Religioni

Proseguono i corsi di ebraico alla Sinagoga Scolanova

A breve le nuove lezioni del corso di musica ebraica

Presso la Sinagoga Scolanova di Trani, sono iniziati i corsi ebraico, bar/bat mitzvà e studio della Torah. Le lezioni si terranno con cadenza settimanale per lo studio dell'ebraico e quindicinale per bar/bat mitzvà e studio della torah.
Le prossime lezioni si terranno domenica 5 marzo alle ore 16.00 (bar/bat mitzvà), alle ore 17.00 (talmud torah) e ore 18.00 (ebraico). Per iscrizioni e informazioni contattare Franceco Lotoro al numero 340.2381725. A breve inizierà anche il corso di musica ebraica che avrà in programma: fmazione del pensiero musicale ebraico, fnomenologia della musica ebraica, srumentologia ebraica e prassi bibilica, msica degli Ebrei d'Europa e d'Italia, msica ebraica concentrazionaria, msica religiosa ebraica, percorsi del pensiero musicale ebraico. Il Corso è integrato da dispense e materiale illustrativo e ascolto commentato di materiale audio.L'ultima lezione di Rav Scialom Bahbout si è tenuta presso la Sinagoga di Trani lo scorso 5 febbraio:"Anticamente il popolo ebraico recitava i Dieci Comandamenti ogni giorno ma ciò portò il popolo a pensare che il resto della Torah non fosse importante. A ragion di ciò, nelle preghiere quotidiane i Chachamìm (Maestri) decisero di sostituire i Dieci Comandamenti con lo Shemà che riporta tre brani tratti dalla Torah (Deut. 6,4-9; Deut. 11,13-21; Num. 15,37-41) per riaffermare come la Torah costituisca il fondamento della preghiera e della vita dell'Ebreo.

Ciò fu voluto anche come risposta all'affermazione cristiana che solo i Comandamenti potevano ritenersi di provenienza divina, diversamente dal resto della Torah. Il valore numerico delle lettere della parola Torah corrisponde al numero 611. Secondo l'interpretazione dei Maestri, poichè 613 è il numero totale delle mitzvòth (precetti), 248 positivi e 365 negativi, 611 furono quelle dettate da Moshè mentre le restanti due furono ascoltate dal popolo direttamente dalla voce di Dio. La rottura, dopo il peccato di adorazione del vitello d'oro, delle prime tavole della Legge scritte direttamente dall'Hashem sul monte Sinai e narrata nell'Esodo fece sì che Moshè si recasse nuovamente sul Sinai per ricevere le nuove tavole.

Ma mentre in Esodo 31,18 è scritto che il Signore dette a Moshè le due Tavole della testimonianza, in Esodo 34,1 è Moshè che taglia due tavole di pietra e in Esodo 34, 27-28 è lui stesso a scrivere sulle tavole le parole del Patto d'Alleanza tra Dio e Israele: i Dieci Comandamenti. Secondo i Maestri, le tavole riscritte da un uomo (Moshè) non conducevano al rischio che queste divenissero oggetto di adorazione come sarebbe potuto accadere per quelle scritte da Dio. Nello stesso tempo, le nuove Tavole portano le mitzvòth in esse contenute alla comprensione e all'accettazione del popolo, proprio nella loro minuziosa e pratica spiegazione. Per questo motivo il Signore disse a Moshè: Scendi dalla tua potenza e vai dal popolo. Il numero totale delle lettere che compongono i dieci comandamenti è 620. La spiegazione di questo numero è data dalla somma delle 613 mitzvòth e dei 7 precetti di Noè. Le interpretazioni numeriche sin qui date avvalorano ulteriormente la certezza che tutta la Torah è nei 10 Comandamenti e questi ultimi li ritroviamo tutti nello Shemà. Analizzando i concetti espressi nella prima parte dello Shemà troviamo la corrispondenza con i 10 Comandamenti:

Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio / 1°: Io sono il Signore tuo Dio

Il Signore è uno / 2°: Non avrai altri dei

Amerai il Signore tuo Dio / 3°: Non pronunciare il nome invano
Chi ama fortemente attribuisce sacralità anche al Nome e non potrebbe mai pronunciarlo invano.

Queste parole che io ti comando oggi /4° Ricorda il giorno del Sabato per santificarlo
Qui la corrispondenza la ritroviamo nella parola dello Shemà hayòm (oggi, giorno) e lo stesso termine yòm (giorno) usato nel Comandamento che a sua volta fa riferimento al divieto di Moshè di raccogliere la manna hayòm, oggi, riferendosi allo shabbàth. Riferito alla più importante ricorrenza ebraica, lo shabbàth, osserviamo nella Torah l'uso di due termini differenti. La prima volta nell'Esodo viene usato il termine zachòr (ricorda, il giorno del Sabato); si era da poco usciti da una schiavitù che ne aveva spesso impedito e mitigato l'osservanza, occorreva quindi richiamare alla mente un precetto cardine della vita ebraica. La seconda volta in cui la Torah comanda il precetto usa il termine shamòr (osserva, il giorno del sabato); gli anni trascorsi nel deserto hanno ormai consolidato il ricordo dello shabbàth, ora bisognava non solo mettere in pratica il precetto, ma non dimenticare di essere stati schiavi, e garantirne l'osservanza anche allo schiavo.

Le ripeterai ai tuoi figli, / 5°: Onora tuo padre e tua madre
Vescinantàm, le ripeterai più volte, le inculcherai, ai tuoi figli. Essi impareranno così le leggi del Signore ed il rispetto verso i genitori anche attraverso l'esempio di questi.

Camminando per la via / 6°: Non uccidere
La relazione tra i due concetti sta nel fatto che la maggior parte delle uccisioni avviene per strada.

Quando ti coricherai / 7°: Non commettere adulterio
In questo caso il coricarsi può essere associato all'immagine dell'alcova come luogo in cui materialmente ha luogo il peccato dell'adulterio.

Le legherai per segno sul tuo braccio / 8°: Non rubare
Il braccio quindi a simbolo della mano che ghermisce ciò che non le appartiene.

Saranno come frontali fra i tuoi occhi / 9°: Non fare falsa testimonianza
Bisogna testimoniare ciò che si è visto con i propri occhi.Le scriverai sugli stipiti delle tue case/ 10°: Non desiderare
Affiggendo la mezuzà sugli stipiti delle proprie porte ognuno entra passando attraverso la propria mezuzà che assume quindi un potere evocativo legato alla casa e alla famiglia e allontana dal desiderio di passare attraverso quella che rappresenta la casa o la moglie di un altro uomo.

La mezuzà, contenendo al suo interno lo Shemà ci ricorda l'appartenenza al popolo ebraico e l'osservanza delle mitzvòth. Quando gli Ebrei schiavi in Egitto segnarono gli stipiti della propria casa col sangue dell'agnello affinchè l'Angelo del Signore passasse oltre, ciò significò anche manifestare agli altri l'appartenenza ad un popolo e la difesa della propria identità. La mezuzà va messa a 2/3 dal pavimento sullo stipite destro per chi entra dalla porta d'ingresso di casa in modo tale che possa essere a portata di mano. Uscire di casa passando attraverso la mezuzà vuol dire portare i valori dell'Ebraismo fuori dalle proprie mura e anche se ciò può risultare difficile, sforzarsi di testimoniare con il comportamento e le parole la propria fede.

I concetti espressi nello Shemà, oltre a collegarsi ai Dieci Comandamenti, racchiudono in sè anche dieci fondamentali mitzvòth: riconoscere e accettare come fondamento della propria vita che il Signore è il nostro Dio; affermarne la Sua unicità; amare il Signore; studiare e insegnare la Torah; leggere lo Shemà al mattino e alla sera; mettere i tefillìn (filatteri) sul braccio e sulla fronte; porre la mezuzà sugli stipiti delle porte. La donna ebrea deve osservare le mitzvòth negative (non uccidere, non rubare, ecc.) come l'uomo ma non è obbligata all'osservanza di quelle legate a vincoli temporali quali ad esempio i tefillìn o le preghiere che scandiscono la giornata.

L'unica sua mitzvà legata al tempo è quella dell'accensione delle candele dello shabbàth. Questa differenza rispetto all'uomo è legata ad un aspetto pratico dovuto all'impegno di accudire la casa e la famiglia e ad un aspetto molto più profondo che vede nella natura della donna una maggiore Shechinnà (presenza divina) che la pone su un piano più elevato rispetto all'uomo, che invece ha bisogno dell'osservanza di molte mitzvòth per elevarsi a Dio.
La lettura dello Shemà ha luogo secondo orari stabiliti dalla keriàt (lettura) stessa: uvshochbechà (quando ti corichi), poiché il giorno incomincia dallo spuntare delle tre stelle, uvkumècha (quando ti alzi). Il tempo per la lettura della sera va quindi dall'uscita delle tre stelle sino all'alba. È più opportuno, secondo quanto stabilito dai Maestri, recitarlo all'uscita delle stelle o, non potendo, al massimo sino a mezzanotte. La lettura del mattino si può fare dall'alba sino alla terza ora stagionale. Per ora stagionale si intende la dodicesima parte del periodo che intercorre tra l'alba e il tramonto. Anche in questo caso i Maestri indicano l'arco di tempo prima dello spuntare del sole quale momento migliore per la lettura dello Shemà, poiché dopo questa viene recitata la benedizione in cui si loda il Signore creatore dei luminari, quindi del sole che sta nascendo.

Nelle tre parti dello Shemà, troviamo evidenziati due modi diversi di amare il Signore: l'amore che volge l'uomo verso l'Hashèm senza finalità e senza limiti e l'amore mosso dal timore e dai benefici che il Signore può donare osservando i suoi precetti. Questi due modi diversi d'amare forse spesso convivono in ognuno di noi e sono entrambi apprezzabili, ma indubbiamente è l'amore lismà, senza obiettivi, che rappresenta lo spirito ideale con cui vivere la nostra fede. Secondo un midràsh la Voce dello Shemà non parlò solo una volta al popolo ebraico dal monte Sinai ma ogni giorno l'eco di questa voce giunge sino a noi: dobbiamo solo scegliere di porci in ascolto".

Dalla lezione di Rav Scialom Bahbout
© 2001-2024 TraniViva è un portale gestito da InnovaNews srl. Partita iva 08059640725. Testata giornalistica telematica registrata presso il Tribunale di Trani. Tutti i diritti riservati.
TraniViva funziona grazie ai messaggi pubblicitari che stai bloccandoPer mantenere questo sito gratuito ti chiediamo disattivare il tuo AdBlock. Grazie.