed avrò molto tempo). La censura è una cosa che non sopporto, per carattere e per istinto. Capisco che sia cosa incomprensibile per un convinto marxista come te, ma nessuno è perfetto. Ricambio la stima al Rino professionista ed all'uomo, al collega di lavoro in prima fila di fronte alle esigenze ed alle sofferenze dei pazienti. Ma, credimi, non mi riconosco nei panni dell'adirato o del pieno di rabbia. Non lo sono, anzi, sono in uno stato d'animo di particolare felicità poiché a breve tornerò un cittadino normale, con la sua vita e la sua professione».

Sulla vicenda dirigenti, stabilizzazioni, precariato Tarantini risponde così: «Da sindaco ho fatto il possibile e l'impossibile per sostenere possibilità di lavoro, creare occasioni o sviluppare il turismo in chiave occupazionale. Ma sono un sindaco, non il Ministro dello sviluppo economico. Ho poche e spuntate armi, come tutti i miei colleghi di questa Italia in crisi».

Riguardo alla giunta, Tarantini utilizza un riferimento calcistico: «E' come una squadra che gioca insieme per rispettare un crono programma ed ha obiettivi chiari. Io sono il caposquadra, il mister, il regista. Se decidiamo insieme di utilizzare uno schema, e poi in campo ognuno fa come gli pare, la squadra perde. Ovvio che nella partita successiva i giocatori che vanno per proprio conto restano in tribuna. Il senso di squadra però ho il dovere di mantenerlo».
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