Partito Democratico
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Mazza e panella

Tutti i "falli" dei tesserati (locali)

Politica nazionale a parte, ecco le storie del "nostro" Pd

Tralasciando per un giorno la baraonda nazionale, con sbattimenti, giravolte, volate in America, miserevoli interviste, "giuda ladro" sempre dietro l'angolo, svenerabili maestri che tentano di piazzare marionette sverginabili, concentriamoci sulle questioni locali che sempre care ci furono, nella loro paradossale ed involontaria comicità.

In questi giorni c'è giunta notizia di quaquraqua di vecchia sverginatura che si sono fatti in 4 per raccattare tessere qua e là. E' la vecchia solfa in salsa Dc: tessere a gogo per e da tutti. Ignare casalinghe buone per filmini amatoriali, giovanotti che se gli rivolgi la parola si esprimono per monosillabi da primate, disoccupati che credono più nella tessera, appunto, che nel merito, disoccupati che credono in chiunque gli lanci un osso, disoccupati che non credono più in nessuno, vecchietti sulla via del Camposanto, scrittori in cerca di pubblicazione, giovani vecchi in cerca di palcoscenico, uno purchè sia, fesbucchini di primo pelo, fesbucchiani di lungo corso, capaci di pensieri che dicono tutto ed il contrario di tutto. Sullo sfondo, alle spalle di questa varia umanità: i burattinai che fanno tessere, promettono, illudono, basta che u' truvam' a iun. Il numero delle tessere servirà per fare la gara quando ci sarà il congresso: chi ha più tessere vince il segretario, nuova figura affermatasi in questi anni.

Non più un navigato politico d'esperienza, raffinato nel pensiero, decisionista, carismatico, capace di aggregare, possibile futuro candidato sindaco, ma Big Jim con spalla che si può spingere verso l'interno facendogli muovere le mani e costumino d'ordinanza dalla media protuberanza. Uomo ponte tra le faide. Uomo maschera per i media ("va tutto bene ragazzi, il partito è in salute" mentre dentro si scannano). Uomo che non dice mai no (quello di Denim era colui che non doveva chiedere mai: qui ci sarà da chiedere i nuovi assessori, tanto per cominciare, a nome dei singoli, tanto per cambiare, fra quelli rimasti: "E noi ce sem, chiù fess dell'altr?").

Uomo cameriere per preparare il terreno alla dozzina di pretendenti ad un posto di onorevole o senatore. Ma nel Paese in cui uno come Razzi è entrato in Parlamento, perché non dovrebbero poter aspirare a tanto pure i nostri razzini, scilipotini, alfanini, orlandini, boccinini (mi fermo perché l'elenco potrebbe degenerare nella sua declinazione lessicale). Uomo che deve ascoltare, nelle riunioni d'alto livello chi, dopo un discorso di poco di più alato, più elaborato nel pensiero da parte d'un collega, gli risponde: "Uagliò, ma tu ce vu? M' vu frechè l'assessor? Vu tu l'assessor ao post mio" (dichiarazione realmente fatta durante uno di quei loro memorabili consessi.

C'era pure chi pensava d'essere passato inosservato, nella pesca a strascico del tesseramento orgia. Citt' citt', spostandosi da altri movimenti, entra nella nuova Balena Bianca, a caccia d'una candidatura sicura … Per Eduardo gli esami non finivano mai. Nella nostra politica i falli non finiscono mai. Punto, due punti, punto e virgola. Ma sì, fai vedere che abbondiamo: questa deve essere lo slogan sovrano che dovrebbe accompagnare le fasi dei tesseramenti di oggi. Da Orgoglio e Pregiudizio ad Orgia e Pre – Ammucchiata (quella che precede i Congressi). "Uagliò chiam mo proprio u' mess (ancora lui) e mannal a cas' dell'assessor!" (Finale ermetico e criptico che vi sveleremo nelle prossime puntate. Forse: dipende da come finisce la cavalcata, pardon la corsa dei cavalli. Pardon, delle tessere.)
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