Politica

Laurora: «Ora serve il federalismo»

Tutto sta a capire come verrà derubricato l’aggettivo "solidale"

«Federalismo fiscale significa una più equa distribuzione delle risorse basata sul principio che chi più e meglio produce deve avere un segno più tangibile dell'attenzione dello Stato rispetto a quelli che producono meno e sprecano di più. Detta così potrebbe essere anche una affermazione brutale, ma ha certo più senso solidaristico di molte dichiarazioni di cui abusano gli appartenenti all'opposizione secondo cui l'attuale sistema va bene, che anzi si devono aumentare i flussi di risorse nei confronti delle aree più disagiate. Cosa che, mi permetto di dire, si fa da sempre, ma che non mi pare abbia portato grandi risultati, poiché lo Stato centralista ha fallito in una delle sue specificità, ovvero quella del controllo sulla spesa. E, in un certo senso, capisco anche chi, in periferia, non vuole che il sistema fiscale cambi, perché sta bene così come sta, con lo Stato che interviene su bilanci deficitari di enti locali, consorzi, Province. Se questo aveva una certa ragion d'essere sino a vent'anni fa, con una macchina statale che "pompava" finanziamenti sulla scorta di una economia forte e in costante crescita, oggi non è più possibile. Bisogna prendere atto che le condizioni economiche dell'Italia sono quelle di un Paese che ha vissuto per troppo tempo al di sopra delle proprie possibilità e che non s'è avveduto del pericolo che si stava correndo attribuendo alla propria economia un tasso di incremento che era irreale, se non utopico. E quindi dobbiamo avere il coraggio di ammettere che non sono stati raggiunti tutti gli obiettivi a cui erano destinati gli sforzi giganteschi di cui i Governi si son fatti carico per fare uscire l'Italia da una architettura economica e statuale non al passo con i tempi. Il federalismo fiscale può essere un passo importante ma sbaglierebbe chi pensasse che il solo federalismo fiscale potrebbe essere la panacea per tutti i mali del Paese riconducibili alla macchina dello Stato. Molto c'è ancora da fare, e una parte di questo "molto" potrebbe passare per la scelta non coraggiosa, ma obbligata di rivedere la mappa degli enti che agiscono sul territorio e che troppo spesso si sovrappongono ostacolandosi e, quel che è peggio, succhiandosi l'un con l'altro risorse necessarie per pagare persone e strutture che in sostanza fanno le stesse cose.»
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