Politica

«Il tatarellismo è finito. Ripartiamo dai nostri valori e dai nostri ideali»

Lettera aperta del sindaco di Trani ai finiani

«L'ultima volta che ho sentito Italo Bocchino è stato l'inverno scorso, quando, in virtù della vecchia amicizia, gli ho chiesto di recedere dalla sua interrogazione su quella versione di latino di tenore antiberlusconiano svolta in una scuola di Trani. L'ho conosciuto più o meno 15 anni fa quando collaborava con Pinuccio Tatarella in pieno ministero dell'Armonia. Lo ritrovo ora falco del gruppo finiano insieme a Francesco Divella (!), Fabrizio Tatarella (!!), Salvatore Tatarella (!!!).

Da "Oltre il Polo" a "Fuori dal Polo", dal partito unico (esaltazione del bipartitismo) all'area di responsabilità (esaltazione del compromesso neo proporzionalista secondo lo schema: il popolo vota, l'area di responsabilità decide chi governa), dall'atteggiamento inclusivo e conciliante persino con il più trinariciuto degli avversari alla lite furibonda e inconciliabile con i componenti del proprio partito.

Tutto ciò, indipendentemente da come andrà a finire, ha determinato un fatto importantissimo: la fine del tatarellismo, cioè di quel pensiero politico, di quella impostazione della politica, di quello stile di fare politica che ha caratterizzato non solo la destra pugliese ma l'intera destra italiana (a cominciare proprio da Fini che ne fu il segretario nazionale prodotto) perlomeno degli ultimi trent'anni. Perchè ciò sia avvenuto non mi è dato sapere, o meglio, so quello che dicono le dicharazioni ufficiali e non credo, francamente, che si possano prendere decisioni gravi come quella di lasciare un partito per questioni sulle quali , pure siamo daccordo, come la democrazia interna. Certo, è difficile da digerire una linea decisionale che porta, ad esempio, per due volte Nichi Vendola a vincere in Puglia facendone così non solo il governatore della nostra Regione ma anche e soprattutto un leader nazionale (fossi in Vendola non terrei, per riconoscenza, sul mio comodino certo le foto di Bersani o di Dalema o di Di Pietro) ma la democrazia interna è una questione di prassi da affrontare all'interno di un partito e non uscendone. Si può lasciare un partito ma per questioni di teoria e non di prassi!

Quanto alla teoria, ci si può rendere conto solo ora dei problemi fra Berlusconi e la giustizia? Si può solo ora ricordarsi dei problemi del meridione? Si può eleggere a proprio autore di riferimento Franco Cassano, uno dei demiurghi di Vendola e non, ad esempio, Marcello Veneziani o, in omaggio a Granata, Pietrangelo Buttafuoco? E se, a questo proposito, a proposito d'immigrazione e di integrazione, io, molto immodestamente, proponessi invece il modello Trani, nel cui centro storico si è realizzato, tatarellianamente, un piccolo, certo, ma compiuto esempio di società multietnica mediterranea con Cattedrale, sinagoga, moschea e chiesa cristiano ortodossa che convivono, per dirla con la felice espressione di Lino Patruno, nel giro di cento passi, semplicemente rispettando le regole (con una giunta di centrodestra e un sindaco del PdL)?

Da convinto, e che non ha cambiato idea, sostenitore del partito unico del centrodestra, se non altro perché in potenza maggiormente capace, rispetto ad Alleanza Nazionale, di contenere e far esprimere con maggiore libertà tutti gli aspetti del pensiero di destra, penso che questo sia, paradossalmente, il momento più propizio per riproporre con maggior forza, all'interno del PdL, quei concetti che ci sono più cari. Lungo il solco della tradizione, della ricerca del sacro (cito deliberatamente Veneziani), del rispetto degli altri e della propria identità, proporre politiche che vadano dalla preservazione e valorizzazione del nostro patrimonio culturale e artistico, dei nostri centri storici, dei nostri riti, delle nostre usanze, dei nostri paesaggi, all'incentivazione della meritocrazia per una scuola che sia veramente motore del nostro sviluppo (a tal proposito ho scoperto con piacere che tra i consulenti del ministro Gelmini vi è Roger Abravanel, autore del libro Meritocrazia, di cui consiglierei la lettura) perchè la conoscenza e la competenza siano,oltre alla storia, alla cultura ed il paesaggio le risorse irriproducibili e indifettibili con le quali affrontare il mondo globalizzato e le sue crisi.

Chi non tollera il conformismo della cultura dominante, chi continua a non voler piacere alle elites, chi continua a temere il sostegno dell'avversario (Timeo danaos et dona ferentes), chi tiene ancor all'idea di nazione perchè continua ad avere una visione comunitaria anzichè liberal, chi ritiene che, ferma restando la libertà, il futuro non possa essere disgiunto dalle radici del passato, non può che restare nel PdL ed augurarsi che chi ne voglia uscire, fra gli amici di sempre, magari anche un pochino leggendo queste modeste riflessioni, ci ripensi, perchè no?

P.S. Se proprio questo non dovesse essere possibile, vi prego, fate in modo che resti in una posizione almeno neutra Mirko Tremaglia. Alla sua età e con la sua storia non merita nessuna disgiunzione da quello che è stato il suo mondo per tutta la vita, perchè da qui a cent'anni resti, insieme ad Almirante ed a suo figlio Marzio, nel pantheon degli affetti che nessuno può toccare!».

Giuseppe Tarantini
sindaco di Trani
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